Meloni, altro che svolta storica con la fusione nucleare. Armaroli (Cnr): «Offre false speranze»
La presidente Giorgia Meloni è intervenuta oggi alla Cop29 sulla crisi climatica, in corso a Baku, scaraventando la palla della transizione energetica nella tribuna di una tecnologia ad oggi inesistente: la fusione nucleare, di cui si discute dagli anni ’50 del secolo scorso.
«Nell’ambito della nostra presidenza del G7, abbiamo organizzato – sottolinea nel merito Meloni – la prima riunione del Gruppo mondiale per l’energia da fusione, promosso dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. Intendiamo rilanciare questa tecnologia che potrebbe cambiare la storia in quanto può trasformare l’energia da arma geopolitica a risorsa ampiamente accessibile».
Il nocciolo della questione sta in quel potrebbe, e nelle relative tempistiche: se la fusione nucleare sarà mai realtà sulla Terra, i primi impianti commerciali potrebbero essere sul mercato non prima del 2050 a essere ottimisti, ovvero quando l’obiettivo delle emissioni nette zero dovrà già essere stato raggiunto per evitare gli effetti più devastanti della crisi climatica già in corso. Bene dunque investire sulla ricerca di settore, ma senza distogliere risorse dalle tecnologie più efficaci già oggi disponibili – ovvero le fonti rinnovabili – e senza ritardare la transizione.
«Evocare una “svolta storica” dell’energia da fusione nucleare come ha fatto la presidente del Consiglio Meloni questa mattina alla Cop29 di Baku significa offrire false speranze, proprio in un momento in cui, come dice la stessa premier, serve un “approccio pragmatico” – spiega nel merito Nicola Armaroli, direttore di ricerca al Cnr e co-fondatore di Energia per l’Italia – La fusione nucleare, infatti, non è oggi un’opzione energetica: è un campo di ricerca con grande potenziale, ma che non potrà contribuire alla decarbonizzazione, almeno per i prossimi 30 anni, quelli cruciali per evitare gli effetti più devastanti del cambiamento climatico. Questo perché anche uno dei progetti più ambiziosi a livello mondiale sulla fusione, Iter (cui collabora anche il Cnr, ndr), che prova a coniugare i principali filoni di ricerca, anche se riuscisse nell’impresa di centrare tutti gli obiettivi nei tempi previsti, non potrebbe avere come risultato finale quello della commercializzazione dell’energia da fusione nucleare a confinamento magnetico prima di 50 anni.
Le tecnologie per decarbonizzare efficacemente e in tempi brevi le abbiamo già: sono il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico, il geotermico, le biomasse sostenibili, i sistemi di accumulo e le reti digitalizzate. A queste tecnologie va data la priorità assoluta a voler essere il più possibile pragmatici».
«Nel suo intervento la presidente Meloni ha parlato di approccio ideologico e non pragmatico: ma la nostra impressione – aggiunge il presidente del Wwf Italia, Luciano Di Tizio – che oggi venga ostacolato, proprio per ragioni ideologiche oltre che per interessi economici, proprio il pragmatismo di chi negli ultimi decenni ha faticosamente costruito la strada verso la transizione energetica, sulla base di un approccio fortemente scientifico e globalmente condiviso. Se avessimo ascoltato i profeti del nucleare e del fossile, che pure hanno molto rallentato la transizione energetica, oggi saremmo del tutto impreparati di fronte all’emergenza climatica che riguarda tutti noi. Il cambiamento climatico, con gli effetti che produce, oggi è tristemente cronaca. Ce lo ricordano l’ecatombe di Valencia e il susseguirsi di eventi estremi che hanno flagellato anche il nostro Paese. Continuare con il benaltrismo tecnologico, mentre la stessa Agenzia internazionale per l’energia riconosce che oggi le tecnologie più vantaggiose da tutti i punti di vista sono le fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico, ci farà solo perdere tempo, vite umane, natura e attività economiche».
«Quello che ha detto Giorgia Meloni altro non è che quello che dicono le aziende del fossile e del gas – concludono sul punto da Legambiente – Servono più concretezza e interventi decisi, come dimostra l’impatto sempre più forte degli eventi meteorologici estremi: secondo l’Oms, ogni anno nel mondo si registrano 489.000 decessi, di cui 175.000 solo in Europa. Numeri a cui si aggiungono anche i crescenti costi economici che, secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, dal 1980 ad oggi ammontano ad almeno 650 miliardi di euro, di cui ben 111 miliardi per l’Italia. Invece che strizzare l’occhio alle aziende del fossile e del nucleare, chiediamo al nostro Paese di recuperare i grandi ritardi, di spendere al meglio tutte le risorse economiche previste dal Pnrr per intraprendere subito la strada delle rinnovabili e dei grandi impianti a fonti pulite. Questo sì che ci libererà da qualsiasi dipendenza dall'estero».