Skip to main content

Fao: cambiamento climatico, fame e povertà devono essere affrontati insieme

Come sfamare 9 miliardi di persone in un mondo rovente

Renzi: la sfida oggi è essenzialmente «una questione politica». Ma in Italia crescono povertà e disuguaglianza
 |  Enogastronomia moda turismo

Il Clima sta cambiando, anche l'alimentazione e l'agricoltura devono cambiare è lo slogan scelto per accompagnare la Giornata mondiale dell'alimentazione 2016, celebrata ieri a Roma dalla Fao sottolineando che, per nutrire una popolazione mondiale che si prevede raggiungerà oltre 9 miliardi di persone per il 2050, l'umanità deve produrre più cibo, ma in modi che sfruttino meno le risorse naturali e che riducano drasticamente perdite e sprechi. Il forte messaggio che viene dalle celebrazioni di quest'anno è dunque che il cambiamento climatico, la fame e la povertà devono essere affrontati insieme, al fine di raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalla comunità internazionale.

«Temperature più elevate e condizioni meteorologiche irregolari stanno già minando la salute dei suoli, delle foreste e degli oceani dai quali dipende la sicurezza alimentare del mondo», ha dichiarato il direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, sottolineando che «come sempre sono i più poveri e affamati quelli che soffrono di più, e la stragrande maggioranza di essi sono piccole famiglie di agricoltori che vivono nelle aree rurali dei paesi in via di sviluppo».

Un problema che ci riguarda però molto da vicino: in occasione della Giornata mondiale dell'alimentazione è stato Papa Francesco a collegare l'impatto del cambiamento climatico sull'agricoltura, sulla pesca e sulle foreste del pianeta alla migrazione di persone provenienti dalle aree rurali dei paesi in via di sviluppo. «I dati più recenti ci dicono che il numero dei "rifugiati climatici" è in crescita – ha dichiarato il Pontefice – Essi andranno a ingrossare le fila degli esclusi e dei dimenticati, che vengono emarginati dalla grande famiglia umana». Parenti che bussano alle porte dell’Italia e dell’Europa, migrando verso i nostri sempre più affollati confini.

Non a caso, secondo i dati diffusi dal Programma alimentare mondiale, oltre l'80% di coloro che soffrono la fame vive in aree soggette a disastri naturali e con degrado ambientale. «Il cambiamento climatico non perde tempo – è il messaggio che arriva dalla direttrice esecutiva del Pam, Ertharin Cousin non possiamo perderlo neanche noi».

Recenti accordi internazionali che sollecitano l'azione, in primis l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e l'Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030, riconoscono il ruolo fondamentale che ha l'agricoltura sostenibile per affrontare il cambiamento climatico, la fame e la povertà.

È importante però capire come questo sia un compito che riguardi tutti, non solo i paesi più poveri. Tutte le città, grandi e piccole, possono e devono contribuire a costruire sistemi alimentari futuri resilienti e sostenibili, ha infatti rimarcato il direttore generale della Fao. Le città occupano solo il 3% per cento delle terre emerse del mondo, ma sono la patria di circa 3,5 miliardi di persone, ovvero più di metà dell'umanità. E questi numeri sono in aumento. La rapida urbanizzazione in corso ha messo pressione sui sistemi alimentari e sulle risorse naturali, ed esige soluzioni che rendano le città più inclusive, sicure e resistenti.

Come si muove l’Italia in questo contesto? Nel suo intervento, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha sottolineato che la lotta contro la fame – in un mondo dove la produzione di cibo è già sovrabbondante rispetto al necessario – è essenzialmente «una questione politica con la lettera maiuscola». Renzi ha dunque osservato che l'Europa dovrebbe rifiutare una «cultura dello spreco», e che l'Italia ha recentemente approvato una nuova legge volta a frenare lo spreco di cibo, certamente un passo importante ma parziale, per il quale è ancora presto parlare di risultati concreti.

Il premier – rimarcano dalla Fao – ha poi affermato che la comunità internazionale deve affrontare con urgenza i problemi della disuguaglianza e dell'ingiustizia, e che l'Italia s'impegnerà per garantire che questi temi siano in cima all'agenda internazionale. Purtroppo però, come ricorda il Rapporto 2016 sulla povertà e l'esclusione sociale pubblicato oggi dalla Caritas, è in primis l’Italia a non sapere – o voler – affrontare povertà e disuguaglianze crescenti. Difficile da questo pulpito poter dare lezioni credibili alla comunità internazionale.

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.