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Parla Gian Luca Artizzu, Ad di Sogin: «Perché sono favorevole all'autocandidatura dei territori disposti ad ospitare il Deposito nazionale dei rifiuti a bassa e media radioattività. E Sogin oggi bonifica anche terre inquinate»

 |  Inquinamenti e disinquinamenti

Siccome la variabile dell’accettazione sociale è dirimente nella localizzazione della struttura che ospita i rifiuti a bassa e media radioattività, Gian Luca Artizzu, Amministratore delegato di Sogin, la società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, è convinto che sarebbe preferibile scegliere una strada diversa piuttosto che partire dalla designazione del sito, pur nel rispetto totale dei parametri tecnici definiti in modo stringente dall’Autorità di controllo Isin. Sogin è incaricata non solo del decommissioning delle centrali nucleari e dello smaltimento del combustibile, ma anche di tutti i materiali che entrano in contatto con una fonte radioattiva: dal campo medico a quello industriale e della ricerca. Gli esempi sono innumerevoli: i materiali dalla diagnostica nucleare alle terapie, la disinfezione di alimenti, packaging o articoli sanitari avviene attraverso raggi gamma, oppure il controllo di saldature industriali, schede elettroniche, sensori antifumo e tanti altri apparati di uso quotidiano che contengono fonti o sono trattati con radiazioni ionizzanti.

Intervista

Il sindaco di Trino Vercellese, sito di una delle 4 centrali nucleari italiane dismessie, aveva avanzato la candidatura della sua città, poi però ha fatto dietrofront…

«Il suo è stato un atto di responsabilità, visto che sapeva che non avrebbe ottenuto le altre firme necessarie. Rimane il tema politico: la cittadinanza di Trino è informata sul tema per conoscenza diretta, visto che molti lavoratori della centrale nucleare sono trinesi, o perché ci lavorano parenti o amici. C’è stata anche molta partecipazione appassionata alle giornate di apertura al pubblico. Insomma, abbiamo riscontrato in generale un atteggiamento a favore del nucleare e del progetto della costruzione del Deposito con annesso Parco tecnologico nell’area, individuandone chiaramente le ricadute per il territorio».

Chi si opponeva al Deposito nazionale a Trino sosteneva che avrebbe impattato sfavorevolmente sui flussi turistici, e anche sulla ciclovia “Vento” che collega Torino a Venezia.

«Allora va anche precisato che l’unico tratto oggi esistente della “Vento” nella Provincia di Vercelli ci risulta essere quello realizzato da Sogin proprio davanti alla centrale di Trino».

Tornando allora al processo in corso per identificare il sito italiano che ospiterà il Deposito nazionale, a che punto siamo?

«È stata avviata la Valutazione ambientale strategica delle 51 aree individuate dalla Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), e sono le attività propedeutiche. Al termine, ci vorrà circa un anno e mezzo, si arriverà ad una migliore individuazione delle caratteristiche territoriali, consentendo poi, attraverso un processo iterativo fra Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Sogin e Isin, di arrivare ad un decreto finale e alla possibilità per i Comuni inclusi nella Carta di manifestare il proprio interesse. La decisione finale avverrà a valle degli approfondimenti tecnici a carico di Sogin sul territorio, verificati da Isin. Quest’altra fase occuperà circa due anni complessivamente».

Farete approfondimenti su tutti i siti?

«No, solo su quelli che avranno manifestato interesse. A quel punto si dovrà prendere atto delle caratteristiche morfologiche, fisiche, e anche politiche, nel senso di antropiche, del territorio, quest’ultime intese come le infrastrutture esistenti, la densità abitativa, ecc., e avviare la progettazione definitiva, sempre nel rispetto delle norme tecniche di Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, che recepisce le normative internazionali per questo tipo di strutture e le adatta al nostro contesto. E, seppure in un clima di costruttiva collaborazione, è l’Isin, in qualità di controllore, ad avere sempre l’ultima parola. Sia chiaro, un settore nucleare che si rispetti deve avere un’Autorità molto forte. Sintetizzo con una battuta. Io controllato, preferisco avere come arbitro Luigi Collina, piuttosto che un arbitro di serie B. Perché vorrei un arbitro competente che mi faccia evolvere. Questo è molto importante per il settore nucleare».

Quindi, prima della fine 2027 non sapremo dove sorgerà il Deposito?

