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Con la crisi Covid-19 in Toscana crescono agricoltura sociale e coltivazioni bio

Eppure «un quadro normativo di riferimento che in Toscana ancora manca», spiegano gli agricoltori Coldiretti
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Contestualmente all’emergenza Covid-19 sono cresciuti in Toscana i consumi di prodotti biologici, così come le superfici coltivate, e anche la diffusione dell’agricoltura sociale può rappresentare uno strumento utile a sostenere i soggetti più fragili: è questa l’analisi elaborata oggi da Coldiretti Toscana per la presentazione del Pif: Organica Toscana, Rete di agricolture biologiche, etiche e sociali, un progetto che coinvolge ormai oltre 50 soggetti tra cui aziende agricole toscane, enti di ricerca e formazione.

Per sostenere le famiglie in difficoltà, gli anziani, i bambini, i disabili e le fasce più disagiate della popolazione travolte dalla crisi generata dall’emergenza sanitaria è scesa in campo anche la prima rete delle fattorie sociali e biologiche di Coldiretti Toscana, che hanno bisogno di una legge regionale in grado di mettere a sistema questi i nuovi servizi nelle campagne.

«Cresce il numero delle fattorie sociali e aumentano le superfici biologiche in Toscana del 4% e anche gli operatori dello 0,7%, un chiaro segnale – commenta il presidente di Coldiretti Toscana, Fabrizio Filippi – di quanto sia gli agricoltori che i consumatori credano fortemente nel valore aggiunto dell’agricoltura sostenibile a 360 gradi. Necessario incentivare il consumo dei prodotti biologici e il ricorso all’agricoltura sociale con azioni incentivanti e un quadro normativo di riferimento che in Toscana ancora manca».

Più nel dettaglio, l’emergenza Covid-19 ha fatto aumentare i consumi di prodotti bio dell’1,7% in Toscana, con una crescita tendenziale anche per i vini rossi come il Chianti Classico DOCG (+1,7%), il Chianti DOCG (+3,8%) e il Toscana IGT (+3,1%) e per i bianchi con il Toscana IGP (+0,6%), dimostrando una grande attenzione della società all’agricoltura sostenibile.

Sul fronte dell’agricoltura sociale, invece, in Toscana sono oltre 60 le fattorie impegnate (un incremento di 7 volte dal 2013) con oltre 5mila le famiglie che hanno usufruito dei servizi nati grazie all’impegno sociale degli agricoltori, con azioni di aiuto e sostegno a disabili motori e cognitivi, a persone con autismo, a detenuti ed ex detenuti, a minori disagiati o con difficoltà di apprendimento, a donne vittime di abusi, ad anziani, a persone con problemi relazionali oppure con dipendenze fino ai disoccupati. Dai primi centri estivi rurali per i bambini agli agriospizi per gli anziani, dalla cura delle dipendenze al reinserimento lavorativo, dall’ortoterapia alla pet therapy, dall'assistenza sanitaria e psicologica all'integrazione culturale, sono solo alcune delle opportunità offerte dall’agricoltura sociale.

«Nelle fattorie – dichiara Carmelo Troccoli, direttore nazionale della Fondazione campagna amica – il cibo non è soltanto sano, ma anche “civile” perché frutto di inclusione e coinvolgimento di persone con disabilità, fragilità, provenienti da esperienze traumatiche. Non solo migranti o emarginati, ma giovani e anziani che al contatto con la natura e il lavoro dei campi acquistano maggiore indipendenza e dignità. Il percorso terapeutico può essere un filare di vigna, una stalla, la manualità e la cura degli animali».

Redazione Greenreport

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