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Giù le mani dalla dieta mediterranea!

L’appello della Coldiretti per salvaguardare l’economia delle campagne, la salute pubblica e l’ambiente
 |  Enogastronomia moda turismo

Servono, sempre di più, sentinelle delle parole. La cultura prevalente – chedomina grazie ai sostegni del potere economico – tende ad impossessarsi,sempre più spesso,delle parole che appartengono allatradizione e alla resistenza. Rischiamo, così, di subire il furto delle parole legate alla dieta mediterranea, riconosciuta dall’Unesco, con decisione unanime del 16 novembre 2010, come bene protetto e inserita nella lista dei patrimoni orali e immateriali dell’umanità. Questa esemplare dichiarazione ha accompagnato quella scelta:

"La dieta mediterranea costituisce un insieme di abilità, conoscenze, pratiche e tradizioni che spaziano dal paesaggio alla tavola, che comprendono le coltivazioni, il raccolto, la pesca, la conservazione, lavorazione, la preparazione e, in particolare, il consumo degli alimenti. La dieta mediterranea è caratterizzata da un modello nutrizionale che è rimasto costante nel tempo e nello spazio, che consiste principalmente di olio d’oliva, cereali, frutta e verdura fresca o secca, una quantità moderata di pesce, latticini e carne, e molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, nel rispetto delle credenze di ogni comunità. Tuttavia, la dieta mediterranea (dal greco diaita, o stile di vita) riguarda più che i semplici alimenti. Essa promuove l’interazione sociale, dal momento che i pasti comuni rappresentano la pietra angolare delle usanze sociali e degli eventi festivi. Essa ha dato origine a un considerevole corpo di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. Si tratta di un sistema radicato nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e artigianali legate alla pesca e all’agricoltura nelle comunità mediterranee, di cui Soria in Spagna, Koroni in Grecia, il Cilento in Italia e Chefchaouen in Marocco sono esempi. Le donne rivestono un ruolo particolarmente vitale nella trasmissione delle competenze, nonché della conoscenza di rituali, gesti e celebrazioni tradizionali, e nella salvaguardia delle tecniche".

È un importantissimo riconoscimento, che corona il sogno di un sindaco pescatore, di un eroe civile come Angelo Vassallo. Da quel giorno Pollica, il Cilento, l’Italia, sono stati ancora più al centro delle politiche dell’alimentazione rafforzando il valore della dieta mediterranea, che da sette anni consecutivi viene considerata come la migliore dieta al mondo dalla Best diets overall di U.S. News & World report.

La dieta mediterranea non è, però, una prescrizione, un elenco di regole e di ingredienti. Èun modello nutrizionale generato dal dialogo millenario tra le donne, gli uomini, il clima, il terreno, i bisogni, la fame, la festa, il piacere della convivialità, il lavoro fisico, la consapevolezza che la salute – la propria e quella delle altre forme di vita – si costruisce, giorno per giorno, con i gesti semplici e regolari che si accompagnano ai ritmi della natura.

Quello che Ancel Keys descrisse e codificò negli anni Cinquanta del XX secolo, era- e continua ad essere - uno stile di vita, che si è affermato in netta antitesi (e, chiaramente, in termini molto più salutari) rispetto ai modelli alimentari dettati dal benessere, ricchi di zuccheri, grassi, proteine animali e alimenti altamente processati che, invece,si sono imposti lontano dalle sponde del Mediterraneo.