«All’incirca sono quelli i tempi. Anche i tempi per la progettazione di dettaglio sono funzione delle caratteristiche del territorio che imporrà delle scelte progettuali diverse. Ovvio che alcune caratteristiche possano essere più facili di altre. A quel punto si tratterebbe di risolvere solo problemi tecnici che sono quelli che ci preoccupano di meno, perché li sappiamo risolvere».

Spaventa allora l’approccio nei confronti delle popolazioni locali?

«Le popolazioni dei territori interessati sono quelle che si informano meglio e con le quali è possibile capirsi: siamo fiduciosi della possibilità di aprire un dialogo costruttivo. Preoccupano di più quelli che, un po’ come in Val di Susa, non fanno parte del territorio interessato e hanno un’impostazione puramente ideologica e obiettivi preconcetti basati su dati non fattuali. Questo succede anche e soprattutto nel nucleare, dove le affermazioni apodittiche, prive di dimostrazione o anche solo di riscontro tecnico o scientifico, si sprecano».

Manca però una conoscenza diffusa sull’argomento, come indica anche un’indagine Swg (aprile 2024) secondo cui solo 1 italiano su 4 è informato dell’attuale situazione del trattamento dei rifiuti radioattivi.

«Ogni anno Sogin accoglie un migliaio di persone nei propri siti e talvolta, come quest’anno, organizza Open gate, una giornata in cui vengono aperte al pubblico le centrali nucleari di Trino, Caorso, Latina, Garigliano e, come in quest’ultima edizione, il centro di Trisaia. Da sempre è un’iniziativa apprezzata. Quest’anno è andata oltre le aspettative. Sono entrate più di 3.500 persone. Abbiamo raccolto molto interesse e tante domande soprattutto da parte dei ragazzi. C’erano anche degli infopoint su diverse tematiche, incluso il deposito nazionale, che hanno suscitato molto interesse».

Per il resto dell’anno che cosa è previsto? Lo stesso sondaggio evidenzia che seppure oltre 1 italiano su 2 ritenga che gli attuali standard di trattamento siano sicuri, rimane diffusa la preoccupazione per la presenza di un deposito nei pressi della propria abitazione. Pensate a una campagna nazionale magari ricorrendo a strumenti digitali online?

«Abbiamo realizzato delle animazioni sul deposito ma ci siamo accorti che colpiscono soltanto chi è favorevole o chi ha un particolare interesse ad approfondire. Credo comunque che il contatto umano sul territorio sia imprescindibile per fare cultura sul nucleare, come è importante anche utilizzare un linguaggio semplice, malgrado la materia sia complessa, avvicinando il cittadino a queste tematiche. Però finora è stato più facile avvicinare la popolazione dei siti che non sono deputati ad accogliere il deposito, perché si tratta delle vecchie centrali».

Dunque, nessuno dei 51 siti all’esame della Vas combacia con quello di un vecchio impianto nucleare?

«Nessuno, e per un motivo banale. La guida tecnica Isin servita come base per l’individuazione dei 51 siti prevede determinate distanze dalle fonti d’acqua. Le centrali sono tutte lungo fonti d’acqua perché la risorsa idrica serve per il funzionamento. Quindi di conseguenza vicino alle centrali non ci sono siti idonei, anche se ci potrebbero essere nei Comuni interessati ad una distanza idonea dall’acqua. C’è qualche area idonea invece vicino a impianti per il ciclo del combustibile (FN di Bosco Marengo, ndr). Comunque, le amministrazioni di tutti e 51 siti hanno fatto opposizione».

Tutte? Sarà una strada in salita…

«Tutte. La Regione Lazio mi risulta abbia fatto anche un ricorso al Tar. La strada è molto in salita, ma continuo comunque ad essere ottimista su una scelta volontaria di qualcuno dei Comuni inclusi nella Cnai. Io, pensi, ero favorevole alla volontarietà fin dall’inizio. Trovo più democratico un processo che parta dalla base, dal territorio. E infatti la popolazione di Trino – ad eccezione di qualche minoranza – è propensa al progetto; quindi, avrei ritenuto corretto ascoltarla in via prioritaria fin dall’inizio, e altrettanto chiunque si fosse presentato. Per cui ho visto con molto favore il recupero tentato dalla legge che lo ha consentito, seppur all’ultimo momento».

