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Pubblicato il nuovo rapporto del World economic forum

Guerra, disinformazione e crisi climatica sono i maggiori rischi che abbiamo di fronte

Elsner: «È urgente un rinnovato impegno per ricostruire la fiducia e promuovere la cooperazione, le conseguenze dell'inazione potrebbero farsi sentire per le generazioni a venire»
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È stata presentata oggi la XX edizione del Global risks report, che il World economic forum (Wef) aggiorna ogni anno per delineare la mappa dei rischi che l’umanità ha di fronte nel breve quanto nel lungo«periodo: una mappa cambiata in peggio rispetto a quella del 2024, dato che a disinformazione e crisi climatica si è aggiunta una crescente preoccupazione per la guerra.

Il rapporto, che si basa sulle opinioni di oltre 900 esperti di rischi globali, responsabili politici e business leader, pone infatti i conflitti armati tra Stati come il rischio globale immediato più urgente per il 2025. Per il secondo anno consecutivo, disinformazione (l’attività di chi costruisce consapevolmente notizie false per raggiungere uno scopo) e misinformazione (la diffusione e condivisione di informazioni inattendibili che possono manipolare l’opinione pubblica, fatta però senza dolo) restano i principali rischi di breve periodo, sottolineandone la persistente minaccia alla coesione sociale e ai sistemi governance, erodendo la fiducia ed esacerbando le divisioni all'interno e tra le nazioni. I rischi ambientali dominano l’orizzonte di lungo periodo, con eventi meteorologici estremi, scomparsa della biodiversità e collasso degli ecosistemi, cambiamenti critici dei sistemi terrestri e scarsità di risorse naturali in cima alla classifica dei maggiori rischi per i prossimi dieci anni.

«Le crescenti tensioni geopolitiche, l’erosione della fiducia globale e la crisi climatica stanno mettendo a dura prova il sistema globale come mai prima d'ora – commenta Mirek Dušek, managing director del Wef – In un mondo segnato da divisioni sempre più profonde e rischi a cascata, i leader globali hanno una scelta: promuovere la collaborazione e la resilienza o affrontare un'instabilità crescente. La posta in gioco non è mai stata così alta».

Quasi due terzi degli intervistati prevedono un panorama globale turbolento entro il 2035, in particolare a causa dell'intensificarsi delle sfide ambientali, tecnologiche e sociali. Oltre la metà degli intervistati si aspetta una certa instabilità entro i prossimi due anni, a testimonianza della diffusa frattura della cooperazione internazionale.

Anche i rischi sociali, come la disuguaglianza e la polarizzazione all’interno delle società, occupano un posto di rilievo nella classifica dei rischi a breve e a lungo termine.

Nel complesso, gli eventi meteorologici estremi sono stati identificati sia come rischi immediati, sia nel breve e nel lungo periodo. Il panorama di lungo periodo è inoltre offuscato dai rischi tecnologici legati alla misinformazione, alla disinformazione e ai possibili impatti negativi delle soluzioni di intelligenza artificiale. Si tratta di rischi che si toccano, dato che la disinformazione alimenta l’inazione contro la crisi climatica.

Tutti i 33 rischi identificati nel ranking aumentano di gravità nel lungo periodo, riflettendo le preoccupazioni degli intervistati circa l'aumento della frequenza o dell'intensità di questi rischi nel corso del prossimo decennio.

«Dai conflitti ai cambiamenti climatici, stiamo affrontando crisi interconnesse che richiedono un'azione coordinata e collettiva – aggiunge Mark Elsner, responsabile della Global risks initiative del Wef – È urgente un rinnovato impegno per ricostruire la fiducia e promuovere la cooperazione. Le conseguenze dell'inazione potrebbero farsi sentire per le generazioni a venire».

Che fare? Ripiegarsi su sé stessi non è una soluzione praticabile. Secondo il Wef, per evitare una spirale di instabilità – e ricostruire invece la fiducia, migliorare la resilienza e garantire un futuro sostenibile e inclusivo per tutti – le nazioni dovrebbero dare priorità al dialogo, rafforzare i legami internazionali e favorire le condizioni per una rinnovata collaborazione.

Buonissimi propositi, ma difficili da applicare in uno scenario globale che si prepara al ritorno di un bullo come Trump alla presidenza degli Usa. Il primo nucleo di Paesi a collaborare in modo coordinato verso i crescenti rischi non può che essere quello degli Stati membri dell’Ue (Italia compresa), con l’Europa chiamata a rafforzare rapidamente il proprio processo d’integrazione anche per mettere in campo gli investimenti necessari.

Altrettanto importante sarà ricostituire la fiducia anche all’interno dei singoli Stati, dove le crescenti disuguaglianze economiche stanno finendo di sfilacciare il già malconcio tessuto sociale. Come? Tramite redistribuzione di reddito e ricchezza, ma anche investimenti in buona informazione: come dimostra la più recente letteratura scientifica in materia, oggi i cittadini – anche a causa di un galoppante analfabetismo funzionale – giudicano le proprie istituzioni tramite scorciatoie cognitive distorte (bias), ma rendere più accessibili informazioni basate su prove scientifiche ha ancora una sua funzione: alimenta la risorsa che più di ogni altra oggi scarseggia, la fiducia.

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.