È il momento di liberarci dal rigassificatore di Piombino, che nessuno vuole più
Il rigassificatore di Piombino ha fatto il suo tempo, essendo un’infrastruttura nata per affrontare la temporanea emergenza legata alla necessità di affrancarsi dal gas russo dopo l’invasione dell’Ucraina – col conseguente picco nei prezzi di mercato –, ed è il momento di pensare alle modalità più opportune per rimetterlo sul mercato.
La nave rigassificatrice Italis Lng (ex Golar Tundra) è oggi ormeggiata nel porto di Piombino, dove la Regione Toscana ha consentito di farla rimanere fino alla fine del 2026. La nuova destinazione designata era un tempo quella di Vado Ligure, ma adesso sia dalla Liguria – con un niet rafforzato dai candidati alla presidenza Andrea Orlando e Marco Bucci – sia dal Governo Meloni, attraverso le parole del viceministro Edoardo Rixi, è emersa con forza l’indisponibilità a tale spostamento.
«Sono venti le Regioni italiane e i rigassificatori in Italia sono cinque. Noi abbiamo detto tre anni, dopo tre anni nell’ordinanza che ho fatto il rigassificatore deve essere collocato in altro luogo – dichiara nel merito a Radio 24 il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani – Sono stato già preso in giro una volta sul rigassificatore Piombino. Quando noi lo abbiamo collocato ho dovuto anche fronteggiare proteste di piazza in cui venivo additato con la scritta Wanted da 3/4000 persone. Però sentivo che quello era un'esigenza del nostro Paese e ho fatto bene perché effettivamente è un anno e mezzo che è lì senza nessun problema, tutto sta procedendo regolarmente, nessun dato d’inquinamento è stato rilevato. Però quando ho fatto quella scelta avevo il presupposto, che mi veniva detto da Roma, che sarebbero state realizzate quelle contropartite per la popolazione e per la città e ne sono state realizzate ben poche. Quindi io non mi metto nemmeno a discutere della proroga con chi, in questo caso il Governo, queste contropartite per il territorio ha detto ve le diamo e poi non ce la dà».
La Regione aveva infatti firmato col Governo (Draghi) un memorandum per compensazioni ambientali da centinaia di milioni di euro legate all’arrivo del rigassificatore, compensazioni che non sono poi arrivate se non in minima parte.
«Ho detto che il rigassificatore dopo tre anni andrà via da Piombino. L’accordo con il Governo lo prevede. Ma questo non significa che deve andare in Liguria. Non c’è nessuno automatismo su questo – rincara oggi Giani, in risposta a Rixi – Il rigassificatore che, dopo tre anni uscirà dalla Toscana, andrà dove vorrà il Governo nazionale. Anzi spetterà a lui, come uomo di Governo, l’indicazione del luogo dove collegarlo, a indicare in quale regione italiana, che non sia né la Toscana né la Liguria, sarà collocato il rigassificatore che oggi è a Piombino».
Una contraddizione che risale al marzo 2022, quando l’allora ministro Cingolani dichiarava che i rigassificatori galleggianti «hanno il vantaggio che possono essere utilizzati finché servono e tolti in qualsiasi momento», informando di aver dato mandato ad acquistarne uno e noleggiarne un secondo.
In realtà entrambi le navi rigassificatrici sono state acquistate (destinandole a Piombino e Ravenna) e adesso l’aspettativa è di tenerle in attività per almeno un quarto di secolo. Anche perché, mentre la crisi climatica avanza, Eni continua ad ampliare i contratti di fornitura Gnl fino a oltre il 2050.
Il tema della sicurezza energetica tramite Gnl appare già oggi marginale, tant’è che già all’edizione 2023 dell’Italian Lng summit la parola d’ordine era “sovraccapacità”: «Una capacità di gas naturale liquefatto superiore anche al fabbisogno interno non deve preoccupare, dobbiamo essere in grado di gestire la sovraccapacità di Gnl», spiegavano gli organizzatori.
Un concetto ribadito quest’anno con la forza dei dati Arera, in base ai quali durante il 2023, tra i maggiori importatori Ue di Gnl, solo l’Italia ha mostrato un incremento nell'import di gas naturale liquefatto rispetto al 2022: +13,2%, contro forti riduzioni di Paesi Bassi (-35,1%), Francia (-15,5%) e Spagna (-13,9%).
In un contesto simile, i rigassificatori dovrebbero essere trattati per quel che sono: delle ancore di sicurezza nel percorso di abbandono del gas russo, ma anche l’ennesimo ostacolo alla transizione ecologica, da dismettere il prima possibile, dato che la soluzione strutturale alla crisi climatica e a quella energetica passa piuttosto dalla energie rinnovabili.