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Argentina: assassinato un altro giovane mapuche che difendeva la sua terra ancestrale

Scontri e tensioni nel sud dell’Argentina. I sicari erano vestiti con abiti civili ma sono entrati indisturbati in un territorio circondato dalla polizia
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Cinque giorni dopo l’anniversario della morte Rafael Nahuel, avvenuta sulle rive del lago Mascardi, nel 2017, un altro giovane attivista mapuche, il 29venne Elías Garay, è stato assassinato e un altro indigeno è rimasto gravemente ferito in un attacco armato avvenuto il 21 novembre a Cuesta del Ternero a El Bolsón, nel Rio Negro, per cercare di mettere a tacere le comunità indigene della Patagonia che cercano di riprendersi  i loro territori ancestrali. L'attacco contro gli attivisti mapuche  avvenuto quando due uomini armati, vestiti in abiti civili, sono entrati nella proprietà di Cuesta del Ternero, dove la comunità Mapuche Quemquemtrew sta attuando dal 18 settembre un presidio per rientrare in possesso di un loro territorio ancestrale: Tapera de los Álamos, 90 chilometri a sud di Bariloche.  Un accampamento che da  52 giorni è assediato dalla polizia provinciale. E 48 ore fa è stato allestito un campo umanitario nei pressi del commissariato di Cuesta del Ternero. Intervistato da Patricia Chaina di Página 12, Orlando Carriqueo, leader della Coordinadora Mapuche Tehuelche, denuncia che «Questo è esattamente quel che accade oggi. Mentre  la polizia continua a circondare un territorio recuperato e nessuno può entrare, né con cibo né con ripari, sono comparse due persone armate, e questo non ha spiegazione».

Luis Pilquiman, dell’Instituto Nacional de Asuntos Indígenas (INAI), conferma: «Quasi due mesi fa, il governo provinciale ha creato posti di blocco della polizia sul territorio e non lasciano passare le persone. Ci aspettavamo che ora iniziasse un'istanza di dialogo e accade il contrario, inizia l'aggressione». Per Pilquiman nella vicenda esiste comunque una forma di violenza istituzionale: «C'è una responsabilità del governo provinciale per aver isolato la gente e per non aver organizzato un dialogo per risolvere la situazione».

Non a caso, Pilquiman parlava da un altro accampamento. quello che le organizzazioni indigene hanno realizzato più di 2 settimane fa di fronte al Congreso de la Nación e il 23 novembre è stato chiesto al governo centrale argentino di prorogare la  Ley 26.160 de Relevamiento Territorial che consente la sospensione degli sgomberi nei territori di conflitto e alle comunità di trattare sulla loro proprietà con lo Stato. Pilquiman  fa notare che il governo «Era stato avvertito dalle organizzazioni indigene e per i diritti umani che poteva verificarsi una situazione di violenza e sappiamo già che, in queste situazioni, i morti sono dalla nostra parte, dalla parte mapuche». Nonostante che l'isolamento, imposto dall'assedio della polizia abbia impedito fino a metà pomeriggio di domenica - l'assassinio è avvenuto  intorno alle 15,30 - che si potesse saperne di più sull'accaduto, l'aggressione è stata resa pubblica da APDH Chubut e dalla Liga Argentina por los Derechos Humanos  che sono state tra le prime organizzazioni a mostrare solidarietà alle vittime.  Gli indios assediati dicono che «Domenica alle 15:20  abbiamo visto  un drone sorvolare il territorio. Era già conosciuto, perché di solito è utilizzato dalla polizia del Río Negro» e le prime informazioni parlavano di un’operazione contro i mapuche condotta dai Cuerpo de Operaciones Especial de Rescate (COER) della polizia del Rio Negro, ma queste accuse sono state respinte dalla presidente del governo del Rio Negro, la peronista Arabela Carrera, che in una nota ha detto che «La Polizia del Río Negro non ha emesso ordini di azioni, né alcun tipo di operazione o intervento effettuato che abbia a che fare con tale situazione».

Quello che si sa è che, nonostante l’accampamento fosse completamente circondato dalla polizia, due uomini in borghese, armati sono entrati nell’accampamento dei mapuche e hanno detto che stavano cacciando, ma quando è stato chiesto loro di abbassare le armi si sono fatti avanti minacciosi e poi hanno sparato sugli attivisti, uccidendo Elías Garay con due colpi ai polmoni e ferendo gravemente all’addome Gonzalo Cabrera con tre colpi di un'arma calibro 22.

