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La transizione energetica globale sta rallentando. E l’Italia fa passi indietro

L’Europa meglio degli altri, ma l’Italia è solo 41esima nell’indice del World Economic Forum
 |  Green economy

Secondo il 14esimo rapporto “Fostering Effective Energy Transition 2024” pubblicato dal World Economic Forum in collaborazione con Accenture, «La transizione energetica globale verso un sistema energetico più equo, sicuro e sostenibile sta ancora progredendo, ma ha perso slancio di fronte alla crescente incertezza a livello mondiale. Sebbene 107 dei 120 Paesi presi in esame nel rapporto abbiano dimostrato di aver compiuto progressi nel loro percorso di transizione energetica nell’ultimo decennio, il ritmo complessivo della transizione è rallentato e il bilanciamento delle sue diverse sfaccettature rimane una sfida fondamentale. La volatilità economica, le accresciute tensioni geopolitiche e i cambiamenti tecnologici hanno avuto un impatto, compromettendone la velocità e la traiettoria. Tuttavia, c’è qualche motivo di ottimismo, grazie all’aumento degli investimenti globali nelle energie rinnovabili e alla crescita significativa delle prestazioni della transizione energetica nell’Africa sub-sahariana nell’ultimo decennio».

IL rapporto utilizza l’Energy Transition Index (ETI) per valutare 120 Paesi in base alle prestazioni dei loro attuali sistemi energetici, con particolare attenzione all’equilibrio tra equità, sostenibilità ambientale e sicurezza energetica, e alla loro preparazione alla transizione. L’Italia ne esce malissimo, con una delle peggiori performance dei Paesi europei e sviluppati, al 41esimo posto con un ETI del 59,7, una System Performance del 62, 7 e una Transition Readiness del 55,2.

Siamo lontanissimi dal resto dei Paesi europei più avanzati che continuano a guidare la classifica ETI, con la top 10 per il 2024 interamente composta da Paesi del nostro continente: Svezia (78 ETI), Danimarca (75) e Norvegia (75 guidano la classifica e hanno occupato i primi tre posti ogni anno nell’ultimo decennio. Seguono Finlandia (75), Svizzera (73) e Francia (71) e il rapporto evidenzia che «Questi Paesi beneficiano di un elevato impegno politico, di forti investimenti in ricerca e sviluppo, di una maggiore adozione di energia pulita - accelerata dalla situazione geopolitica regionale, dalle politiche di efficienza energetica e dal prezzo del carbonio. La Francia è una nuova entrata nella top five, grazie alle recenti misure di efficienza energetica che hanno ridotto l’intensità energetica nell’ultimo anno».

Tra le economie del G20, la Germania (11esima), il Brasile (12esimo), il Regno Unito (13esimo), la Cina (17esima) e gli Stati Uniti (19esimi) si uniscono alla Francia nella top 20 dell’ETI, insieme alle new entry Lettonia (15) e Cile (20), che sono state favorite dall’aumento della capacità di energia rinnovabile.

IL wef ricorda che «La Cina e il Brasile hanno compiuto progressi significativi negli ultimi anni, soprattutto grazie alle iniziative a lungo termine per incrementare la quota di energia pulita e migliorare l’affidabilità della rete. L’impegno costante del Brasile nel settore dell’energia idroelettrica e dei biocarburanti, i recenti progressi nel settore dell’energia solare e le iniziative volte a creare nuove opportunità sono stati fondamentali per attirare gli investimenti. Nel 2023, la Cina ha anche aumentato in modo significativo la sua capacità di produzione di energia rinnovabile e ha continuato a crescere e a investire nella sua capacità produttiva in tecnologie pulite come batterie per veicoli elettrici, pannelli solari, turbine eoliche e altre tecnologie critiche. La Cina, insieme agli Stati Uniti e all’India, è anche leader nello sviluppo di nuove soluzioni e tecnologie energetiche».

Il gap  nei punteggi complessivi dell’ETI tra le economie avanzate e quelle in via di sviluppo si è ridotto e il rapporto fa notare che «Il  “centro di gravità” della transizione si sta spostando verso i Paesi in via di sviluppo. Tuttavia, gli investimenti in energia pulita continuano a concentrarsi nelle economie avanzate e in Cina. Ciò evidenzia la necessità di un sostegno finanziario da parte dei Paesi avanzati per facilitare una transizione energetica equa nei Paesi emergenti e in via di sviluppo e di una politica lungimirante in tutti i Paesi per favorire condizioni di investimento davvero favorevoli. Poiché non esiste una soluzione universale, le politiche potrebbero essere adattate alle esigenze specifiche di ciascun Paese, in base a fattori quali il livello di reddito, le risorse e le esigenze energetiche nazionali e il contesto regionale».

Espen Mehlum, responsabile del settore Energy Transition Intelligence and Regional Acceleration del Wef ha commentato: «L’Indice di transizione energetica di quest’anno trasmette un messaggio chiaro: è necessaria un’azione urgente. I responsabili delle decisioni a livello globale devono compiere passi coraggiosi per riguadagnare slancio nella transizione verso un futuro energetico equo, sicuro e sostenibile. Si tratta di un aspetto cruciale per le persone, per le intere economie e per la lotta al cambiamento climatico».

Roberto Bocca, responsabile del Centre for Energy and Materials del Wef ha concluso: «Dobbiamo garantire che la transizione energetica sia equa, nelle economie emergenti così come in quelle sviluppate. Trasformare il modo in cui produciamo e consumiamo energia è fondamentale per il successo. Dobbiamo agire con urgenza su tre leve fondamentali per la transizione energetica: riformare l’attuale sistema energetico per ridurne le emissioni, implementare soluzioni energetiche pulite su scala e ridurre l’intensità energetica per unità di PIL».

Redazione Greenreport

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