Ma Trino Vercellese allora non rientra nella rosa dei siti?

«No, però vorrei precisare meglio che quei 51 siti si ottengono applicando in modo estremamente restrittivo le guide tecniche dell’Isin. Si pongono dei limiti. Per esempio, quello dei 150 ettari. Ma non ci serve tutta quella superficie. Ce ne servono 20 per il deposito più le aree di rispetto diventano 50/60 più il parco tecnologico – stando comodi con le aree di rispetto e quelle di manovra – diventano 100/120 ettari. In quel range i siti si moltiplicano e diventano 500. Se l’abbasso a 80 ettari che sono comunque sufficienti, i siti potenzialmente idonei diventano più di mille».

Dipende quindi dove si vuole mettere l’asticella?

«Esatto. Inoltre, più della metà dei parametri sono di tipo antropico, e quindi mutevoli. Se all’epoca in cui sono stati scartati dei siti, perché limitrofi a un paesino di 500 abitanti, adesso la densità abitativa potrebbe essere cambiata. Scesa a 50 abitanti o persino a zero abitanti. In quel caso se ho delle autocandidature in zone più o meno desertiche, è ovvio che posso prenderle in considerazione. Oppure pensiamo alla vicinanza con zone industriali che magari non esistono più. Poi ci sono limiti tipicamente italiani, che vanno rispettati, ma sui quali fatico ad essere d’accordo: 10% di pendenza. Se trovassi dei siti interessati con il 12% di pendenza e la possibilità di terrazzare, un po’ come avviene in Spagna ad El Cabril con pendenze ben superiori, potrei correggere, con una spesa relativamente bassa, questa caratteristica. I siti potenzialmente autocandidabili, se abbassiamo l’asticella, sono almeno un migliaio. Come prima stima. Quindi, se il problema principale è il consenso della popolazione allora tanto vale partire da questo aspetto e poi confrontarsi con le caratteristiche morfologiche e fisiche».

Insomma, avrebbe fatto partire il processo dal basso.

«È un ragionamento che sulle grandi opere comincia a prendere corpo. In questo processo stiamo un po’ tutti imparando, noi, il ministero, le autonomie locali, l’Isin. Impariamo anche dai nostri stessi errori, ma sono convinto che alla fine di questo processo potremmo aver imparato anche un nuovo percorso comune per le grandi opere in Italia, qualcosa che si possa applicare anche ad altri contesti. E soprattutto avremmo imparato a dialogare con le popolazioni sul territorio».

Sogin ha oggi un nuovo payoff “Nucleare e ambiente” per bonifiche e disinquinamento…

«Riflette l’evoluzione della società che, sfruttando le competenze sviluppate nella radioprotezione e management di sostanze complesse e pericolose, allarga il suo perimetro di azione con interventi ambientali fuori dal decommissioning in senso stretto. È Sogin che ha curato la caratterizzazione dei terreni della Terra dei Fuochi dove poi è sorto, fra le altre opere, anche il termovalorizzatore di Acerra, ma non credo che la cosa si sappia. Sempre Sogin e intervenuta su altre bonifiche pesanti e, con la controllata Nucleco, ha curato la bonifica di Punta della Contessa, ex poligono militare Nato, e il ripristino del territorio con lo studio anche delle essenze autoctone. Continueremo negli interventi ambientali anche nel prossimo futuro, partecipando a gare nazionali ed internazionali, e, come da nostra mission, cureremo la valorizzazione dei nostri siti».

Patrizia Feletig

Laureata in Economia e commercio alla LUISS di Roma, lavorato nel settore finanziario (Morgan Guaranty Trust), nella comunicazione aziendale (Shandwick Group) e nell’energia (Forum Nucleare Italiano, Assoelettrica, Sharengo). Consigliere di amministrazione Sogin (2016-2019) Giornalista pubblicista ha collaborato per stampa, TV e radio. Ha pubblicato libri sul nucleare, le energie rinnovabili e le tecnologie green. Ultimo titolo “Caccia Grossa alla CO2”, Milano Finanza Editori, 2022. È advisor del Guarini Institute for Public Affairs John Cabot University Rome, membro del Comitato Scientifico della Fondazione Luigi Einaudi e presidente dell’Associazione Copernicani, advocacy group sui temi dell’innovazione.