Energia nucleare per alimentare l’intelligenza artificiale? Una scommessa rischiosa, alla portata di pochi
La vorticosa crescita dell’intelligenza artificiale, ovvero delle tecnologie che permettono a computer e dispositivi digitali di mimare capacità umane quali il ragionamento, l'apprendimento, la pianificazione e la creatività, comporta un crescente consumo d’energia.
La domanda energetica sta salendo in primis negli Stati Uniti, ed è destinata a crescere ancora: come evidenziato da Bcg nel report “Power Moves: How CEOs Can Achieve Both AI and Climate Goals”, la domanda di elettricità dei data center statunitensi è prevista in aumento del 15-20% all'anno, raggiungendo tra i 100 e i 130 gigawattora entro il 2030.
Ma anche in Italia il mercato dei data center sta infatti vivendo una fase di forte espansione, con un tasso di crescita annuale significativamente superiore a quello di Francoforte, Londra, Amsterdam, Parigi e Dublino, che si aggira tra il 4% e l’8%.
«Se negli Stati Uniti il consumo energetico dei data center cresce a ritmi esponenziali, in Europa la situazione non è da meno – dichiara Giulia Scerrato, project leader di Bcg –Le dinamiche di espansione stanno ridefinendo il panorama delle infrastrutture digitali, sollevando al contempo importanti sfide legate alla sostenibilità e alla resilienza delle reti elettriche. L’Italia, in particolare, si distingue come uno dei mercati più dinamici, rappresentando il 13% dei data center europei e registrando una crescita annua superiore all’8%, con un ritmo di sviluppo significativamente più alto rispetto a hub storici come Germania e Olanda».
Rimane però il tema dell’infrastruttura energetica sostenibile. Se storicamente i data center sono stati costruiti in Nord Europa anche per sfruttare il natural cooling, ossia tecniche che sfruttano le risorse naturali e le condizioni ambientali per raffreddare i server e le apparecchiature al fine di ridurre i costi per tale operazione, oggi Paesi come Germania e Olanda stanno limitando la costruzione di nuovi data center per motivi di emissioni, consumo d'acqua e stabilità delle reti elettriche. A ciò si aggiunge l’esigenza di decentralizzare le infrastrutture, sia per ridurre la latenza nella trasmissione dei dati, sia per tematiche di sicurezza che spingono sempre più al mantenimento dei dati all’interno dei confini nazionali: questo ha portato molti hyperscaler (tra cui Amazon e Microsoft) a investire in sud Europa, incluse Italia e Spagna.
«Con un assorbimento energetico che già oggi è di 430 MW, pari al 3% del consumo elettrico nazionale, e un grande potenziale di espansione futura, diventa cruciale individuare soluzioni energetiche affidabili e sostenibili per supportare questa crescita – commenta Scerrato – Tra le opzioni emergenti, i piccoli reattori modulari (Smr) rappresentano una possibilità interessante: possono garantire energia continua e a basse emissioni di carbonio, offrendo un’alternativa concreta alle fonti intermittenti».
Il nucleare non è però l’unica strada per l’intelligenza artificiale, né la più sostenibile. Ad esempio per Paesi come l’Italia, dotati di ampie risorse geotermiche, il calore rinnovabile custodito naturalmente nel sottosuolo può offrire una fornitura di energia continua e senza emissioni di CO2.
Guardando invece al nucleare, gli Small modular reactor si presentano come reattori di taglia ridotta, più compatti e quindi assemblabili direttamente negli stabilimenti del costruttore con maggiore standardizzazione ed economicità. In realtà, di fatto ancora non esistono: il Governo Meloni e Confindustria promettono che faranno miracoli, ma come spiega il decano dell’energia G. B. Zorzoli – già docente di fisica dei reattori nucleari al Politecnico di Milano – degli Smr si parla dagli anni ’90 del secolo scorso: ancora non c'è un solo prototipo nell'Occidente e ce ne sono solo un paio tra Russia e Cina, senza nessun impianto commerciale attivo. Non a caso una recente analisi della coalizione 100% Rinnovabili network, composta da scienziati e ambientalisti italiani, mostra che da un’eventuale ritorno del nucleare in Italia deriverebbero «costi ben maggiori rispetto alle fonti rinnovabili, e i “piccoli” reattori Smr sono ancora più costosi».
È invece negli Usa dove effettivamente i progetti nucleari per l’intelligenza artificiale sono in rampa di lancio, anche se con esiti al momento affatto chiari. Come mai? A spiegarlo è il Bollettino degli scienziati atomici, un’organizzazione indipendente fondata tra gli altri da Albert Einstein.
Negli Stati Uniti si affiancano infatti robusti incentivi pubblici per gli Smr (la Casa Bianca ha recentemente annunciato nuovi sussidi per 900 mln di dollari) all’enorme capacità di spesa delle aziende Big Tech: «Apple, che ha consumato circa 3.487 gigawattora di elettricità durante il suo anno fiscale 2023, più di alcune intere nazioni, potrebbe pagare l'intera bolletta elettrica con circa 10 ore e mezza del suo fatturato del 2023. Nvidia avrebbe bisogno di circa 11 ore», evidenzia il Bollettino. Di fronte a simili cifre, quella sul nucleare si presenta come una semplice scommessa economica per diversificare i rischi nella crescita dell’intelligenza artificiale.