Pfas, inchiesta coordinata da Le Monde su come le lobby industriali lavorano per bloccare i divieti
Documenti interni del settore, promemoria segreti, studi aziendali. È partendo da questo materiale e poi portando avanti una serie di indagini e interviste che un gruppo di 46 giornalisti di 16 diversi Paesi ha portato alla luce quello che in molti sospettavano e che però finora solo parzialmente era stato dimostrato: le lobby di numerosi settori industriali, sia riconducibili ad aziende produttrici di Pfas (composti poli e perfluoroalchilici) sia ad aziende che impiegano queste sostanze nei processi di lavorazione, stanno indebolendo la proposta per vietare l’uso e la produzione, in discussione a livello comunitario, di questi pericolosi composti. La mancata regolamentazione dei Pfas potrebbe costare oltre 2.000 miliardi di euro nei prossimi venti anni per la sola bonifica, a cui si aggiungono già oggi circa tra i 52 e gli 84 miliardi di euro in costi sanitari all’anno solo in Europa.
A rivelare tutto ciò è l’indagine giornalistica internazionale “Forever Lobbying Project” - coordinata dal quotidiano francese Le Monde in collaborazione con appunto 46 giornalisti di 16 Paesi, inclusa l’Italia - che per diversi anni hanno investigato sulla campagna di lobbying e disinformazione orchestrata dall'industria dei Pfas e dai suoi alleati con l'obiettivo di indebolire la proposta dell'UE di vietare queste sostanze. Dall’inchiesta emerge che dei cosiddetti “mercanti di dubbi” da tempo utilizzano argomenti allarmistici, falsi, fuorvianti o potenzialmente disonesti ricorrendo alle tattiche usate da decenni dai lobbisti dell'industria del tabacco, dei combustibili fossili e di altri prodotti chimici e pesticidi.
«L'indagine transfrontaliera e interdisciplinare rivela per la prima volta il costo sbalorditivo della pulizia della contaminazione da Pfas in Europa se le emissioni rimangono senza restrizioni – denunciano gli autori dell’inchiesta – trilioni di euro in un periodo di 20 anni, una fattura annuale di 100 miliardi di euro. Se gli inquinatori non pagano, allora chi lo farà?». L’indagine, tra l’altro, costituisce quello che gli autori delle attività giornalistiche definiscono un esperimento pionieristico di «giornalismo recensito da esperti» con 18 accademici e avvocati internazionali che hanno sottoposto a valutazione quanto emerso nel corso dei mesi.
«L’indagine rivela quanto sia massiccia l'attività di lobbying per ostacolare la proposta europea di restrizione dei Pfas. Si tratta di uno scandalo enorme che dimostra l’entità degli interessi industriali ed economici in gioco», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. Di recente anche in Italia, denuncia l’associazione ambientalista «abbiamo assistito a tentativi di “nobilitare” i Pfas: non solo nel famoso rapporto stilato da Draghi sul rilancio dell’Unione Europea, ma anche nell’ambito delle deposizioni di alcuni consulenti delle società imputate al processo Miteni in Veneto che hanno minimizzato gli impatti sanitari sulla popolazione». Per Greenpeace, che solo pochi giorni fa aveva denunciato i ritardi del governo italiano sulla regolamentazione del Tfa, il Pfas più diffuso al mondo, «deve invece essere imperativo della politica europea, inclusa quella italiana, non farsi condizionare dalle lobby ma ascoltare la comunità scientifica arrivando, nel più breve tempo possibile, a vietare l’uso e la produzione dei PFAS e a far pagare agli inquinatori i costi di bonifica. Solo così potremo proteggere l’ambiente la salute pubblica da questi veleni».
La comunità scientifica da tempo chiede azioni urgenti viste le gravi conseguenze sanitarie derivante dalla contaminazione da Pfas, come tumori, alterazioni a livello immunitario e ormonale, infertilità e altre gravi malattie. È oggi possibile trovare queste sostanze tossiche nelle acque potabili e minerali, nel cibo e nell'aria che respiriamo. Tutti i cittadini europei, in particolare gli adolescenti, i neonati e le donne incinte, portano nel loro corpo livelli allarmanti di Pfas che stanno compromettendo la loro salute e il loro futuro comune.
Per stilare la prima mappa della contaminazione da PFAS nelle acque potabili di tutte le Regioni italiane, lo scorso ottobre Greenpeace Italia, nell’ambito della campagna Acque senza veleni, ha raccolto campioni in 235 città su tutto il territorio nazionale. Il prossimo 22 gennaio l’organizzazione ambientalista pubblicherà gli esiti delle analisi.