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Rinnovabili, audizione in Parlamento del settore energia: bocciato il Testo unico varato dal governo

Elettricità futura, Anev e Coordinamento Free hanno presentato in commissione Ambiente del Senato diverse proposte di modifica: «Anziché semplificare, questo decreto complica la burocrazia»
 |  Nuove energie

È una bocciatura netta, quella che gli operatori del settore energia stanno dando del Testo unico sulle fonti di energia rinnovabile messo a punto dal governo. In commissione Ambiente del Senato si stanno svolgendo le audizioni dei soggetti maggiormente impegnati nel mercato elettrico, nello sviluppo di impianti da eolico e solare, nelle attività utili alla transizione ecologica. Ebbene, se all’inizio di agosto, quando il Consiglio dei ministri aveva dato via libera al decreto contenente le nuove norme, già alcune sigle avevano evidenziato diverse criticità presenti nel testo, ora che la parola passa al Parlamento per il via libera definitivo, le voci contrarie e le richieste di apportare profonde modifiche si moltiplicano. 

Elettricità futura è tra i soggetti che già prima dell’estate avevano segnalato alcuni punti da rivedere. E ora, in audizione a Palazzo Madama, il presidente dell’associazione aderente a Confindustria che rappresenta il 70% della filiera elettrica nazionale, Agostino Re Rebaudengo, ha sollecitato un intervento correttivo su più piani perché se il testo uscito da Palazzo Chigi riceverà il sì delle Camere, l’Italia si ritroverà con una legge sulle rinnovabili che anziché semplificare i processi per la realizzazione di nuovi impianti, aumenterà il peso dei vincoli e delle complicazioni burocratiche. Elettricità futura, tra l’altro, da anni segnala la necessità di un Testo unico per rendere organico il quadro delle autorizzazioni riguardanti la produzione, lo stoccaggio e il trasporto dell’energia elettrica. Ma, ha sottolineato Re Rebaudengo nel corso dell’audizione al Senato, le nuove norme decise dal governo introducono «nuove barriere e rallentamenti allo sviluppo delle rinnovabili». Elettricità futura ha anche segnalato che il testo è stato giudicato dal Consiglio di Stato in netto contrasto sia con la delega al Parlamento sia con diverse direttive europee perché peggiora il quadro normativo vigente anziché migliorarlo. Ecco i tre esempi portati da Elettricità futura per sostanziare questo parere negativo. Primo: «La normativa nazionale attualmente in vigore consente di ammodernare e potenziare gli impianti rinnovabili già installati senza ulteriori autorizzazioni anche in presenza di vincoli paesaggistici, proprio perché si tratta di impianti esistenti e che quindi avevano già ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni. Mentre la bozza di Decreto prevede che anche per questi progetti si debba chiedere una nuova autorizzazione, introducendo inutili costi e lungaggini burocratiche». Secondo: «Per i progetti che rientrano nelle attività di edilizia libera, la bozza di Decreto introduce la necessità di ottenere l'autorizzazione». E terzo: «Non è stata colta l’opportunità per avviare il necessario coordinamento del regime autorizzativo e concessorio per gli impianti idroelettrici, con la precisazione che la disciplina non si applichi ai rinnovi delle grandi derivazioni». Inoltr,e l’associazione aderente a Confindustria ha evidenziato ulteriori punti critici che, se non risolti, renderebbero impossibile il raggiungimento degli obiettivi fissati dallo stesso governo con il decreto Aree idonee.

