Dalla petroliera affondata alle porte del Mar Nero continua a fuoriuscire olio combustibile
L’Agenzia stampa russa Tass ha diramato la notizia che ad Anapa, nella regione di Krasnodar, l'olio combustibile continua ancora a fuoriuscire dalla petroliera Volgoneft 239, naufragata vicino al porto di Taman, situato nella regione meridionale di Krasnodar. Questa affermazione è stata attribuita dall’Agenzia stessa al ministro russo delle Emergenze, Alexander Kurenkov, dopo aver ispezionato le operazioni di bonifica in corso nell'area.
L'indagine ha rivelato, continua ancora il ministro, che la situazione più difficile si riscontra nelle vicinanze del porto di Taman, dove l'olio combustibile continua a fuoriuscire in mare dalle cisterne della petroliera naufragata in seguito alle condizioni proibitive del mare.
Per tali ragioni, il ministro per le Emergenze ha considerato di rimuovere il prima possibile l'olio combustibile rimanente dalla petroliera; impresa certamente non facile se si considera l’altissima viscosità di questo prodotto, che tende a solidificare già a temperature non molto alte (intorno ai 15 gradi centigradi). Siamo ben lontani dai toni trionfalistici adoperati dalle autorità russe nei primi giorni dopo il naufragio; adesso sembrano comprendere la gravità delle conseguenze si riversano sull’ambiente marino e sulle coste, dovute alla fuoriuscita di oltre 4.000 tonnellate di prodotto.
«Dobbiamo fermare la perdita e pompare l'olio rimasto a bordo della petroliera», ha asserito il ministro, come riportato dalla Tass, in una riunione tenutasi al centro di gestione delle crisi, subito dopo aver ispezionato l'area inquinata.
Ricordiamo che entrambe le petroliere, Volgoneft-212 e Volgoneft-239, affondarono il 15 dicembre scorso, causando anche la perdita di un membro dell'equipaggio. Secondo i servizi di emergenza russi, le petroliere in questione trasportavano circa 9.200 tonnellate di olio combustibile e l'incidente ha provocato una fuoriuscita di olio combustibile denso in un una superfice estesa del Mar Nero nei pressi dello Stretto di Kerch. Secondo il Ministero dei Trasporti russo, circa 2.400 tonnellate di prodotti petroliferi sono finite nel Mar Nero, molto meno delle stime iniziali, riporta sempre l’Agenzia.
Al di là dell’attendibilità delle stime sui volumi di prodotto inquinante, resta davanti agli occhi di tutti il reale disastro causato e ancora in corso mentre non si ha ancora una stima attendibile sulla perdita di animali marini ed uccelli, colpiti inesorabilmente da uno dei prodotti più inquinanti e devastanti per le specie animali e vegetali in cui si imbatte che si conosce. Faccio appello all’Europa unita e agli Stati membri che hanno maturato significative esperienze nel settore della bonifica delle coste colpite dalla cosiddetta “marea nera” (Francia Spagna e Portogall) affinché si adoperino ad offrire ogni utile supporto tecnico alle Autorità russe.
Il danno ambientale è assai serio e la definizione di disastro ambientale quanto mai appropriata. Siamo tornati, purtroppo, indietro di 25 anni e, molto probabilmente, nessuno si aspettava più di dover fronteggiare disastri ambientali di questa portata, dopo aver affrontato i grandi eventi provocati dall’affondamento delle petroliere Erika e Prestige e, soprattutto, dopo aver introdotto, tramite l’Imo (International maritime organization), misure tecniche ritenute adeguate a scongiurare simili accadimenti, tra le quali rientra l’obbligo del doppio scafo (double hall) per le navi che trasportano olio combustibile denso.
Ricordo che la Russia è uno Stato che ha aderito sia alla “Solas” che alla “Marpol”, che costituiscono gli strumenti cardine per la sicurezza della navigazione in ambito Imo e, in quanto tale, obbligata ad applicare le risoluzioni di quell’Organismo internazionale, tra le quali, appunto, il doppio scafo per il trasporto marittimo di prodotti del genere.