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Tra le regioni bene il Trentino Alto Adige, in fondo alla classifica Molise, Sardegna e Calabria

Italia in grave ritardo nella realizzazione di impianti rinnovabili e nel centrare l’obiettivo 2030

I dati in un report di Legambiente: negli ultimi quattro anni realizzato appena il 23,2% del target, mancano ancora all’appello 61,4 GW da mettere in campo nei prossimi 6 anni, pari a 10,2 GW l’anno
 |  Nuove energie

L’Italia è in forte ritardo nel realizzare gli impianti a fonti a rinnovabili e nel centrare l’obiettivo 2030 fissato dal decreto aree idonee, ossia nuovi 80 GW. Nonostante la Penisola, ad oggi abbia raggiunto e superato l’obiettivo del Decreto Aree Idonee al 2024, pari a 16.109 MW, realizzando dal 2021 al 2024 17.880 MW, l’andamento delle installazioni è ancora troppo basso e di questo passo il Paese rischia di non raggiungere l'obiettivo 2030. Negli ultimi quattro anni è stato, infatti, realizzato appena il 23,2% dell’obiettivo al 2030. Mancano ancora all’appello 61,4 GW da realizzare nei prossimi 6 anni, pari a 10,2 GW l’anno e serve accelerare: nel 2023 abbiamo, infatti, installato in Italia circa 6 GW di nuovi impianti a fonti rinnovabili, mentre nel 2024 saranno tra i 7 e gli 8 GW. Sul dato relativo al 2025 e agli anni successivi rischiano di incidere negativamente il decreto agricoltura, quello ambiente e il dm sulle aree idonee. 

A fare il punto è il report di Legambiente “Regioni e aree idonee. Le fonti rinnovabili nelle Regioni italiane, la sfida verso il raggiungimento degli obiettivi al 2030 attraverso le aree idonee” presentato oggi a Roma nella prima giornata della XVII edizione del Forum QualEnergia realizzato dall’associazione ambientista, Kyoto Club e l’Editoriale La Nuova Ecologia, che mette in fila dati e numeri accompagnati da un pacchetto di dodici proposte per la valutazione delle aree idonee.

Tornando ai dati, il Trentino-Alto Adige è la regione che spicca più di tutte con il 60,8% dell’obiettivo raggiunto. Le altre regioni si mantengono al di sotto del 35% con Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Valle D’Aosta e Piemonte che registrano una percentuale tra il 34,4% e il 30,6%; nelle ultime posizioni ci sono, invece, il Molise, appena il 7,6%, la Sardegna con il 13,9% e la Calabria con il 14%. A rallentare la realizzazione di nuovi impianti a fonti rinnovabili in Italia è una strada tutta in salita, piena di ostacoli, di ostruzionismo e burocrazia, e ora con il nuovo decreto sulle aree idonee di luglio con cui il Governo delega totalmente le Regioni ad approvare le linee guida su dove realizzare gli impianti – il Paese rischia di arenarsi come sta dimostrando il caso Sardegna. Qui la giunta ha varato un disegno di legge che vieta l’installazione di impianti rinnovabili su almeno il 99% del territorio sardo. Anche il repowering degli impianti eolici, cioè la sostituzione di molti impianti piccoli con meno impianti ma più potenti e quindi di maggiori dimensioni, è stato sostanzialmente vietato. Un precedente che rischia di essere prese come modello da altre regioni.

Quasi tutte le Regioni stanno lavorando alle normative sulle aree idonee, cinque al momento quelle che hanno elaborato norme, proposte o linee di indirizzo. In merito a ciò oggi Legambiente presenta le sue pagelle con l’elenco dei bocciati, rimandati, dei promossi e dei non classificati. Una la regione bocciata, la Sardegna per le diverse le criticità della Legge Regionale in tema di Aree Idonee. Obiettivo della norma, così come dichiarato dall’Assessora Mereu è, infatti, quello di spingersi fino a bloccare i cantieri già in essere, al fine di “difendere” il territorio sardo. Un approccio basato sull’idea irrealistica di paesaggio come entità immutabile da conservare identico a sé stesso, e che condanna la Sardegna non solo a cogliere l’occasione di uno sviluppo locale ma anche al contributo che le rinnovabili possono dare in termini di qualità della vita, nella regione che produce ad oggi circa il 70% dell’elettricità da carbone. Rimandata la Puglia, troppe le restrizioni che si ravvisano all’interno della normativa (si veda il caso del solare galleggiante o dell’agrivoltaico). Promossa la Lombardia visto che la legge regionale promossa è impostata per ridurre la discrezionalità dei processi autorizzativi, nonostante la retroattività della norma che appare comunque un elemento di criticità importante. Non classificate Piemonte, in quanto l’Amministrazione si è espressa soltanto attraverso un documento sintetico, e la Calabria che si espressa attraverso una sintesi nella proposta del piano regionale energia e clima e dove, ad oggi, è presente una proposta di Legge regionale presentata da alcuni consiglieri che risulta troppo restrittiva soprattutto considerando le fasce di rispetto per l’eolico.

«In Italia – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – la strada per realizzare nuovi impianti a fonti rinnovabili è ancora in salita. Con questo report vogliamo ricordare a Governo e Regioni che per raggiungere gli obiettivi al 2030 previsti dal decreto aree idonee, ma anche per contrastare la crisi climatica e per ridurre la pesante bolletta energetica, il nostro Paese deve accelerare il passo con leggi che facilitino la diffusione di impianti a fonti pulite, invece che penalizzarli o escluderli come sta facendo la Sardegna. E che rischiano di copiare anche altre Regioni. Il paesaggio non è qualcosa di immutabile, anzi nel corso della storia è continuamente cambiato. Gli impianti vanno fatti subito e bene, bisogna far in modo che sia ben integrati nei diversi territori o ambiti urbani, per questo è fondamentale anche il confronto con le comunità e i territori. Restiamo convinti che l’identificazione delle aree idonee, non può limitarsi alle sole aree prive di vincoli, ma deve estendersi anche a quelle dove è possibile e più facile trarre beneficio, locale, regionale e nazionale, dalla presenza degli impianti».

 «Mentre i dati dell'evoluzione delle rinnovabili nel mondo fanno riscontrare valori estremamente interessanti, con il fotovoltaico che nel 2023 ha raggiunto 346 GW (+74% sul 2022), l'Italia pur essendosi rialzata negli ultimi due anni (con valori di 6-7 GW/a) dopo un decennio di crescita limitatissima, si trova ora ad affrontare un percorso ad ostacoli con il decreto agricoltura e con quello sulle aree idonee. Le potenzialità delle rinnovabili sono invece notevoli anche nel nostro paese purché vengano rimossi gli ostacoli politici che si frappongono al raggiungimento degli obiettivi al 2030», così commenta Gianni Silvestrini direttore scientifico Kyoto Club.

Legambiente in occasione del XVII Forum Qualenergia presenta anche le sue proposte operative, chiedendo: 1) la definizione regionale delle aree idonee non sia esclusivamente relegata alle aree marginali o degradate; 2) che non venga utilizzato il criterio dell’invisibilità nel trattare il rapporto tra le nuove infrastrutture e il paesaggio fisico e antropico; 3) Le aree definite idonee ai sensi del Decreto, che ha attuato la RED II (aree idonee ex lege, art. 20 comma 8 d.lgs. 199/2021) in cui sono stati localizzati i progetti presentati dal 2021, ad oggi siano considerate aree idonee dalle Regioni; 4) che vengano salvaguardi e valutati i progetti per i quali, alla data di entrata in vigore della legge regionale, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative necessarie a ottenere l’autorizzazione a realizzare l’impianto; 5) che sia applicato il principio di limitazione al minimo necessario delle zone di esclusione in cui non può essere sviluppata l’energia rinnovabile (come previsto dalla recente Raccomandazione della Commissione UE n. 2024/1343). Ossia, le zone non idonee devono essere puntualmente giustificate sulla base di dati tecnici e scientifici, non generici, eventualmente verificando la possibilità di ridurre gli impianti, piuttosto che vietare, tout court, le installazioni. 6) Che le fasce di rispetto dai beni sottoposti a tutela – di qualunque tipo- debbano essere ponderate e giustificate e non istituite con l’obiettivo finale di limitare al massimo la diffusione degli impianti 7) che vengano previste delle campagne di comunicazione e di ascolto su quanto emerso dallo studio delle aree.  

