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Dopo l’incidente delle petroliere russe nel Mar Nero è in corso un disastro ambientale su vasta scala

L’Ue e gli Stati costieri che dispongono di un sistema anti-inquinamento mettano a disposizione tecnologie e know-how
 |  Inquinamenti e disinquinamenti

Com’era facilissimo prevedere, nel Mar Nero il disastro ambientale da inquinamento da idrocarburi, oltretutto della peggiore specie, c’è stato in tutta la sua nefasta potenza.

È iniziata ora la conta dei danni di questo disastro ambientale verificatosi nel Mar Nero, quando il 15 dicembre due petroliere russe sono state travolte da una violenta tempesta nello Stretto di Kerch – che unisce la Russia alla penisola della Crimea – e seguente il naufragio ha provocato una massiccia fuoriuscita di olio combustile.

Le due petroliere, Volgoneft-212 e Volgoneft-239, avevano a bordo un equipaggio di 15 persone e almeno un membro dell’equipaggio risulta morto a causa del naufragio. Il combustibile fuoriuscito dalle navi è il cosiddetto “mazut”, un residuo della distillazione del petrolio, particolarmente pesante e quindi molto denso (heavy fuel oil), che ha già contaminato, secondo le Autorità russe, almeno 60 chilometri di costa nella regione di Krasnodar, dal ponte di Crimea fino ad Anapa.

Secondo le prime e non definitive stime, almeno 3.700 tonnellate di “mazut” potrebbero essere finite in mare, provocando così un disastro ambientale su vasta scala. Le immagini e video condivise in rete dai residenti locali mostrano macchie di prodotto che si estendono lungo la costa. Oltre, come è facile immaginare, a uccelli e altri animali marini senza vita o intrappolati nell’inquinante oleoso disperso in mare.

Occorre evidenziare e sottolineare che le due petroliere coinvolte nel sinistro marittimo nello Stretto di Kerch risultano essere costruite tra la fine degli anni ’60 e i primi degli anni ’70, perciò unità che avrebbero entrambe superato 50 anni di servizio. Si tratta di unità obsolete e, a mio modo di vedere, trattandosi di navi monoscafo, oramai poste fuori dalle norme internazionali (Imo), che per questa tipologia di prodotti prevede l’utilizzo esclusivo di navi a doppio scafo (doble hall).

Questa nostra considerazione è perfettamente in linea con quanto dichiarato da Natalia Gozak, direttrice dell’ufficio di Greenpeace Ucraina: «Il combustibile fuoriuscito sta già compromettendo l’ecosistema locale. Questo episodio evidenzia un problema ben più ampio: le attività della flotta ombra russa. La Russia impiega petroliere obsolete per esportare petrolio greggio e finanziare la guerra in Ucraina».

Resta comunque ineludibile l’allarme ambientale provocato da questi sinistri marittimi e auguriamo che le Autorità russe abbiano valutato attentamente quale sia la loro capacità di intervenire per ridurre gli effetti nocivi dell’inquinamento sugli ecosistemi marini e costieri; tuttavia, ci sentiamo di lanciare un appello agli Stati costieri che dispongono di un sistema antinquinamento, in primis all’Unione europea, attraverso la sua agenzia specializzata Emsa, di mettere a disposizione la propria tecnologia e know-how acquisito nel corso di oltre mezzo secolo di attività “marine pollution” che vanno dalle petroliere Torrey Canyon (1967) alla Prestige (2002).

Aurelio Caligiore, Ammiraglio Ispettore del Corpo della Guardia Costiera

Da oltre trent’anni Ufficiale della Marina Militare del Corpo della Guardia Costiera, l’Ammiraglio Ispettore Aurelio Caligiore è da sempre impegnato in attività legate alla tutela dell’ambiente. Nell’ultimo decennio è stato Capo del Reparto ambientale marino delle Capitanerie di Porto (RAM) presso il ministero dell’Ambiente. Attualmente è Commissario presso la Commissione Pnrr-Pniec del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase).