Skip to main content

L'agricoltura biologica e biodinamica si impara all'Università degli Studi di Urbino

La prima edizione del corso è stata strutturata in tre moduli didattici, di circa 30 ore ciascuno, seguiti da un breve stage o da un project work
 |  Enogastronomia moda turismo

Il bio va all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo con “Percorsi di sviluppo dell'agricoltura biologica e biodinamica” (dipartimento di Economia, Società, Politica): un corso di formazione permanente pensato come luogo di confronto, di trasmissione delle conoscenze e di buone pratiche nei vari contesti territoriali e settoriali.

Si tratta di un progetto che trova le sue radici nei Comuni di Isola del Piano e di Urbino, culla del biologico italiano: una pratica agricola, ma soprattutto uno stile di vita, una scelta di consumo sostenibile, che si impegna a tutelare le risorse naturali e la biodiversità.

Tra i partner del corso: Cospe (Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti), la Tenuta di Montebello, la Fondazione Girolomoni, il Consorzio marche biologiche e l’Alleanza delle cooperative italiane.

Con il corso si intende rafforzare il sistema della conoscenza e della formazione sul biologico, elemento indispensabile per potenziare l’offerta nazionale. Nonostante nell’ultimo anno sia stata riscontrata una forte crescita delle vendite, ciò non è stato sufficiente per scoraggiare le importazioni da Paesi terzi. Da ciò emergono diversi problemi, come le minori garanzie di qualità dei prodotti o l’aumento della concorrenza da parte delle imprese estere.

Inoltre, lo sviluppo del bio stenta a decollare anche a causa delle difficoltà incontrate dagli agricoltori nel reperimento dei mezzi tecnici (come sementi e mangimi bio) e nella commercializzazione dei prodotti finali, in seguito alla presenza di ostacoli per la realizzazione di canali corti, carenze logistiche e forte disparità di potere contrattuale rispetto al segmento della distribuzione.

Altro handicap di questo settore è la mancanza di accesso all’insieme delle conoscenze, indispensabili sia per attivare un processo di conversione aziendale, sia per gestirne la complessità.

Per tale motivo è necessario far nascere un sistema (articolato in attività di ricerca, formazione, assistenza tecnica, comunicazione) a supporto delle aziende, costruito con la loro diretta partecipazione.

L’Italia, su questo fronte, versa in condizioni sicuramente peggiori rispetto a quelle degli altri Paesi europei, a causa della limitatezza delle risorse stanziate e della ridotta presenza di strutture territoriali “indipendenti”, operanti nei diversi ambiti.

Anche il confronto sistematico tra comparti/segmenti della filiera bio ed enti di ricerca è assente e dunque non si crea un incontro tra domanda e offerta di innovazioni.

Il Corso vuole seguire un modello alternativo rispetto a quello mainstream, con l’impegno di coniugare la produzione di alimenti, mantenendo la fertilità del suolo, delle risorse naturali e della diversità genetica, puntando a contenere l’uso di input esterni, privilegiare l’apporto di sostanza organica, per ottimizzare e stabilizzare le rese, rispettare il lavoro e la salute. Una scelta che sembra risultare decisamente adatta alle aziende di piccole-medie dimensioni. Per una proposta di questo tipo risulta necessaria una “strategia formativa” che miri a ridurre il rischio di “convenzionalizzazione del biologico”.

La prima edizione del corso è stata strutturata in tre moduli didattici, di circa 30 ore ciascuno, seguiti da un breve stage o da un project work (a scelta dello studente). Il primo modulo ha voluto fornire una panoramica conoscitiva della “storia” dell'agricoltura biologica e biodinamica e degli elementi che caratterizzano questi particolari metodi produttivi; inoltre un focus rivolto al processo di conversione aziendale, sottolineando le diverse problematiche che le imprese devono affrontare sul piano tecnico-agronomico e su quello burocratico-amministrativo.

Nel secondo modulo si è passati ad analizzare i molteplici impatti legati all’adozione di tecniche a basso impatto ambientale, proprie dell’agro-ecologia, con l’obiettivo di ampliare la consapevolezza degli studenti riguardo ai molteplici effetti positivi derivanti dall’adozione di questo particolare modello produttivo, soprattutto a livello sociale (in termini di salvaguardia della salute di agricoltori e consumatori) e agro-ambientale (in termini di contrasto/adattamento ai cambiamenti climatici, riduzione dell’inquinamento, mantenimento della fertilità dei suoli, tutela della biodiversità). Ulteriore focus è stato realizzato sulle interazioni tra agricoltura biologica, agricoltura sociale e fair trade.

Infine, con il terzo modulo sono stati introdotti alcuni degli elementi caratterizzanti lo scenario economico e istituzionale. Ha seguito un approfondimento sulla questione della sostenibilità economica dell'agricoltura biologica a livello aziendale, concludendo poi con le politiche per il biologico a livello internazionale e nazionale. Inoltre, sono stati analizzati gli strumenti per la promozione e la valorizzazione dei prodotti agroalimentari biologici, con particolare attenzione alle questioni relative alla certificazione.

Rimani aggiornato sul sito dell’Universitàhttp://bit.ly/2spzPF6

di Cospe per greenreport.it

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.