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Mnangagwa rivince le elezioni nello Zimbabwe. L’opposizione: ancora una volta un voto truccato

Un Paese piegato dal cambiamento climatico e dalla povertà che non riesce a liberarsi della gerontocrazia dello ZANU-PF
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Il 23 agosto, i cittadini dello Zimbabwe sono andati a votare, ma in alcune zone, tra cui la capitale Harare, le votazioni hanno dovuto essere prolungate fino a giovedì a causa della mancanza di schede elettorali.

Secondo i risultati annunciati il 26 agosto, con poco il 52,6% dei voti, il presidente uscente, l’80enne Emmerson Mnangagwa, si è assicurato un secondo mandato di 5 anni  grazie ai risultati annunciati sabato sera. Il candidato dell'opposizione, il 45enne Nelson Chamisa, ha ricevuto il 44% dei voti, ma la sua Citizens Coalition for Change (CCC) ha subito definito truccati i risultati del voto e parla di diffusi brogli e intimidazioni.

Il partito di Mnangagwa, lo Zimbabwe African National Union – Patriotic Front (ZANU-PF), è al potere dal 1980, dopo la fine del dominio della minoranza bianca in quella che era la Rhodesia razzista. Mnangagwa è salito al potere dopo il colpo di stato militare del 2017, che ha spodestato l’eterno e vecchissimo Robert Mugabe, leader dello Zimbabwe per quasi quattro decenni. Ma Mnangagwa, che è stato eletto ufficialemnte nelle elezioni del 2018, era il vicepresidente di Mugabe in quelle che anche allora sembrarono elezioni segnate da forti brogli e poi ha perpatuato lo stile di governo autoritario del suo predecessore, in un Paese poverissimo, devastato dal cambiamento climatico e dall’emigrazione e dove le risorse minerarie e agricole sono nelle mani dei veterani della guerra di liberazione e dei fedelissimi dello ZANU-PF. Il sogno socialista dell’indipendenza si è trasformato in una gerontocrazia cleptocratica.

Che le elezioni non siano state il massimo della democrazia lo ha denynciato ante il segretario generale dell’Oni António Guterres che si è detto «Preoccupato per l'arresto di osservatori elettorali, le denunce di intimidazioni agli elettori, minacce di violenza, molestie e coercizione».

In una dichiarazione diffusa dall’Onu si legge che «Il Segretario generale invita i leader politici e i loro sostenitori a respingere ogni forma di violenza, minaccia di violenza o incitamento alla violenza e a garantire che i diritti umani e lo stato di diritto siano pienamente rispettati. Il Segretario Generale invita gli attori politici a risolvere pacificamente qualsiasi controversia attraverso i canali legali e istituzionali stabiliti, ed esorta le autorità competenti a risolvere qualsiasi controversia in modo equo, rapido e trasparente per garantire che i risultati riflettano fedelmente la situazione volontà del popolo».

Ma o ZANU-PF ha ringraziato i sostenitori e salutando i risultati come «Una meritata vittoria” del presidente. Continueremo a raggiungere i nostri obiettivi mentre marciamo verso la Vision 2030».

La CCC ha invece denunciato che «Le elezioni sono state  falsate dalla soppressione del voto e da abusi eclatanti» e ha avviato un audit indipendente sul conteggio dei voti.

Anche gli osservatori internazionali hanno denunciato irregolarità durante il voto, a partit re dalla mancata consegna delle schede elettorali in molti seggi e al prolungamento delle votazioni rispetto a quanto previsto.

La campagna elettorale si era incentrata su questioni sociali, la  corruzione e disoccupazione e il uturo politico del Paese dopo il colpo di stato militare del 2017 che ha spodestato l’eterno Mugabe ma non l’altrettanto eterna gerontocrazia dello ZANU-PF che continua a stringere col suo pugno di ferro un Paese ridotto in polvere dalla siccità e sferzato e allagato dagli uragani, dal quale si fugge per cercare speranza in Sudafrica o in altri Paesi confinanti.

Redazione Greenreport

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