
La crisi climatica potrebbe portare alcune economie al collasso

Presentando il “Commodities and Development Report 2019”, il capo dell’United Nations conference on trade and development (Unctad), Mukhisa Kituyi, ha detto che «I cambiamenti climatici rappresentano una minaccia esistenziale per i Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle materie prime» e ha sottolineato che il rapporto «Evidenzia la necessità di diversificare le economie e le esportazioni».
Secondo l’Unctad, «La diversificazione potrebbe essere “orizzontale”, il che significa esplorare nuovi beni e settori per ridurre la dipendenza da una gamma ristretta di commodities, o “verticale”, il che comporta l’aumentare il valore di una commodity».
Kituyi è convinto che «La crisi climatica ... comporterà il collasso di alcune economie se non si intraprendono azioni decisive adesso. Ora più che mai, questi Paesi devono valutare il loro potenziale di diversificazione e ridurre la dipendenza dalle materie prime, che per decenni li ha tenuti esposti a mercati volatili e ai cambiamenti climatici».
Secondo il rapporto, «Una strategia di diversificazione di successo probabilmente implicherà una combinazione di politiche orizzontali, quali investimenti in istruzione e sanità e misure mirate a promuovere settori promettenti»
Il rapporto evidenzia che «La crisi climatica mette maggiormente a rischio i Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle materie prime perché le loro economie dipendono da settori altamente esposti a eventi meteorologici estremi. Gli Small Island Developing States (SIDS) sono tra i più colpiti, così come la produzione agricola e della pesca, che storicamente esiste nelle regioni a bassa latitudine - dove si trovano la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle materie prime. L'alto rischio affrontato da questi Paesi rafforza la loro necessità di adattare, diversificare e modernizzare le loro economie».
Ma il rapporto sostiene anche che «La lotta ai cambiamenti climatici offre alcune opportunità a questi Paesi, come l'incentivazione della produzione di alternative alla carne e al latte del bestiame. Inoltre, la ricerca sulla mitigazione e l’adattamento climatici ha stimolato gli investimenti nelle innovazioni tecnologiche che potrebbero avvantaggiare questi Paesi; ad esempio, celle fotovoltaiche solari, che potrebbero rafforzare la sicurezza energetica e supportare i settori delle commodity in aree remote non collegate alle reti elettriche nazionali».
Il rapporto Unctad rilancia gli avvertimenti degli esperti secondo i quali gli impegni assunti dai Paesi per mitigare i cambiamenti climatici con l’Accordo di Parigi «Non sono abbastanza ambiziosi ma, per limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5° C al di sopra dei livelli preindustriali, devono invece essere quadruplicati. Per questo, sono necessarie una volontà politica più forte e una maggiore mobilitazione delle risorse finanziarie e umane. dato l'alto costo della mitigazione e dell'adattamento climatici, i finanziamenti legati al clima, che attualmente rappresentano solo una frazione di quanto davvero necessario, devono essere notevolmente ampliati. Inoltre, rendere più ecologiche le politiche fiscali può aiutare a garantire che tasse, sussidi e strumenti politici simili aiutino ad attuare piani d'azione che servirebbero anche a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG)».
Le azioni per il clima devono essere rafforzate, «anche attraverso la creazione di capacità tecniche e normative per le istituzioni. per poter attuare politiche più efficaci»., e il rapporto suggerisce di «Riformare i sussidi ai combustibili fossili per trasformarli in ulteriori politiche fiscali verdi».
L’Unctad conclude ricordando che «Per aiutarli a partecipare efficacemente agli sforzi globali di mitigazione e adattamento, i Paesi sviluppati devono rispettare il loro impegno ai sensi dell'accordo di Parigi di trasferire tecnologie rispettose dell'ambiente ai Paesi in via di sviluppo».