 Sul fronte eolico Legambiente chiede 8) per quello a terra di ammettere sempre e comunque il revamping o repowering degli impianti eolici; 9) per l’eolico a mare di non identificare l’individuazione delle aree idonee (tema legato alla Piano di Gestione delle Aree Marittime) ad una distanza eccessiva dalla costa. Un impianto alto 300 metri a 12 km viene percepito all’occhio umano poco più di un cm e mezzo. 10) Sul fronte agrivoltaico devono essere considerati idonei tutti i campi agricoli produttivi. Sarà poi il progetto e lo studio agronomico ad indicare per quella data tipologia di agricoltura se l’agrivoltaico può portare beneficio, e con progetti che mantengano al centro l’attività agricola. I progetti devono essere corredati da specifica relazione agronomica. 11) vanno considerate idonee tutte le aree: marginali e/o degradate, le vie di comunicazione quali ferrovie, autostrade e le strade di grande comunicazione, le coperture, anche in aree non idonee, di parcheggi, centri commerciali, capannoni agricoli o industriali. 12) Per quanto riguarda le CER, possono considerarsi un elemento aggiuntivo ai grandi impianti. Il loro ruolo, soprattutto dal punto di vista sociale è sicuramente importante, ma assolutamente non sostitutivo ai grandi impianti.  

Dalle rinnovabili al tema dell’efficientamento energetico in edilizia il passo è breve. Sei le richieste che Legambiente indirizza al Governo Meloni, a partire dal recepimento della Direttiva EPBD e l’eliminazione dei sussidi alle caldaie gas. Proposte che presenta oggi insieme ai contenuti del report “La Sfida per il patrimonio edilizio italiano, elaborato nell’ambito della Campagna nazionale #perunsaltodiclasse” che raccoglie anche le immagini delle nuove indagini termografiche, condotte in città come Milano, Bologna e Napoli. Dalle indagini emergono dispersioni termiche gravi che costringono gli inquilini a spendere sempre di più per poter riscaldare o raffrescare le loro abitazioni e che spingono oltre 2 milioni di famiglie – 4 secondo alcune stime – in condizioni di povertà energetica. Fondamentale, inoltre ricordare come il settore edilizio del nostro Paese consumi quasi il 50% del gas fossile utilizzato in Italia. Non intervenire in questo settore, vuol dire, quindi, non solo condannare il Paese alla dipendenza dalle importazioni di fonti inquinanti e climalteranti, ma anche continuare a far pagare bollette salate a famiglie e imprese.  

«Siamo convinti che il recepimento della Direttiva Europea Case Green - commenta Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente - debba essere l’occasione per sviluppare politiche ambiziose in tema di riqualificazione degli edifici che guardano al 2050 e al futuro del Paese, introducendo azioni lungimiranti e concrete. Ad esempio, la Legge di Bilancio, ancora in discussione, rappresenta non solo l’occasione perfetta per rivedere i 18 miliardi di sussidi ambientalmente dannosi al settore edilizio, ma anche per eliminare totalmente le caldaie a gas fossile dal sistema delle detrazioni fiscali - come, tra l’altro, previsto dalla Direttiva a partire dal 1° gennaio 2025. Tagliare le aliquote delle detrazioni fiscali, dopo aver affossato Superbonus e cessione del credito non è la strada da seguire, ma soprattutto il Governo dovrà dire alle famiglie come intende non solo raggiungere gli obiettivi europei, ma anche dare risposte alle emergenze dell’abitare e consentire alle oltre 2 milioni di famiglie in povertà energetica accesso ad un diritto fondamentale come quello energetico». 

Sul fronte richieste, Legambiente chiede: il recepimento immediato della Direttiva EPBD e sviluppo di una politica di riqualificazione del patrimonio edilizio; di eliminare, subito, i sussidi alle caldaie gas, in linea con quanto richiesto dalle direttive europee; di incentivare l’acquisto di fornelli a induzione in sostituzione di quelli a gas; di reintrodurre la cessione del credito e dello sconto in fattura per le opere di riqualificazione edilizia energetica; di perfezionare e velocizzare il monitoraggio del patrimonio edilizio esistente; e la sostituzione delle politiche di protezione, per affrontare la povertà energetica con  politiche di promozione.

Infine, il Rapporto di Legambiente è anche l’occasione, grazie alle buone pratiche, per raccontare come intervenire riqualificando il patrimonio edilizio sia l’occasione non solo per migliorare la qualità di vita delle famiglie, ma anche per portare innovazione nel settore, e far crescere posti di lavoro.

Redazione Greenreport

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