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Bisogna rimodulare gli incentivi che promuovono pratiche distruttive della natura

Con l’agricoltura sostenibile benefici per 10mila miliardi di dollari l’anno

Il sistema alimentare globale ha in mano il futuro dell’umanità sulla Terra
 |  Enogastronomia moda turismo

Mentre la protesta dei trattori conquista strade, giornali e trasmissioni televisive, il sistema agroalimentare è diventato un tema molto sentito dall’opinione pubblica. Ma tra le richieste della “protesta dei trattori” c’è anche l’annullamento del “green corridor” accusato di facilitare l’importazione di prodotti da Paesi che non rispettano le norme fito-sanitarie europee. E’ il tema centrale del Global Polcy Report “The economics of the food system transformation”, pubblicata il 31 gennaio dalla Food system economics comission (FSEC),  che  sostiene che il passaggio verso un sistema alimentare globale più sostenibile potrebbe generare fino 10mila miliardi di dollari all'anno di benefici migliorando, al contempo, la salute umana e l’attività di lotta alla crisi climatica.

Si tratta della più completa analisi economica del suo genere e l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) la rilancia in Italia evidenziando che «Secondo lo studio gli attuali sistemi alimentari distruggono più valore di quanto ne creino a causa delle esternalità negative che alimentano. Si tratta di costi ambientali e sanitari “nascosti” che vengono generati per le logiche di profitto di breve termine».

Uno degli autori dello studio, Steven Lord dell'Environmental change institute dell'università di Oxford, sottolinea che «Questa analisi fornisce una prima cifra sulle opportunità economiche regionali e globali nella trasformazione dei sistemi alimentari. Sebbene non sia facile, la trasformazione è conveniente su scala globale, dato che i costi del non fare nulla rappresentano un considerevole rischio economico».

Un altro autore dello studio,  Johan Rockström  direttore  del Potsdam-Instituts für Klimafolgenforschung (PIK) e della FSEC, ricorda che «I costi dell’inazione volta a trasformare un sistema alimentare ormai fallito supereranno probabilmente le stime contenute in questa valutazione, dato che il mondo continua ad andare  rapidamente su una strada estremamente pericolosa. E’ probabile che non solo supereremo il limite di 1,5° C, ma dovremo anche affrontare decenni di superamento. L’unico modo per tornare agli 1,5° C è eliminare gradualmente i combustibili fossili, mantenere la natura intatta e trasformare i sistemi alimentari da fonte a serbatoio di gas serra. Il sistema alimentare globale ha quindi in mano il futuro dell’umanità sulla Terra».

Il rapporto fornisce il modello più completo degli impatti di due futuri possibili per il sistema alimentare globale: il percorso delle e il percorso “Food System Transformation”. Nel suo percorso “Current Trends”, il rapporto delinea cosa accadrà entro il 2050, anche se i politici manterranno tutti gli impegni attuali: «L’insicurezza alimentare lascerà ancora 640 milioni di persone (compresi 121 milioni di bambini) sottopeso in alcune parti del mondo, mentre l’obesità aumenterà del 70% a livello globale. I sistemi alimentari continueranno a causare un terzo delle emissioni globali di gas serra, che contribuiranno a un riscaldamento di 2,7 gradi entro la fine del secolo rispetto ai periodi preindustriali. La produzione alimentare diventerà sempre più vulnerabile ai cambiamenti climatici, con la probabilità che si verifichi un drammatic aumento degli eventi estremi».

Ma la FSEC è convinta che il sistema alimentare possa invece fornire un contributo significativo alle economie e portare a  soluzioni alle sfide sanitarie e climatiche. Nel percorso di “Trasformazione del sistema alimentare”, gli economisti dimostrano che «Entro il 2050 politiche e pratiche migliori potrebbero portare all’eliminazione della sottonutrizione e a salvare complessivamente 174 milioni di vite dalla morte prematura dovuta a malattie croniche legate all’alimentazione. I sistemi alimentari potrebbero diventare pozzi netti di carbonio entro il 2040, contribuendo a limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 gradi entro la fine del secolo, proteggendo ulteriori 1,4 miliardi di ettari di terreno, dimezzando qusi il surplus di azoto proveniente dall’agricoltura e invertendo la perdita di biodiversità. Inoltre, 400 milioni di lavoratori agricoli in tutto il mondo potrebbero godere di un reddito sufficiente».

E’ questo il nocciolo dello scontro sottaciuto da chi protesta e soprattutto da chi politicamente fa una cosa e poi ne dice un’altra. Come spiega Hermann Lotze-Campen, commissario FSEC e capo del dipartimento di ricerca Resilienza climatica al PIK, «Il costo per realizzare questa trasformazione – stimato nell’equivalente dello 0,2 - 0,4% del PIL globale all’anno,  è piccolo rispetto ai benefici multimiliardari che potrebbe portare. I sistemi alimentari rappresentano uno strumento straordinariamente potente per affrontare allo stesso tempo le emergenze climatiche, naturali e sanitarie globali, offrendo allo stesso tempo una vita migliore a centinaia di milioni di persone»

Ottmar Edenhofer , direttore del PIK e co-presidente FSEC, aggiunge: «Piuttosto che ipotecare il nostro futuro e accumulare costi crescenti che porterebbero a elevati costi nascosti per la salute e l’ambiente che dovremo pagare in futuro, i politici devono affrontare la sfida del sistema alimentare a testa alta e apportare cambiamenti che raccoglieranno enormi benefici a breve termine. e vantaggi a lungo termine a livello globale. Questo rapporto dovrebbe aprire un dibattito tanto necessario tra le principali parti interessate su come possiamo accedere a tali benefici senza lasciare indietro nessuno».

Per rendere questo futuro più prospero e inclusivo l’analisi avanza una serie di proposte per riorientare il sistema alimentare, trale quali l’ASviS segnala  «La rimodulazione degli incentivi fiscali, dato che come sono concepiti partecipano a rendere distruttive le pratiche basate sulla monocultura su larga scala, rea di utilizzare non solo troppi fertilizzanti e pesticidi, ma anche di attivare lesive pratiche di disboscamento. Per questo motivo gli incentivi finanziari dovrebbero essere indirizzati verso piccoli agricoltori in grado di trasformare le fattorie in “serbatoi” di carbonio utili all’assorbimento dei gas serra, dando così sempre più spazio alla fauna selvatica. Altro elemento chiave è dato dalla trasformazione degli stili di vita. Una dieta maggiormente focalizzata sui prodotti vegetali sarebbe infatti un toccasana anche per la natura. Non vanno poi dimenticati gli investimenti da dedicare a nuove tecnologie efficienti sia per la produzione e sia per il taglio delle emissioni».

Redazione Greenreport

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