Tutto bene, dunque? No. Mai come oggi la dieta mediterranea è sotto attacco. Un gruppo di multinazionali che in Italia è rappresentato da UnionFood, con al traino Confagricoltura, sta cercando di svilire questo patrimonio. Si tratta dei grandi colossi del cibo omologato: come Unilever[1], che ha, da tempo, annunciato di aver avviato progetti per la produzione di latte e prodotti lattiero caseari artificiali, il cui primo uso dovrebbe riguardare il comparto dei gelati; Mondelez[2], uno dei maggiori produttori al mondo di snack, merendine e caramelle che ha investito in una start-up israeliana per la produzione di cacao sintetico a base cellulare;Lactalis[3], la prima destinataria in Italia di un provvedimento sanzionatorio per aver contravvenuto alla direttiva sulle pratiche sleali e Nestlè[4], tra i principali sostenitori del Nutri-score, il sistema delle etichette a semaforo che avrebbe come risultato, per esempio,  l’indicazione dell’olio extravergine di oliva come alimento dannoso per la salute (essendo composto al 100% da grassi).

Cosa c’entra tutto questo con la dieta mediterranea? Nulla. Eppure, quelle multinazionali hanno creato un’associazione e l’hanno chiamata “Mediterranea”: già con il suo nome inganna i consumatori e, in più, viene usata come foglia di fico per sostenere il falso made in Italy costruito approfittando dell’origine doganale.

Come possono queste multinazionali del cibo cellulare e omologato pretendere di rappresentare i valori della dieta mediterranea? E come mai proprio costoro, promotori di un’alimentazione totalmente contraria ad ogni principio della prossimità e della identità dei territoriprovano a confondere il pubblico dei consumatori riunendosi in un’associazione che si chiama Mediterranea?

È un trucco di marketing vecchio come il mondo o, quanto meno come il mondo industrializzato: prima, si prova a sconfiggere il rivale culturale sul mercato, indicando tutto ciò che appartiene alla tradizione come obsoleto, difficile da imparare, troppo bisognoso di tempo e competenze per una attitudine davvero moderna.Ma se tutto questo non funziona e se, nonostante l’invasione di cibo ultra-processato, troppo grasso, troppo dolce, di pessima qualità nutrizionale e, quindi, a prezzi altamente competitivi rispetto al cibo sano, le nostre mamme insistono a voler condurre uno stile di vita ragionevole, cucinando in modo salutare e frequentando i mercati dei contadini, allora, le multinazionalisfoderano la carta estrema: ve la facciamo noi la dieta mediterranea, lasciate fare a noi!

Per portare a termine l’operazione, il primo passo necessario è il furto di parole. Così come è successo con naturale, genuino, tradizionalee, oggi, sostenibile, la cultura dominante, una volta chiaro che il proprio vocabolario non sia sufficientemente attrattivo per una consistente fascia di pubblico, si impossessa delle alternative di senso.

Ma il fronte delle organizzazioni di categoria, delle associazioni dei consumatori e dei produttori, dei movimenti ambientalisti e delle organizzazioni che si occupano di cultura del cibo, è compatto e attentissimo. Ha al proprio attivo anni di azioni e riflessioni mirate a recuperare, costruire, rinsaldare e divulgare quella cultura alimentare che pareva perduta e la cui erosione, dal secondo dopo guerra agli ultimi anni del Novecento, ha spianato la strada e il mercato proprio alle multinazionali che per non perdere la guerra, provano a travestirsi da alleati. Lupi della favola di Cappuccetto rosso. Quel fronte è pronto a sorvegliare sulle parole e sulla sostanza della dieta mediterranea, per salvaguardare l’economia delle campagne, la salute pubblica e l’ambiente: giù le mani dalla dieta mediterranea!

di Coldiretti

[1]https://www.efanews.eu/item/27705-unilever-sperimenta-il-latte-senza-mucche.html

[2]https://www.foodnavigator.com/Article/2024/05/06/what-snacks-does-mondelez-want-to-invest-in

[3]https://agricolae.eu/lactalis-scatta-la-prima-sanzione-a-italatte-per-pratiche-sleali-eccola-ora-in-gioco-risarcimento-a-imprese-agricole/?print=print

[4]https://www.nestle.com/ask-nestle/health-nutrition/answers/nestle-nutri-score

Redazione Greenreport

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