«Il decreto Agricoltura è totalmente in contrasto con la Costituzione»
Il disegno di legge recante “disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale” è frutto dell'ennesimo decreto-legge totalmente in contrasto con quanto previsto dalla Carta costituzionale. Il Governo di fatto legifera e il Parlamento deve solo discutere e ratificare quello che il Governo decide.
Questo provvedimento che si chiamava addirittura "decreto agricoltura e imprese strategiche" è poi diventato un provvedimento omnibus, eterogeneo, con cinque capi che disciplinano materie molto diverse tra loro: interventi nel settore agricolo, diffusione delle malattie negli allevamenti; si parla poi di siccità, ma anche di concorrenza, e ancora di Ilva, di imprese di rilevanza strategica a cui si è aggiunto il caporalato. Si tratta di temi molto importanti, anche molto complessi, che avrebbero richiesto una discussione, alcune modifiche e una puntuale risposta.
Noi assistiamo sistematicamente allo svilimento del Parlamento e delle sue funzioni nell'accentramento delle funzioni legislative nel Governo. Non va dimenticato che la tecnica procedurale e legislativa di questo governo consiste nel varare in fretta e furia un provvedimento, spesso inadeguato o insufficiente, per il quale sono necessarie modifiche e integrazioni che vengono approvate nell’unico ramo del Parlamento (quello che ha la fortuna di esaminarlo per primo) legittimato ad intervenire. Già perché nel ramo successivo, come avviene ad esempio alla Camera per questo decreto, non c’è spazio per alcuna modifica. E così ci ritroviamo con un provvedimento già eterogeneo alla nascita, ma arricchito di numerosi innesti su cui non c’è possibilità di esprimere una posizione.
In questo provvedimento, ad esempio, troviamo una norma sulla Xylella fastidiosa (articolo 3, comma 8-bis), su cui avremmo voluto dire qualcosa e fare proposte, perché è un tema di straordinaria importanza. A nostro avviso il Governo avrebbe potuto istituire un fondo, adeguatamente finanziato, finalizzato a salvaguardare la fertilità dei suoli e contrastare la desertificazione dei territori duramente colpiti dalla Xylella, attraverso le una serie di misure: realizzazione di progetti volti alla piantumazione di varietà di olivo resistenti/tolleranti al batterio, al recupero della biodiversità, alla lotta alla desertificazione, all'incremento delle superfici boscate o a macchia mediterranea; incremento dei finanziamenti per la ricerca sulla Xylella fastidiosa, promuovendo lo sviluppo di varietà di ulivo resistenti al batterio e nuove tecniche di contenimento e eradicazione; monitoraggio e controllo fitosanitario, con particolare attenzione alle aree non ancora colpite dal batterio, per prevenire ulteriori diffusioni, incentivi economici e assistenza tecnica agli agricoltori colpiti dalla Xylella, facilitando la riconversione delle colture danneggiate e sostenendo la ripresa delle attività produttive; avvio di campagne informative e di sensibilizzazione rivolte ai cittadini, agli agricoltori e agli operatori del settore agricolo; promozione di un approccio integrato e coordinato nella lotta contro la Xylella, anche attraverso una costante interlocuzione con le regioni interessate, le organizzazioni agricole e i centri di ricerca.
Un altro tema che avrebbe meritato un confronto è l’articolo 5, previsto dal testo iniziale del provvedimento, riguardante la limitazione dell’utilizzo del suolo agricolo per impianti fotovoltaici. La misura in sé potrebbe essere meritevole di attenzione, ma avremmo avuto piacere a poter avviare un dibattito (costruttivo) su come trovare un punto di equilibrio tra gli obiettivi di decarbonizzazione e di produzione di energia rinnovabile che ci siamo dati (anche attraverso impegni a livello internazionale) e la sacrosanta esigenza di salvaguardare i suoli agricoli pregiati e produttivi.
Anche l’articolo 5-bis - introdotto dal Senato e che dispone Misure urgenti per garantire la continuità produttiva agli impianti di biogas e biometano alimentati con biomasse agricole - interviene su una materia di grande interesse sotto il profilo ambientale e che avrebbe meritato una maggiore ponderazione da parte di questa commissione.
Preoccupano inoltre sia le misure, già contenute nel provvedimento, di ampliamento dei poteri del Commissario straordinario alla Peste suina africana (Psa) rafforzando il controllo e facilitando le uccisioni di fauna selvatica, sia le nuove disposizioni introdotte al Senato, che consentiranno di cacciare ai cinghiali di notte e in zone non colpite da Psa e che prevedono lo stanziamento di risorse per impiegare 177 unità militari per necessità di supposta “bio-regolazione”, ossia l’abbattimento dei cinghiali. La militarizzazione degli interventi non è una risposta strategica. Serve professionalità nel rispetto dell'ambiente e nel contenimento degli elementi di contaminazione, altrimenti rischiamo danni peggiori, con la trasmissione della malattia alla filiera suinicola.
Al decreto agricoltura inoltre si è aggiunta l’ennesima norma che riguarda l’Ilva. L'Ilva è una azienda strategica per questo Paese, la cui tematica avrebbe bisogno di una discussione approfondita e non essere oggetto di decretazione. Occorrerebbe riflettere su cosa si voglia fare in merito all'acciaio del nostro Paese; di come si intenda affrontare la riconversione tecnologica e green dell'acciaio. Come si affronta la questione dell’impatto ambientale e sanitario nonché della bonifica?
Non si può, infatti, continuare a chiedere ai cittadini di Taranto se devono scegliere tra avere un posto di lavoro e, nello stesso tempo, magari morire per un tumore, oppure morire di fame perché non hanno più un posto di lavoro. Non spetta ai cittadini compiere questa scelta. I cittadini devono avere la possibilità di avere un lavoro sano in un ambiente sano.
Questo vuol dire affrontare il problema di quale sia l'indirizzo strategico di questa impresa. Come si pensa di rilanciarla: oppure continuiamo a stanziare risorse senza sapere che esse non possono rilanciare l'impresa, ma consentono solo all'impresa di sopravvivere. Questo è il dato, quando si parla di strategia e di indirizzo strategico. Il problema è che il provvedimento non sembra dare risposte in questa direzione.
Riguardo alle misure sulla scarsità idrica, l'articolo in questione sembra quasi una sorta di esortazione che il Governo fa a se stesso e agli organismi che ha creato rispetto alla necessità di individuare le misure più urgenti e di immediata attuazione per contrastare la scarsità idrica. Peccato che queste erano tutte attività che dovevano essere espletate sin dall'emanazione del decreto legge siccità, che risale a 14 aprile dell'anno scorso. Dunque già entro metà maggio dell'anno scorso la cabina di regia avrebbe dovuto effettuare una ricognizione delle opere e degli interventi di urgente realizzazione per far fronte nel breve tempo alla crisi idrica. E in ogni caso su questo tema, il Governo continua ad ignorare che la causa principale della scarsità idrica è il cambiamento climatico, che si ostina a non voler riconoscere chiudendosi in un preoccupante negazionismo.
Secondo l'ultima relazione annuale dell'Arera, nel nostro Paese il 23 per cento delle acque reflue è potenzialmente destinabile al riuso, ma ne viene effettivamente riutilizzato solo il 4 per cento in agricoltura. Questi sono i dati che devono far accendere le lampadine sugli impegni di spesa, e invece qui si va in urgenza a finanziare provvedimenti spot per far passare il messaggio che si lavora al problema della siccità ora con 15 milioni per la Sicilia, dove mancano proprio le infrastrutture e sarebbero necessari interventi ben più significativi.