I costi ambientali e climatici della guerra in Ucraina
Secondo il rapporto “Climate damage caused by Russia’s war in Ukraine” pubblicato dal mnistero dell’ecologia dell’Ucraina, inItiative on GHG accounting of war (IGGAW) e supportato da European Climate Foundation (ECF) e Environmental Policy and Advocacy Initiative in Ukraine (EPAIU, «L'impennata di emissioni provocata dalla guerra in Ucraina potrebbe costare alla Russia miliardi di dollari in risarcimenti. Miliardi di litri di carburante utilizzati dai veicoli militari, quasi un milione di ettari di campi e foreste incendiati, centinaia di impianti di petrolio e gas esplosi e grandi quantità di acciaio e cemento utilizzate per fortificare centinaia di miglia di chilometri al fronte: secondo lo studio più completo mai condotto in occasione di un conflitto, le emissioni prodotte in due anni di invasione ammontano a circa 175 milioni di tonnellate di anidride carbonica.
IGGAW fa notare che «Questo valore equivale all'utilizzo di 90 milioni di auto in un anno. A conti fatti, l'invasione ha avuto un impatto serio sul clima: la gravità delle emissioni derivanti dal conflitto ha più che superato le conseguenze sull'indebolita economia ucraina, con persone e stabilimenti produttivi spostati in altri paesi e spese militari in aumento a livello globale».
Utilizzando la più recente metodologia di peer-review per attribuire un costo a ogni tonnellata di carbonio emessa, il stima che «La Federazione Russa dovrà pagare risarcimenti pari a 32 miliardi di dollari per i danni inflitti al clima nei primi 24 mesi di guerra».
L’IGGAW è riconosciuta e finanziata, tra gli altri, dai governi tedesco e svedese e il suo lavoro è approvato dal ministero della protezione ambientale e delle risorse naturali ucraino, dalle ONG e dalle istituzioni accademiche ucraine e il governo di Kiev ha accolto con favore il rapporto, dicendo che «Contribuirà a sostenere le richieste di risarcimento contro la Russia». L'Assemblea generale dell’Onu ha stabilito che la Russia dovrebbe risarcire l'Ucraina per la guerra e il Consiglio d'Europa ha istituito un registro dei danni. Questo registro dovrebbe includere anche i danni climatici provocati dalle emissioni. I beni russi congelati potrebbero essere utilizzati per sostenere tali costi.
Dopo aver partecipato alla Conferenza sui cambiamenti climatici di Bonn, l'autore principale dell'IGGAW, Lennard de Klerk, ha presentato il rapporto durante un evento collaterale della Conferenza sulla ricostruzione dell'Ucraina di Berlino e ha denunciato che «La Russia sta danneggiando l'Ucraina ma anche il nostro clima. Questo "carbonio del conflitto" è sequestrabile e si farà sentire a livello globale. La Federazione Russa dovrebbe essere costretta a pagare, a saldare il debito contratto con l'Ucraina e con i paesi del sud del mondo, che soffriranno maggiormente per i danni climatici».
L’ IGGAW, un'associazione di esperti in economia del carbonio finanziata da governi e fondazioni occidentali spiega che «Per superare la scarsità di dati determinata dalla segretezza in tempo di guerra, dai pericoli fisici e dal trasferimento degli esperti in luoghi più sicuri, l'Iniziativa si è affidata largamente a dati satellitari, informazioni governative, studi scientifici, intelligence open source, interviste a esperti e rapporti del settore. Il lavoro suggerisce che circa un terzo delle emissioni di guerra proviene dall'attività militare, in particolare dal carburante utilizzato dai veicoli russi, la principale fonte di emissioni pari a circa 35 milioni di tonnellate di biossido di carbonio equivalente (MtCO2e). Circa un altro terzo è attribuito alle enormi quantità di acciaio e cemento che sono state e saranno necessarie per la ricostruzione dell'Ucraina dopo gli ingenti danni causati nelle prime fasi del conflitto. Infine, un altro terzo circa è causato dagli incendi, dal dirottamento di aerei commerciali, dalle interruzioni sulle infrastrutture energetiche e, in misura minore, dallo spostamento di quasi 7 milioni di rifugiati ucraini e refusenik russi».
Il ministro della protezione ambientale e delle risorse naturali dell'Ucraina, Ruslan Strilets, ha commentato: «L'analisi pubblicata oggi è l'istantanea più aggiornata e approfondita che abbiamo delle conseguenze sul clima dell'invasione russa e contribuisce a rischiarare la nebbia che, in caso di guerra, avvolge anche i costi ambientali del conflitto. Sarà un elemento fondamentale della richiesta di risarcimento che stiamo preparando contro la Russia».
Ecco alcuni dei principali aspetti dello studio:
Incendi. Gli incendi sono normali, tuttavia le loro dimensioni e la loro intensità sono aumentate in modo esponenziale dall'invasione, su entrambi i lati della linea del fronte. I ricercatori hanno sviluppato il primo processo manuale di collegamento tra gli incendi e le cause militari: il lavoro suggerisce che i campi bruciati e le foreste distrutte sono responsabili di quasi 23 MtCO2e. Le immagini satellitari rivelano che circa 27.000 incendi hanno bruciato quasi un milione di ettari di terreno. Quasi tre quarti di tali ettari sono prossimi alle linee del fronte, dove le infrastrutture per la gestione degli incendi sono state quasi interamente abbandonate e le condizioni sono insidiose per i soccorritori. Tuttavia il rapporto rivela che incendi di maggiore intensità sono stati osservati in tutto il paese, dato che forestali, vigili del fuoco e attrezzature sono stati mobilitati o riassegnati a diverse città, rallentando i tempi di risposta. Anche le attività di spegnimento degli incendi per via aerea sono state ridotte e circa un terzo (38%) dei 4.216 camion dei pompieri ucraini è stato danneggiato. Secondo gli autori, se la guerra finisse presto e le foreste danneggiate tornassero in salute, il totale delle emissioni potrebbe essere drasticamente ridotto.
Attacchi alle infrastrutture energetiche. Nelle prime settimane del conflitto, la Russia ha attaccato drammaticamente i depositi di combustibili fossili ucraini. Il costo climatico di questi attacchi è tuttavia sovrastato dalla distruzione dei gasdotti Nord Stream, che ha provocato un'eruzione sottomarina di metano di una settimana, con un impatto sul clima equivalente a 14 MtCO2e. Si ritiene che un incendio incontrollato su una piattaforma di perforazione nel Mar Nero durato mesi abbia bruciato oltre 150 milioni di metri cubi di gas naturale. Almeno 15 impianti di stoccaggio ucraini di petrolio hanno subito grandi incendi, contribuendo a circa 1,1 MtCO2e di emissioni, mentre le reti del gas hanno subito almeno 277 attacchi. Un impatto inatteso proviene dal gas serra più potente, l'esafluoruro di zolfo o SF 6, sfuggito in quantità insolitamente elevate durante il conflitto. Utilizzato per isolare i quadri elettrici, il suo potenziale di riscaldamento globale è di quasi 23.000 volte superiore a quello dell'anidride carbonica. Si stima che circa 40 tonnellate di SF6, equivalenti a circa un milione di tonnellate di CO2, siano state liberate a seguito di oltre 1.000 attacchi russi, che hanno danneggiato circa la metà delle strutture della rete ad alta tensione ucraina.
Voli deviati. Restrizioni o precauzioni hanno in gran parte svuotato i cieli ucraini e russi per circa 18 milioni di km2, aggiungendo ore ai viaggi aerei tra Europa e Asia e determinando un notevole aumento del consumo di carburante. Mentre i vettori europei e americani sono banditi dallo spazio aereo russo, le compagnie australiane e asiatiche lo evitano per precauzione. Tutti gli altri, lo costeggiano più a nord del normale. Virgin Atlantic ha interrotto i voli da Londra a Hong Kong dopo quasi 30 anni, citando tra le cause la deviazione delle rotte, mentre Finnair e SAS hanno cancellato o ridotto i voli. Si ritiene che le emissioni nette ammontino a poco più di 24 MtCO2.
L'Ucraina si fortifica e l'Europa si riarma. Sia la Russia che l'Ucraina continuano a espandere le proprie fortificazioni per centinaia di chilometri. L'Ucraina ha inoltre previsto un programma edile su larga scala per proteggere le infrastrutture energetiche critiche e i civili. Al di là dell'Ucraina, l'invasione ha innescato un aumento delle spese militari, in particolare in Europa, aumentando la domanda di esplosivi, acciaio e altri materiali ad alta intensità di carbonio. La spesa militare globale totale ha raggiunto i 2,4 trilioni di dollari nel 2023, aumentando del 6,8% in termini reali dal 2022, il più forte incremento su base annua registrato dal 2009. Oltre alla produzione, le consegne di armi pesanti sulla lunga distanza contribuiscono a generare emissioni.