
Slow Food: il Parlamento europeo ha votato una Politica agricola comune disastrosa

Dopo il voto di ieri del Parlamento europeo sulla riforma della Politica agricola comune (PAC), che sarà in vigore fino al 2027, interviene anche Slow Food e lo fa con un giudizio durissimo: «Il bilancio di questo fondamentale piano strategico è un vero e proprio disastro e a pagarne il conto sono ancora una volta le piccole aziende agricole, l’ambiente e il clima».
Slow Food ricorda che «La prima proposta di riforma della Pac era stata presentata nel giugno 2018 e doveva essere concordata nel 2020 per entrare in vigore nel 2021. Oggi, dopo anni di discussioni e ritardi, il Parlamento europeo ha messo fine a negoziati e colpi di scena. L’accordo è stato votato e siglato ed entrerà in vigore nel 2023».
Attualmente gli Stati membri dell’Ue stanno definendo i Piani Strategici Nazionali, che sono in fase di elaborazione e devono essere inviati alla Commissione europea entro la fine dell’anno. Secondo le Associazioni della Coalizione italiana #CambiamoAgricoltura con il Piano Strategico italiano «non siamo più neanche di fronte a un tentativo di greenwashing, ma di un vero e proprio patto per l’agricoltura industriale, che relega a contorno gli impegni per l’ambiente e il lavoro».
Per Slow Food, «La nuova riforma della Pac non affronta adeguatamente i problemi urgenti che riguardano il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la mancanza di equità nella distribuzione dei sussidi; favorisce al contrario un modello agricolo industriale che premia gli ettari piuttosto che le pratiche sostenibili. Nessuna inclusione esplicita degli obiettivi della strategia Farm to Fork e nessun obiettivo vincolante collegato al Green Deal. Nulla sembra essere cambiato. Il nuovo dossier è una brutta copia del precedente e di fatto continuerà a sostenere un modello di agricoltura industriale e inquinante, almeno fino al 2027».
Cittadini e associazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica avevano espresso il loro malcontento, chiedendo agli europarlamentari di votare contro la Pac, senza ottenere alcun riscontro. Marta Messa, direttrice di Slow Food Europa condivide la loro delusione: «Questa riforma non riuscirà a realizzare una vera transizione ecologica nel settore agricolo. In questo modo la Pac, da cui dipendono le ambizioni del Green Deal della Commissione europea e della strategia europea Farm to Fork, perde l’opportunità di costruire un sistema alimentare resiliente che sia sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico. Mentre i cittadini e i giovani continuano a esprimere la loro disponibilità ad avanzare verso un futuro attento all’ambiente, questa riforma è in ritardo e continuerà a sovvenzionare un modello agricolo industriale, distruttivo e insostenibile».
In collaborazione con la campagna Good Food Good Farming, Slow Food ha lanciato messaggi chiari da parte dei cittadini e degli agricoltori, mostrando il malcontento nei confronti dell’attuale Pac, e chiedendo un migliore sostegno alle produttrici e produttori. Ora, «La speranza di Slow Food Europa si sposta sugli obiettivi degli Stati membri e nel processo di approvazione dei Piani strategici nazionali da parte della Commissione europea, che ha promesso di rivederli alla luce del loro contributo al Green Deal. Una speranza, come detto, che per l'Italia sembra però già spegnersi in partenza».
La pensa diametralmente all’opposto il presidente della Coldiretti Ettore Prandini: «Dal Parlamento viene un importante riconoscimento del ruolo della Politica agricola comune (Pac), che deve garantire reddito agli agricoltori affinché possano continuare ad offrire alimenti sani nelle giuste quantità preservando le risorse naturali e contribuendo alla lotta al cambiamento climatico con più ricerca ed innovazione. Il difficile negoziato di questi ultimi anni ha comunque portato ad un risultato migliorativo rispetto alla proposta iniziale del 2018, in termini di risorse e di strumenti per affrontare le ambiziose sfide poste dal Green Deal europeo, per uno sviluppo del settore che sia sostenibile da un punto di vista economico, ambientale e sociale, come ribadito anche recentemente dal Commissario all’agricoltura, Janusz Woicjechowski, intervenuto al Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, organizzato da Coldiretti proprio alla vigilia del voto sulla riforma della Pac».
