
L'imprevedibilità dell'evoluzione, spiegata da una ricerca nata in Italia

La vita per come la conosciamo oggi sul pianeta Terra è frutto di un'evoluzione lunga miliardi di anni, che pazientemente ha plasmato forme di vita sempre più complesse e delicatissimi ecosistemi, dai cui servizi dipende ancora oggi – e non potrebbe essere altrimenti – la sopravvivenza della specie umana, tra le altre. I fatti, però, avrebbero potuto benissimo imboccare altre strade: nel risultato finale una componente rilevante è arrivata dal caso, imbrigliato dall'evoluzione.
La conferma arriva da uno studio internazionale la cui prima fase di ricerca ha preso vita a Pisa, nei laboratori del dipartimento di Biologia, per poi continuare – assieme al lavoro dei ricercatori made in Tuscany – presso la University of British Columbia. Un lavoro i cui frutti sono freschi di stampa su Nature Ecology and Evolution, una nuova rivista del gruppo Nature.
Come spiegano dall’Università toscana, i ricercatori hanno analizzato in parallelo l'evoluzione di uno specifico sistema simbiotico costituito da un protozoo (Euplotes) e da un batterio ospite (Polynucleobacter), il meccanismo è tale che le due specie microbiche non sopravvivono se separate, eppure non beneficiano allo stesso modo dalla relazione: l’Euplotes “intrappola” e mantiene il batterio simbionte finché gli è utile, dopodiché lo rimpiazza con un nuovo “schiavo” il che rende la simbiosi un vicolo cieco evolutivo per il Polynucleobacter. I batteri a vita libera “catturati” dall’Euplotes sono estremamente simili tra loro, e si evolvono poi nelle stesse condizioni all’interno del protozoo.
«Il sistema da noi studiato è unico perché rappresenta quanto di più simile si possa osservare in natura alla ripetizione di un evento evolutivo. La sfida – spiegano i biologi Claudia Vannini e Vittorio Boscaro – era di capire se gli eventi si succedevano sempre nello stesso modo a partire da presupposti straordinariamente simili. La risposta che abbiamo trovato in questo sistema modello è “no”, ovvero tutti i simbionti degenerano, ma con modalità in gran parte casuali e seguendo traiettorie diverse».
