Demografia e forza lavoro, dal Cnel una fotografia dal futuro dell'Italia
L’Italia sta entrando in una nuova fase della sua storia che corrisponde a un inedito impoverimento del potenziale della forza lavoro, mentre cresce la popolazione anziana. Per capire cosa ci aspetta – e come provare a porvi rimedio –, l’assemblea del Cnel ha appena approvato un documento curato dal consigliere e demografo di fama Alessandro Rosina, in cui non si nascondono le difficoltà della sfida demografica che abbiamo di fronte.
Il problema, è evidente, non è l’aumento della longevità (che semmai è un successo della contemporaneità), quanto la riduzione della popolazione in età attiva.
Oggi l’Italia ha un indice di dipendenza degli anziani (rapporto tra 65 e più su popolazione tra i 20 e i 64 anni) che ha superato il 40% e si trova di circa 14 punti percentuali sopra la media Ue-27; secondo le previsioni Eurostat potrebbe continuare a salire fin oltre il 65%. Anche l’indice di dipendenza economica (inattivi di 65 anni e oltre su occupati tra i 20 e i 64 anni) ha superato il 60%, anch’esso circa 14 punti percentuali sopra la media europea).
Anche il numero complessivo di occupati nella fascia 35-49 è sceso da circa 10,5 milioni nel 2014 a meno di 8,8 milioni del 2024. Il margine per controbilanciare tale declino sta nella misura dell’aumento dell’occupazione femminile, il cui valore è attualmente attorno al 65% in tale fascia (il più basso tra i paesi Ue-27, circa 13 punti sotto la media, mentre il tasso di occupazione degli uomini di tale età è attorno all’85%, valore molto vicino alla media europea).
Ampio margine di miglioramento può arrivare anche dall’occupazione degli under 35, anch’essa tra le più basse in Europa. I residenti in Italia nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni sono solo 6,2 milioni – erano oltre 8,5 milioni nel 2004, a dimostrare che i giovani adulti non sono mai stati così demograficamente deboli nella storia del nostro Paese –, per i quali il tasso di occupazione è addirittura sceso nella fascia 15-24 (da circa il 27% del 2004 al 20% del 2023), mentre gli occupati sono poco più di 2 su 3 nella fascia 25-34 (erano il 70% nel 2004). Il divario rispetto alla media Eu-27 rimane molto ampio: di quasi 15 punti percentuali per la fascia 15-24 e di oltre 10 punti percentuali per la fascia 25-34.
«Per rispondere agli squilibri demografici in atto, continuando a garantire benessere e sviluppo – spiega Rosina – non c’è altra strada che rafforzare attrattività e valorizzazione del capitale umano. La qualità della formazione e del lavoro, l’efficienza dei servizi di incontro tra domanda e offerta, oltre che la disponibilità e l’accessibilità degli strumenti per la conciliazione dei percorsi professionali con le scelte di vita, devono essere posti come punti chiave delle politiche di sviluppo. Si tratta dell’investimento migliore che l’Italia può fare per dare maggior solidità ad un futuro che oggi poggia su basi molto fragili. Agire in tale direzione ha infatti ricadute positive anche sulla natalità, perché mette giovani e donne nelle condizioni di poter scegliere, se lo desiderano, di avere un figlio senza continuo rinvio che porta poi spesso a rinuncia. Aiuta a ridurre i divari territoriali perché gli svantaggi di genere e generazionali sono maggiormente presenti nel Mezzogiorno. Migliora l’immigrazione da domanda perché i contesti più attrattivi e con migliori possibilità di integrazione sono quelli che mettono a fattor comune le differenze senza trasformale in diseguaglianze; offrendo in particolare adeguate opportunità a giovani e donne, indipendentemente dalla provenienza sociale e territoriale».
Infine, sottolinea il rapporto del Cnel, serve anche una maggiore capacità delle aziende e delle organizzazioni italiane di andar oltre l’idea di una forza lavoro tipica del XX secolo con al centro la figura del maschio adulto per valorizzare tutte le componenti della popolazione in età attiva, con attenzione alle loro specificità (nuove generazioni, donne, immigrati) e favorendo condizioni di una lunga vita attiva (attraverso le misure di Age management).