Ma anche per Prandini «Il giudizio ad oggi sulla futura Pac non può che essere parziale perché ora bisogna lavorare a livello nazionale per tradurre in misure semplici ed efficaci gli indirizzi dell’Ue, dall’innovazione alle politiche per favorire il ritorno alla terra delle nuove generazioni. Serve un Piano Strategico Nazionale per la crescita e lo sviluppo con azioni semplici da applicare che garantiscano – continua Prandini – la giusta sostenibilità economica all’attività agricola. In Europa occorre però coerenza nelle politiche Ue, dicendo “SI” a tutte le misure che aumentano la trasparenza di processi e prodotti, attraverso l’obbligo dell’etichettatura d’origine, e che garantiscano competitività agli agricoltori europei sul piano mondiale promuovendo ed applicando il concetto della reciprocità negli standard produttivi in modo che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute. Mentre va avversato ogni tentativo di banalizzazione ed omologazione del modello agricolo italiano ed europeo, dicendo quindi “NO” ai finanziamenti alla produzione di carne in laboratorio o all’introduzione di etichette a semaforo quali il Nutriscore. In questo contesto va impedito anche l’annacquamento del vino nel processo di dealcolazione attraverso l’autorizzazione di dubbie pratiche enologiche».
Un giudizio positivo arriva anche dalla Cia-Agricoltori Italiani: «Finalmente l’agricoltura europea avrà una nuova Pac che sostiene il reddito degli agricoltori e, nello stesso tempo, traguarda il settore verso la transizione ecologica. Ora bisogna lavorare senza sosta alla costruzione di un Piano Strategico Nazionale che tuteli la competitività del comparto, con aiuti e agevolazioni concrete alle imprese impegnate nell’obiettivo di un sistema produttivo più sostenibile».
Il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino, ricorda che «Dopo oltre tre anni dalla presentazione della proposta, si è concluso il lungo iter legislativo e parlamentare e di questo siamo contenti La riforma della Pac poteva essere scritta meglio, ma siamo a un buon punto di partenza. Ora l’Europa può essere più forte di fronte alle sfide post pandemia e l’agricoltura dei Paesi membri in grado di guardare con ottimismo al ruolo di protagonista della transizione. Dal primo gennaio 2023, gli agricoltori potranno infatti contare su nuove norme, più robuste e strutturate, per giungere a un sistema più equo e green».
A differenza di ambientalisti, Slow Food e associazioni del biologico la Cia è convinta che «L’Europa agricola guadagna, con la nuova Pac, maggiore rispetto della sfera ambientale e sociale, che dovrà però muoversi in costante equilibro con la garanzia del reddito per gli agricoltori. Nel dettaglio -precisa Cia- tra il primo e il secondo pilastro, almeno il 60% delle risorse saranno dedicate alla nuova architettura verde, con il 25% delle risorse del primo pilastro da destinare agli eco-schemi. Un punto chiave per dare impulso all’agricoltura del futuro. Sarà, inoltre, inglobata nella Pac anche la dimensione sociale, obbligatoria a partire dal 2025, ma da intendersi come un’ulteriore valorizzazione di una Pac rivolta anche alla collettività e ai lavoratori, senza ostacoli o aggravi burocratici».
Scanavino conclude; «La Pac deve rimanere, prima di tutto, la politica economica per gli agricoltori e, quindi, costante opportunità di sviluppo imprenditoriale, oltre che strumento utile a rigenerare e valorizzare le aree rurali. Per questo è importante il lavoro di definizione del Piano Strategico Nazionale, che deve consentire agli agricoltori italiani di essere all’altezza di tutti i cambiamenti».
Più critico, anche se per motivi opposti a quelli di Slow Food e degli ambientalisti, il giudizio del presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti: «Con il voto favorevole dell’Assemblea plenaria del Parlamento europeo è giunto ai passaggi conclusivi il processo di riforma della PAC. Le discussioni svolte negli ultimi mesi hanno confermato le criticità che avevamo espresso sull’intesa politica raggiunta lo scorso mese di giugno. Agli agricoltori viene giustamente chiesto un maggiore impegno per la sostenibilità ambientale ma con risorse finanziarie in diminuzione. Per l’agricoltura italiana, fino al 2026, il taglio ammonta al 15% in termini reali rispetto al periodo di programmazione chiuso lo scorso anno. E’ mancata inoltre una sostanziale ed effettiva semplificazione delle regole a vantaggio degli agricoltori e delle amministrazioni pubbliche. L’attenzione è ora rivolta sulla messa a punto dei programmi strategici nazionali per l’applicazione della nuova PAC che gli Stati membri devono inviare alla Commissione europea entro dicembre. Abbiamo già proposto al ministero e alle Regioni di concentrare le risorse finanziarie sull’agricoltura professionale che produce per il mercato e crea occupazione. La transizione ecologica richiede investimenti, un’ampia diffusione delle innovazioni tecnologiche e una crescente integrazione con le altre parti della filiera agroalimentare. Per raggiungere la neutralità climatica secondo gli impegni definiti a livello internazionale va salvaguardata la redditività delle imprese».
