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«I vini Ue possono essere rossi, bianchi o rosati ma i metodi di viticoltura sono raramente “verdi”»

Il retrogusto amaro della politica vitivinicola dell’Ue

Corte dei conti europea: non consente di raggiungere gli obiettivi ambientali e non è mirata alla competitività del settore
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L’Unione europea è il maggior produttore, consumatore ed esportatore mondiale di vino. Nel 2022 nell’Ue c’erano 2,2 milioni di aziende vinicole ed i vigneti coprivano circa il 2 % della superficie agricola utilizzata. Circa l’80 % del vino prodotto nell’Ue proviene da Italia, Francia e Spagna. I viticoltori e i produttori vinicoli sono ammissibili al sostegno finanziario della Politica agricola comune (PAC), che può consistere in un sostegno specifico nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati del vino (principalmente attraverso i programmi nazionali di sostegno), ma anche in pagamenti diretti, sostegno alle misure di sviluppo rurale e/o misure di promozione orizzontali. Il settore vitivinicolo dell’Unione europea è fortemente regolamentato e sostenuto. I viticoltori ricevono dall’Ue circa 500 milioni di euro all’anno per ristrutturare i vigneti ed diventare più, per consentire una crescita controllata della produzione potenziale (un aumento annuo massimo dell’1 %), evitando un eccesso di offerta.

Ma la relazione speciale  “Misure di ristrutturazione e autorizzazioni all’impianto di vigneti nell’UE – Impatto poco chiaro sulla competitività e modesta ambizione ambientale” della Corte dei conti europea demolisce impietosamente quello che, visto da fuori, sembra un quadro virtuoso.

Joëlle Elvinger, responsabile dell’audit sulla politica vitivinicola Ue, sottolinea che «Sviluppare la competitività del settore vitivinicolo è essenziale e particolarmente pertinente ai fini dell’Ue, ma dovrebbe andare di pari passo con una maggiore attenzione alla sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda entrambi gli obiettivi, possiamo quanto meno affermare che l’azione dell’Ue non abbia ancora prodotto i risultati sperati».

E gli  auditor dell’Ue rincarano la dose: «I vini Ue possono essere rossi, bianchi o rosati ma i metodi di viticoltura sono raramente “verdi”. Nostante l’entità dei finanziamenti in gioco, la politica vitivinicola dell’Ue non ha fatto molto per l’ambiente. In particolare, la misura che offre la possibilità di ristrutturare i vigneti dimostra scarsa attenzione per gli obiettivi di natura ambientale. In pratica, le risorse dell’UE non sono state indirizzate verso progetti volti a ridurre l’impatto della viticoltura sul clima e/o sull’ambiente. Anzi, tale misura potrebbe aver sortito l’effetto opposto, come il passaggio a varietà di viti che necessitano più acqua. Analogamente, l’aumento dell’1 % della superficie viticola, esteso per ulteriori 15 anni (fino al 2045), non è mai stato valutato sotto il profilo ambientale».

Il futuro non sembra più roseo: per la Corte dei conti europea, «Nella nuova politica agricola comune (PAC), le ambizioni ambientali per il settore vitivinicolo restano limitate. In passato, la Corte dei conti europea ha raccomandato di collegare esplicitamente i pagamenti a favore degli agricoltori – compresi quelli per i viticoltori –al rispetto di requisiti ambientali. Nella nuova PAC, invece, tali requisiti per l’erogazione dei finanziamenti destinati alle ristrutturazioni sono stati aboliti. Inoltre, gli Stati membri dell’UE saranno tenuti destinare solo un modesto 5 % delle risorse stanziate per il settore vitivinicolo ad azioni relative ai cambiamenti climatici, all’ambiente e alla sostenibilità. A giudizio della Corte, tale percentuale del 5 % è piuttosto esigua considerato che, nell’ambito di una PAC più verde, il 40 % di tutta la spesa dovrebbe essere diretta a obiettivi collegati al clima».

Non è stato conseguito neanche l’obiettivo di rendere i viticoltori più competitivi: «Nei cinque Paesi sottoposti a audit, i progetti sono finanziati indipendentemente dal loro contenuto o dal loro livello di ambizione, e senza tener conto di criteri per aumentare la competitività. Anche cambiamenti non strutturali o normali rinnovi dei vigneti sono finanziati, benché tali azioni non siano ammissibili a ricevere finanziamenti. I beneficiari non sono neanche tenuti a comunicare in che modo l’attività di ristrutturazione abbia accresciuto la loro competitività. Inoltre, né la Commissione europea né gli Stati membri valutano in che modo i progetti sostenuti contribuiscano effettivamente a rendere i viticoltori più competitivi».

Lo stesso vale per il sistema di autorizzazione degli impianti: «In primo luogo, l’aumento annuale massimo dell’1 % è stato proposto e adottato senza alcuna giustificazione, o senza che sia stata eseguita un’analisi della sua opportunità e pertinenza. In secondo luogo, nel concedere tali autorizzazioni solo alcuni criteri di ammissibilità e di priorità sono presi in considerazione».

Redazione Greenreport

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