Nuovo attacco Houthi nel Mar Rosso, si teme sversamento di petrolio lungo oltre 220 km
Ancora una volta gli Houthi hanno sferrato un attacco nel Mar Rosso alle navi mercantili in transito commerciale, scegliendo questa volta, purtroppo, una petroliera: la Chios Lion, di 107.525 tonnellate di dislocamento, con a bordo 180.000 tonnellate di crude oil e battente bandiera liberiana, le cui conseguenze potrebbero essere molto gravi per gli ecosistemi marini di quel mare. Da fonti aperte internazionali, apprendiamo che lunedì 15 luglio i terroristi yemeniti hanno colpito la petroliera, usando un’imbarcazione senza equipaggio.
Secondo le notizie diffuse da una non meglio precisata Ong specializzata nella protezione ambientali, l’assalto ha provocato l’apertura di una falla sullo scafo della petroliera che ha, comunque, potuto proseguire la navigazione ma ha conseguentemente riversato una macchia di petrolio stimata in oltre 220 chilometri.
La situazione in quell’area di Mar Rosso è ben nota da tempo e gli attacchi alle navi in transito si sono ripetuti nel corso dei mesi scorsi. La novità negativissima di quest’ultimo attacco è legato alla tipologia di nave scelta: una petroliera a pieno carico e in grado di inquinare, disperdendo il suo petrolio (trasportato nelle cisterne) in mare, su migliaia di kmq di superficie marina.
Ricordiamo che le capacità di intervenire in chiave marine pollution cambating in quell’area sono assai limitate se non del tutto assenti e già nei mesi scorsi abbiamo segnalato l’urgente necessità di costituire un gruppo d’intervento operativo per poter intervenire in situ e cercare di contenere gli effetti nocivi dell’inquinamento.
L’appello che riteniamo doveroso reiterare è rivolto principalmente al neo-costituito Parlamento europeo, invitandolo con ogni consentita urgenza ad attivare tutti i dispositivi antinquinamento di cui dispone l’Unione europea, attraverso la propria agenzia specializzata Emsa (European maritime safety agency), l’unica che, a nostro avviso, possa in tempi brevi armare una task force composta da unità navali specializzate da richiedere agli Stati membri e che siano in grado di intervenire con la necessaria rapidità, sotto il coordinamento dell’Unione europea e richiedendo l’utilizzo di almeno due basi logistiche da richiedere ai paesi limitrofi .
La tutela dell’ambiente marino e la salvaguardia della nostra specie ce lo impongono, al di la di ogni logica di guerra.