Il governo impugna la moratoria della Sardegna per i nuovi impianti da fonti rinnovabili
Il governo ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale la legge della Regione Sardegna che blocca per 18 mesi la realizzazione di nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili (legge n. 5 del 3 luglio ’24 recante il titolo “Misure urgenti per la salvaguardia del paesaggio e dei beni paesaggistici e ambientali“). Per l'esecutivo, che si è mosso nel corso del Consiglio dei ministri su proposta del titolare per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, la norma «eccede le competenze proprie della Regione secondo lo Statuto e si pone in contrasto con la normativa statale ed europea, con la violazione degli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione». Il Cdm chiede inoltre alla Consulta che si applichi immediatamente e in via cautelare la sospensione dell’articolo 3, il cuore della norma. L’impugnazione della legge, spiegano da Cagliari, era stata messa in conto dalla giunta: l’obiettivo è sempre stato quello di bloccare gli impianti in attesa di definire la mappa delle aree idonee che nelle intenzioni della maggioranza di campo largo sarà pronta entro breve, di certo prima che l’iter dell'impugnazione alla Consulta si concluda, e dunque farebbe decadere la norma impugnata.
Dopo la decisione presa dal governo, la presidente della Regione Sardegna Todde ha comunque dichiarato via social: «In queste settimane alcuni hanno giudicato la nostra una legge debole, che non bloccava nulla, inutile, un regalo agli speculatori, che il governo non prendeva neanche in considerazione. Avevamo ragione noi. Al contrario, infatti, la legge si è dimostrata efficace e di impatto, obbligando il governo ad impugnarla chiedendone la sospensione immediata visti i tanti reclami ricevuti». Per Todde il governo avrebbe dovuto, intanto, convocarla a Roma, «come prevede lo Statuto sardo quando si trattano temi rilevanti per la Regione». E poi la presidente della Regione si stupisce che a chiedere l'impugnazione «siano state forze politiche - una soprattutto - che in Sardegna si schierano a parole contro la speculazione energetica, mentre a Roma lavorano a testa bassa contro gli interessi regionali» commenta Todde. «In attesa che la Corte costituzionale si esprima - aggiunge Todde - il lavoro della giunta non si ferma. La mappa delle aree idonee dovrà essere consegnata entro 180 giorni a partire dal 3 luglio e noi stiamo già lavorando alla sua stesura. Stiamo creando un comitato interno e un ufficio del Piano che si occuperanno di redigere la legge con indicazioni specifiche per le aree idonee. E lo faremo coinvolgendo i territori, le comunità, i sindaci». E poi un messaggio al governo: «La Sardegna, che piaccia o no, non accetterà di subire passivamente decisioni calate dall'alto», ha concluso.
La mossa della giunta sarda non era però piaciuta non solo al governo, ma anche a diverse sigle ambientaliste e agli operatori del settore elettrico. La richiesta al governo di impugnare la legge emanata dalla giunta Todde era arrivata già all’inizio di luglio da Elettricità futura, che aveva dichiarato lo stop alle rinnovabili «illegittimo» e chiesto con una lettera ai ministri Calderoli e Pichetto Fratin di intervenire quanto prima. L’associazione aderente a Confindustria che rappresenta il 70% della filiera elettrica nazionale, tra l’altro, proprio oggi ha presentato una denuncia alla Commissione europea per sollecitare l’avvio di una procedura di infrazione in merito alla legge regionale sarda. Bene che anche il governo proceda con l’impugnazione della moratoria sulle rinnovabili, sottolineano i vertici di Elettricità futura ricordando la loro iniziativa di un mese fa, ma ora la questione va posta all’attenzione anche della Commissione europea.
In particolare, per l’associazione confindustriale, la moratoria «è in netto contrasto con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articoli 4, 49, 56 e 194), con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (articolo 16) e con la Direttiva Ue 2018/2001 (“Direttiva RED”, articoli 15, 16 ter e 16 septies) che prevede l’obbligo per gli Stati membri di attuare il principio della prevalenza dell’interesse alla realizzazione e all’esercizio di impianti rinnovabili rispetto a interessi concorrenti sino al raggiungimento della neutralità climatica. Si tratta di un principio di Diritto comunitario per il quale una norma di uno Stato membro adottata in violazione di esso – come è la moratoria della Sardegna – dovrebbe indurre le Amministrazioni, tra cui il MASE, e i Giudici a disapplicarla».
«Se già nel complesso il nostro Paese non è certo vicino alla neutralità climatica», dichiara Agostino Re Rebaudengo, presidente Elettricità futura, «lo è ancora meno la Sardegna, che oggi soddisfa i suoi fabbisogni elettrici per oltre il 70% con fonti fossili, tra cui il carbone, uno dei combustibili più inquinanti e climalteranti a cui dovrà dire addio entro il 2028 proprio grazie agli impianti rinnovabili e ai sistemi di accumulo di cui oggi vieta lo sviluppo».
L’impugnazione della moratoria sarda da parte del governo è un segnale a tutte le Regioni, tenute ad emanare le leggi attuative del decreto Aree idonee, sottolineano i vertici di Elettricità futura. «Auspico – conclude Re Rebaudengo – che le Regioni vi leggano una chiamata alla responsabilità e lavorino per sviluppare i nuovi impianti rinnovabili necessari a raggiungere i target regionali fissati dal decreto Aree idonee.
L’associazione impegnata nel settore elettrico critica però anche le ultime decisioni prese dal governo, a cominciare proprio dal decreto Aree idonee, da quello Agricoltura e dal Testo unico appena varato dall’esecutivo: «Sono in contrasto con la normativa europea e rendono impossibile il raggiungimento del target rinnovabili 2030».