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Fonti russe negano l’evidenza

Il Mar Nero non è pronto per affrontare il disastro ambientale delle due petroliere affondate

È necessario aprire vie diplomatiche per mettere in campo squadre Ue a sostegno del disinquinamento marino
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

La Vigilia di Natale appendiamo dall’autorevole agenzia di stampa la Tass che le petroliere Volgoneft 212 e Volgoneft 239, affondate nel Mar Nero il 15 dicembre scorso, a causa di una tempesta, trasportavano circa 9.200 tonnellate di olio combustibile denso.

Sono in corso le operazioni di bonifica, continua precisando che lo sversamento dell’inquinante tra i peggiori per l’ambiente marino (solidifica già a 10 gradi centigradi) ha colpito principalmente la costa vicino ad Anapa e il distretto di Temryuksky della regione di Krasnodar. Sabato scorso, dopo che il vento ha cambiato direzione, una consistente parte della sostanza è approdata vicino a Kerch, nella Repubblica di Crimea. Le sostanze inquinanti “sono state rimosse entro 24 ore”.

Così conclude lo scarno comunicato stampa, asserendo che le operazioni di rimozione delle 9.200 tonnellate trasportato dalla due petroliere sono iniziate e concluse nel giro di 24 ore.

Diamo per certo che qualsiasi persona di buon senso non può che sorridere ironicamente di fronte ad una simile affermazione e, del resto, tutti i video e le immagini satellitari che possono essere consultati in rete (da fonti non russe) dimostrano l’esatto contrario: l’inquinamento persiste in mare e lungo i tratti di spiaggia e coste rocciose in cui è andato a spiaggiarsi.

La questione che si pone e che, a mio avviso, deve essere considerata prioritaria è la seguente: quali sono di dispositivi oggi esistenti ed operanti nell’ambito del ristretto bacino del Mar Nero?

Mentre conosciamo l’organizzazione marine pollution presente nell’area del Mar Baltico attraverso la Helsinky Convention e i dispositivi immediatamente reperibili in caso di emergenza attraverso il Bonn Agreement che copre l’intera area del Mar del Nord, nulla sappiamo di quello che è presente nell’area del Mar Nero.

Gli eventi di inquinanti marini del secolo scorso, che hanno interessato molti tratti di coste del Nord Europa e anche di casa nostra – basti pensare all’esplosione della motocisterna Haven nella rada del porto di Genova, che provocò nel marzo del 1991 un inquinamento grave da petrolio estesosi in ampie aree di mare e tratti costieri del Golfo Ligure-Provenzale – hanno fatto sì che gli stati rivieraschi si organizzassero che contrastare gli inquinamenti causati da sinistri marittimi.

Ogni Stato costiero si è dunque dotato, a partire dagli anni 70 di dispositivi, tecnologie e procedure standard da adottare nei casi di inquinamenti marini da idrocarburi, questa pianificazione emergenziale viene denominata contingency plan for marine pollution.  

Nel corso degli anni, le procedure antinquinamento devono essere testate e verificate attraverso mirate esercitazioni in mare e lungo la costa allo scopo di verificare l’efficienza dei mezzi tecnici (navi specializzate e mezzi tecnici) e la preparazione degli equipaggi e delle squadre d’intervento, spesso anche con la partecipazione della Protezione Civile e tutto effettuato con la regia della Guardia Costiera, la Capitaneria di Porto in sede locale ovvero il Comando Generale del Corpo per i casi di maggior rilevanza.  

Di fronte al comunicato stampa della Tass del 23 dicembre non possiamo che assumere un atteggiamento di prudente scetticismo perché eventi del genere ai quali come Paese abbiamo contribuito a dare una mano – cito soltanto la motocisterna Prestige nel 2002 e l’inquinamento in Libano nel 2004, in seguito ai bombardamenti dei depositi costieri – richiedono una capacità di risposta ad alta tecnologia che, anche all’evidenza del conflitto in corso in quelle zone, abbiamo qualche dubbio nel ritenere possa essere considerato un problema primario la preparazione per gli interventi antinquinamento.

In conclusione, sarebbe di assoluta importanza riuscire, attraverso vie diplomatiche, a poter contribuire come Unione europea alle operazioni antinquinamento in corso e alle successive attività di bonifica che, nonostante le ottimistiche affermazioni dell’agenzia Tass, abbiamo qualche fondata certezza non si siano concluse nelle 24 ore successive all’evento.

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Aurelio Caligiore, Ammiraglio Ispettore del Corpo della Guardia Costiera

Da oltre trent’anni Ufficiale della Marina Militare del Corpo della Guardia Costiera, l’Ammiraglio Ispettore Aurelio Caligiore è da sempre impegnato in attività legate alla tutela dell’ambiente. Nell’ultimo decennio è stato Capo del Reparto ambientale marino delle Capitanerie di Porto (RAM) presso il ministero dell’Ambiente. Attualmente è Commissario presso la Commissione Pnrr-Pniec del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase).