Rifiuti stabili in Italia e Ue, la strategia europea sull’economia circolare si sta inceppando
Secondo i dati messi in fila dall’ultimo Rapporto rifiuti urbani pubblicato da Ispra, nel 2022 (ultimo dato omogeneo utile) la EU27 continua a produrre oltre 220 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, più o meno quello che produce dal 2019. Per adesso la “strategia circolare” varata dalla Commissione nel 2018, dopo 4 anni, non sembra ottenere grandi risultati in termini di interventi di prevenzione e riduzione.
Il dato dei vari Paesi è fortemente disomogeneo: intorno alle media europea di 500 kg/ab/anno si distribuiscono dati molto estremi, l’Austria con oltre 800 kg e la Romania con 284. L’Italia sta sotto la media, con il suo 440. Alcuni Paesi continuano ad aumentare la produzione annuale (Bulgaria, Croazia, Lettonia, Polonia), altri diminuiscono (Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Francia). Non è facile individuare delle correlazioni, anche se più o meno i Paesi più ricchi sembrano in fase di riduzione e quelli meno ricchi sembrano ancora in fase di aumento. La decrescita media sembra comunque ancora molto lenta.
Altrettanto lento il percorso verso la circolarità. La discarica è ferma da tre anni al 24% del totale, il riciclo delle frazioni secche fermo al 31%, il riciclo della frazione organica aumenta di due punti (dal 17 al 19%), il recupero energetico scende dal 27% al 26%. Tutto quasi fermo, quindi. Anche da questa angolatura le differenze fra i vari Paesi sono gigantesche; nell’uso della discarica si va da 0-2% di discarica di Svezia, Danimarca, Belgio e Germania, al 79% di Romania, 58% Bulgaria, 62% Croazia. Paesi importanti come la Spagna, l’Ungheria e la Polonia continuano ad usare la discarica per il 40-50% dei loro rifiuti.
Nel riciclo si va dal 62% di Austria al 6% di Bulgaria (per non parlare di Malta). Nel recupero energetico si va dal 56% della Finlandia, al 3% della Bulgaria (e 0% della Croazia). Lo sforzo di riallineamento quindi verso gli obiettivi di riciclo e discarica è ancora enorme.
Il quadro europeo medio andrebbe guardato e analizzato con attenzione. I progressi in termini di efficienza (riduzione) e circolarità (riciclo) sono e continuano ad essere molto lenti. Continuiamo a produrre una enormità di scarti, 220 milioni di tonnellate, altro che “rifiuti zero”. Di questo passo poi non sarà possibile raggiungere i target di riciclo (cresce dell’1% all’anno, è al 50% e deve arrivare al 55% del 2025 e al 65% nel 2035) e di discarica (non si riduce ed è al 24%, deve arrivare al 10% nel 2035). Serve un cambio di ritmo e probabilmente questo potrà essere possibile introducendo strumenti economici europei potenti che stimolino le varie fasi del recupero, e una politica industriale europea per l’assorbimento dei materiali riciclati. La nuova Commissione speriamo che aggiorni la strategia.
E in Italia?
Dal 2012 i rifiuti urbani sono “congelati” intorno a 29-30 milioni di tonnellate. Si muove poco o niente da oltre un decennio.
Dal 2012 invece una cosa è cambiata: dovevamo raggiungere il 65% di raccolta differenziata in quell’anno e invece l’abbiamo raggiunto nel 2022, dieci anni dopo. Siamo stati lenti nel raggiungere l’obiettivo o avevamo sbagliato le previsioni? Nel 2012 la raccolta differenziata era al 40% a scala nazionale, siamo arrivati al 65 % (25 punti in più) nel 2022, 2,5 punti di crescita media all’anno.
In fondo è un ottimo risultato; purtroppo non si dispone di dati europei sulle raccolte differenziate, ma nel 2023 con il suo 66,6% di raccolta l’Italia è probabile sia uno dei Paesi Ue con il miglior risultato.
Anche i differenziali regionali si sono ridotti. Nel 2012, i dati erano 52,7% nord, 33,1% centro, 26,5% Sud (la metà del nord). Nel 2023 i dati sono: 73,4 nord, 62,3% centro, 58,9% sud. Centro e sud hanno raddoppiato le proprie performance in 11 anni, e si stanno avvicinando ai valori del nord.
Un bilancio quindi è possibile farlo: le politiche sulle raccolte differenziate hanno funzionato in Italia negli ultimi 15 anni, ma segnalano due problemi.
Siamo il Paese con una delle migliori raccolte differenziate della frazione organica in Europa, con quasi 7,5 milioni di tonnellate. Siamo il Paese con la migliore raccolta differenziata degli imballaggi, e grazie al sistema consortile abbiamo già raggiunto gli obiettivi di riciclo al 2024 e 2030 (esclusa la plastica).
Il primo problema riguarda la riduzione d’incremento delle regioni virtuose: il nord Italia, ormai stabilmente sopra il 75% di raccolta differenziata, sembra essere vicino al punto di saturazione, con un aumento contenuto negli ultimi 4 anni. Un dato che il prof. Massarutto, nel suo interessante articolo su Astrolabio, riconduce ad “rendimenti decrescenti” nelle raccolte differenziate: oltre un certo livello (più o meno il 75% di media regionale) all’aumento marginale di raccolta differenziata corrisponde un decremento della qualità ed un aumento dei costi unitari oltre un limite ragionevole.
Il secondo problema che i numeri di Ispra si segnalano riguarda differenziate fra tasso di raccolta differenziata (66,6%) e tasso di riciclo (50,4%), ovvero si ricicla il 76% di quanto raccolto (in realtà un po’ meno perché il tasso di riciclo considera anche quote anche se non grandi di riciclo post impianto). Quando la raccolta differenziata era al 50% (2015-16) il coefficiente di riciclo era l’88-89%, da anni è stabile intorno al 76-78%.
Il tasso di scarto, specie nella frazione organica, sembra aumentare o non diminuire col crescere delle raccolte differenziate e la crescente richiesta di qualità da parte delle filiere consortili degli imballaggi e dal mercato del compost.
Questi due problemi dovrebbero far riflettere sulle prospettive dei prossimi anni, in vista degli obiettivi di riciclo del 55% al 2025, del 60% al 2030 e del 65% al 2035. Probabilmente non sarà sufficiente né portare tutto il Paese ai livelli di raccolta differenziata del nord, né ridurre il quantitativo di scarti. Occorrerà rivedere la Decisione di esecuzione della commissione del 2019 che definisce la metodologia di calcolo del riciclo ai fini della certificazione del raggiungimento dei target. Oggi il metodo premia le raccolte differenziate e molto poco i recuperi post impianto (Fos a copertura di discarica, ceneri di incenerimento) e il riciclo chimico. Difficile raggiungere gli obiettivi senza considerare tutti i possibili flussi di riciclo, e non solo quelli derivanti dalla raccolta differenziata.