Il ministro Pichetto vuole inserire nel Pniec il nucleare che non c’è
«Dobbiamo renderci conto della realtà e farlo significa introdurre il nucleare. Parlo di nuova generazione che sono somme modulari e non di grandi centrali. Nello scenario Pniec dobbiamo mettere anche il nucleare perché è una via obbligata».
Parola del ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto, intervistato sul tema da Il Foglio, in merito all’aggiornamento del nuovo Piano nazionale integrato energia e clima atteso entro fine mese.
L’attuale proposta di Pniec elaborata dal Governo Meloni è stata duramente bocciata per la sue scarse ambizioni dalla Commissione europea (oltre che dell’Ocse e dalle associazioni ambientaliste), e dovrà essere aggiornata entro il 30 giugno. Con l’atomo come regalo a sorpresa, a quanto pare.
Poco importa che la “Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile” avviata lo scorso settembre non abbia ancora presentato la roadmap per il rilancio dell’energia atomica, annunciata dal Governo entro l’aprile già trascorso; importa ancora meno, evidentemente, che il necessario Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi sia ancora in alto mare e senza un’idea di dove realizzarlo (avrebbe dovuto essere decisa entro dicembre 2023 per entrare in funzione nel 2029).
Mentre l’avanzata delle fonti rinnovabili viene azzoppata a colpi di decreto – da ultimo col decreto Agricoltura, finito nel mirino anche del Financial Times, e col decreto Aree idonee bocciato tanto dagli industriali quanto dagli ambientalisti –, il nucleare è la strategia perfetta come arma di distrazione di massa sulla transizione ecologica.
S’immagina di «integrare nel Pniec con uno scenario al 2040-2050 che prevede un’Italia con una sua produzione nucleare. Che dovrebbe essere pari circa al 20 per cento della proiezione del consumo (i 700-750 TWh indicati da Pichetto Fratin)», informa Il Foglio.
Per il 2050 c’è tempo, del resto i piccoli reattori modulari (Smr) hanno già accumulato ritardi per decenni. Come ricorda Giovanni Battista Zorzoli, docente di Fisica del reattore nucleare già negli anni Sessanta, poi specializzatosi in fonti energetiche rinnovabili, degli Smr «si è iniziato a parlare negli anni Ottanta del secolo scorso e attualmente sono in esercizio giusto tre prototipi: uno che non produce elettricità, uno in Russia molto discusso perché installato su una piattaforma galleggiante, mentre il terzo è in Cina e se ne sa molto poco».
Lucia Venturi, autrice de La menzogna nucleare (Intermezzi editore), aggiunge che secondo la stessa Agenzia internazionale dell’energia (Iea) «la competitività economica degli Smr “deve ancora essere dimostrata nella pratica” e, oltre ai consueti problemi legati alla sicurezza degli impianti come alla gestione delle scorie, è utile ricordare come lo sviluppo degli Smr abbia un secondo fine militare per l’ammodernamento delle flotte a propulsione nucleare».
Non a caso l’European environmental bureau (Eeb), la più grande rete europea di associazioni ambientaliste, ritiene quella degli Smr una scommessa nucleare su cui non vale la pena di investire. La stessa posizione rimarcata in Italia da Legambiente, Wwf, Greenpeace e Kyoto club.
Ma non si tratta “solo” di un’opinione ambientalista: il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) indica chiaramente nelle rinnovabili le tecnologie più efficienti sotto il profilo dei costi per contenere le emissioni di CO2, mentre l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea) documenta che le rinnovabili continueranno ad essere più convenienti rispetto al nucleare – guardando sia ai costi di produzione sia a quelli di sistema – al 2030 come anche nel 2050.
Intanto per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e sicurezza energetica al 2030 ci sono (o meglio ci sarebbero, visto il contesto nazionale) le fonti rinnovabili. All’Italia servono circa 85 GW di nuovi impianti – neanche due mesi fa il ministro Pichetto ne prometteva 140 – ovvero attorno a +12 GW l’anno; peccato che il 2023 si sia fermato a neanche la metà, e che il 2024 non prometta meglio anche a causa del caos normativo in corso. In assenza di progressi reali il nucleare torna così fuori dal cilindro, ma non si tratta di un passatempo innocuo: significa disperdere tempo, energie e risorse della transizione energetica, a tutto vantaggio dei combustibili fossili.