Ha insistito sul fatto che il Testo unico non interviene sulle semplificazioni e anzi peggiora il quadro normativo italiano anche il Coordinamento Free (Fonti rinnovabili ed efficienza energetica) rappresentato in audizione al Senato dal suo presidente Attilio Piattelli. Quella che è la più grande associazione italiana in tema di fonti rinnovabili ed efficienza energetica ha segnalato che il testo varato da Palazzo Chigi «non riesce a rispondere a tutte le deleghe che il Parlamento ha dato al governo per la sua predisposizione» e che «l’unico benefico reale è quello di avere un testo unico di riordino della normativa mentre la bozza di decreto fallisce sia per quel che riguarda la semplificazione delle procedure sia per la razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi». Piattelli ha lamentato il fatto che in tutta questa operazione «si è persa un’occasione di condivisione della struttura del decreto con gli operatori di settore che avrebbero certamente potuto ben rappresentare le difficoltà e i problemi che si trovano ad affrontare quotidianamente nel tentativo di portare a termine i procedimenti autorizzativi». Perché è evidente, ha aggiunto il presidente del Coordinamento Free, che su una materia così articolata e ormai intricata, il parere degli operatori di settore sarebbe stato prezioso per individuare le opportunità di semplificazione e le possibili razionalizzazioni. «Questo testo in alcuni casi complica gli iter autorizzativi anziché semplificarli, si veda la necessità di richiedere sempre il parere edilizio o l’introduzione del parere ambientale per il revamping e repowering».

Il coinvolgimento non c’è stato e ora il governo sa che può contare su una netta maggioranza, in Parlamento, per far approvare definitivamente così com’è il testo unico sulle rinnovabili. Ciò provocherebbe però un grave danno non solo dal punto di vista ambientale, perché non sviluppare come si potrebbe il filone delle rinnovabili significa non diminuire la nostra dipendenza dai combustibili fossili, ma anche dal punto di vista economico. Questo aspetto non sfugge a Elettricità futura, al Coordinamento Free e neanche all’Anev, che con puntigliosità ha segnalato nel corso dell’audizione a Palazzo Madama tutte le modifiche che sarebbe necessario apportare al testo. «Il testo come proposto non porta benefici relativamente alla semplificazione del processo amministrativo per gli impianti alimentati da fonti di energia rinnovabile, e in alcuni casi addirittura complica le procedure eliminando alcuni strumenti utili», è stato ribadito dall’Associazione nazionale energia del vento, che ha chiesto «con forza la modifica del richiamato provvedimento affinché possa contribuire al necessario raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione assunti dall’Italia». 

Tra le proposte messe sul piatto dall’Anev, ce n’è una secondo la quale «in merito all’esproprio, per tutte le opere connesse alle Fer e le relative infrastrutture indispensabili, nonché per gli impianti eolici, venga assicurata al proponente la facoltà di ricorrere, laddove necessario, all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio/asservimento». Un’altra richiesta di modifica è finalizzata all’inserimento di una norma transitoria per salvaguardare i procedimenti avviati in data precedente a quella di entrata in vigore del Testo unico. E c’è poi una proposta di modifica avanzata dall’Anev riguardante l’attività libera e così formulata: «Per poter rendere effettivamente applicabile l’installazione di impianti attraverso il suddetto regime semplificato si propone di inserire la possibilità di superare e gestire la presenza di eventuali vincoli o le modifiche della viabilità attraverso l’ottenimento dei relativi atti amministrativi di assenso emanati dagli enti competenti e che il proponente potrà richiedere e ottenere in autonomia, dandone evidenza al Comune territorialmente interessato in sede di comunicazione di inizio lavori».

Simone Collini

Dottore di ricerca in Filosofia e giornalista professionista. Ha lavorato come cronista parlamentare e caposervizio politico al quotidiano l’Unità. Ha scritto per il sito web dell’Agenzia spaziale italiana e per la rivista Global Science. Come esperto in comunicazione politico-istituzionale ha ricoperto il ruolo di portavoce del ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel biennio 2017-2018. Consulente per la comunicazione e attività di ufficio stampa anche per l’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale, Unisin/Confsal, Ordine degli Architetti di Roma. Ha pubblicato con Castelvecchi il libro “Di sana pianta – L’innovazione e il buon governo”.