
Disco rotto della Lega sul nucleare, Salvini ri-propone una centrale nucleare a Milano

Il dipartimento Ambiente della Lega ha organizzato ieri, a Milano, il convegno Il nucleare sostenibile: l’Italia riparte, da cui per il futuro energetico del Paese sono emerse solo proposte che guardano al passato: la prima è quella di prolungare la vita delle ultime centrali a carbone presenti in Italia anziché chiuderle (come previsto) quest’anno, la seconda è quella di costruire una centrale nucleare a Milano.
«Se partiamo oggi come il Governo vuole, tra 7 anni accendiamo il primo interruttore e le famiglie pagheranno meno», arringa Salvini. Una centrale da costruirsi anche a Milano? «Perché no, Milano è da sempre capitale dell’innovazione e della sostenibilità», risponde il leader leghista.
Peccato si tratti di una boutade che si ripete ormai ciclicamente. Nel giugno 2022 Salvini chiedeva di realizzare una centrale nucleare nel “suo” quartiere milanese, quello di Baggio. Una proposta caduta nel vuoto, come le successive. Nell’ottobre 2023 ad un analogo convegno (romano) sul nucleare, Salvini spiegava che «se partiamo nel 2024, nel 2032 possiamo accendere il primo interruttore di una centrale nucleare. E da milanese la prima centrale la vorrei a Milano, vorrei un reattore di ultima generazione nella mia città».
Ma nel 2024 non è partito niente. Semmai il 13 dicembre scorso il Consiglio regionale del Veneto a maggioranza leghista, con voto unanime, ha respinto l’ipotesi di localizzare un reattore nucleare Smr a Marghera. E vale la pena ricordare che dopo 13 anni di procedure non è ancora stato localizzato il (necessario e sicuro) Deposito nazionale per i rifiuti radioattivi.
Secondo il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto, la cornice legislativa per il rilancio dell’energia atomica nel Paese sarà pronta non prima di fine 2027 – ovvero dopo le prossime elezioni legislative –, mentre i rapporti conclusivi della Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile immaginano l’avvio di tecnologie non ancora commercialmente disponibili (come gli Smr, appunto) al 2036 e spostano l’ipotesi della fusione nucleare attorno al 2050.
A cosa servono questi continui spot pubblicitari a sostegno del nucleare da fissione, una tecnologia che è al suo minimo da 45 anni nel mix energetico globale (9%), con costi crescenti, mentre la produzione di elettricità da solare è raddoppiata negli ultimi tre anni? A rallentare lo sviluppo delle rinnovabili favorendo l’attuale assetto di potere basato sui combustibili fossili a partire dal gas, che peraltro è l’elemento che più di ogni altro determina gli elevati costi in bolletta. Ma per tornare al carbone e peggiorare ancora, come si vede, c’è sempre tempo.