I portavoce dei Mapuche sottolineano che «E’ molto curioso che siano riusciti a entrare, essendo controllati dalla polizia comune da un lato e dal COER dall'altro. Crediamo che sia stata la polizia in borghese, sicari in borghese, o qualcosa del genere».  I due sicari erano stati visti aggirarsi in torno all’accampamento altre volte e la polizia non li aveva mai fermati.

Nonostante questo, nessuno sa come se la passano i mapuche ancora assediati dalla polizia che però ora vuole entrare nel territorio occupato dagli indios e, come avverte  Carriqueo, «Questo genererà problemi. Quel che non dovrebbe accadere è che il governo si rifiuti di dialogare e che continuino ad ammazzare la gente che sta lottando per la terra».

Pilquiman aggiunge che «In questi territori ci sono interessi economici e forestali e questo fa assumere alle terre un altro valore simbolico e materiale che aggiunge un'altra dimensione alle trattative e ai conflitti". Per le organizzazioni indigene, il conflitto non esula dall'ambito della regolamentazione della Ley nacional 26.160 de 2006, e da allora prorogata, data la precarietà – nonostante l'intenso lavoro fatto in diverse province - della proprietà dei territori comunitari dei ndigeni popoli del Paese».

La Cámara de Diputados ha iniziato a discuterne ieri e Carriqueo precisa che «Bisogna risolvere i conflitti e i problemi si risolvono con il dialogo, non sparando, e in quella mancanza di dialogo c'è la responsabilità dei governi provinciale e nazionale».

Le organizzazioni indigene e ambientaliste argentine  chiedono l'intervento della Secretaría de DD.HH. de Nación: «Le questioni politiche giocano contro la vita, ora che non ci sono elezioni c'è un uomo morto, e non c'è dialogo, la situazione diventa complessa». In Argentina, il conflitto politico con il popolo Mapuche è storico. Come spiega ancora Carriqueo, «Moriamo per la terra, ecco a cosa mirano quando ci accusano di violenza e non vedono la violenza strutturale alla quale ci hanno sottoposto da più di cento anni».

Le organizzazioni indigene denunciano che «Dal punto di vista istituzionale, il governo provinciale incoraggia l'idea del "nemico interno" e costringe il governo nazionale a rispondere con le forze dell'ordine» e si chiedono: «E’ per questo che il governatore Carrera voleva le forze federali? Perché abbiamo visto i gendarmi che sono arrivati ​​nella zona e non avevano posizioni repressive».

Ma le forze di sicurezza provinciali e federali hanno  una storia tragica e Carriqueo fa notare che «Ogni volta che intervengono, come è successo a San Carlos de Bariloche nel 2017, c'è un morto dalla parte degli indifesi, di chi reclama diritti».

Le organizzazioni mapuche concludono: «La mediazione sarebbe un modo per raggiungere un accordo. E smentire l'argomento secondo cui “gli indios sono tutti terroristi”, poiché questo giustifica la repressione e anche gli atti criminali, come è stata ufficialmente definita fino ad ora la tragica e violenta morte di un altro giovane indigeno».

Mentre le indagini sul caso sono solo all'inizio, in diverse città dell’Argentina si sono svolte manifestazioni per chiedere giustizia, soprattutto nel sud del Paese e in Patagonia nei cortei si è cantato: «Elías Garay, la tua morte non è stata vana, i tuoi fratelli insorgono in tutto il territorio».

Durante la mobilitazione di El Bolsón, vicino all'ospedale dove è ricoverato il giovane mapuche ferito, e ci sono stati alcuni disordini e i manifestanti siono stati attaccati da un gruppo di gauchos ultranazionalisti che gridavano "Viva la patria".  Come ha detto un manifestante, «La cosa peggiore è che sono poveri contro poveri».  Intanto i grandi latifondisti e le multinazionali che sono dietro l'invasione delle terre mapuche - e i politici che li proteggono - stanno a guardare.

Nella cosmogonia mapuche, i funerali durano solitamente 4 giorni: prima viene preparato lo spazio per la cerimonia. Il secondo giorno si ricevono i parenti del defunto, si parla e c'è molto cibo. Il terzo si svolge il funerale del defunto. Nel quarto giorno il defunto viene salutato e gli ospiti tornano alle loro comunità.

Questa volta non è stato possibile eseguire il tipico rituale indigeno e la vittima è stata onorata in fretta, nel mezzo di una tensione cresce. Ora, gli esperti stanno esaminando il corpo, per cercare di rispondere alla domanda che i molti si fanno in Patagonia: chi ha ucciso Elías?

Redazione Greenreport

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