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Prosegue l’avanzata di M23 e truppe rwandesi. A Goma distruzione e morte. Saccheggio dei magazzini umanitari

La sanguinosa conquista delle risorse della Repubblica Democratica del Congo

Nei prossimi cinque mesi 4,5 milioni di bambini sotto i 5 anni e 3,7 milioni di donne incinte e in allattamento soffriranno di malnutrizione acuta
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Nell’est della Repubblica Democratica del Congo (RDC), dopo aver conquistato Goma. La capitale del Nerd Kivu, le milizie del Mouvement du 23 Mars (M23) e l’esercito del Rwanda stanno procedendo all’occupazione della provincia del Sud Kivu e delle sue risorse minerarie e petrolifere, lasciandosi dietro una scia di morti, feriti, stupri e distruzione.
Secondo il World Food Programme (WFP), a Goma e nelle zone circostanti «Il cibo sta finendo. L'acqua scarseggia. Gli ospedali sono sopraffatti. Sfollate e sradicate dal conflitto, ancora una volta le famiglie si spostano senza sapere dove saranno al sicuro».

Cynthia Jones, vice rappresentante del WFP nella RDC, ha detto che la sua agenzia Onu «E’ pronta a «Riprendere gli aiuti alimentari non appena la situazione sarà sicura. Ma abbiamo bisogno dell'accesso umanitario adesso. Sono stata a Goma fino a venerdì scorso, ho preso uno degli ultimi aerei prima che l'aeroporto chiudesse. Anche allora regnava il caos. Oggi la situazione umanitaria peggiora di ora in ora».

Ieri, durante la conferenza stampa quotidiana, Stéphane Dujarric, il portavoce del Segretario generale dell’Onu Guterres, ha confermato che «La situazione a Goma resta tesa e instabile, con occasionali sparatorie in città. L'acqua e l'elettricità sono state tagliate per quasi una settimana e gli ordigni inesplosi continuano a rappresentare un serio ostacolo alla libertà di movimento delle persone, degli operatori umanitari e delle forze di peacekeeping. Mercoledì, la missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite, MONUSCO, è riuscita a portare alcune pattuglie di ricognizione nella città per avviare il processo di valutazione dei danni e che è stato possibile rifornire diverse posizioni di mantenimento della pace. La pista dell'aeroporto di Goma ha subito gravi danni durante i recenti combattimenti e non è ancora operativa.

La dirigenza della MONUSCO sta intensificando i contatti sul fronte politico a favore della cessazione delle ostilità. Mercoledì, il capo della MONUSCO, Bintou Keita, ha incontrato il primo ministro Judith Suminwa Tuluka, i ministri chiave e i leader dell'esercito e della polizia congolesi. L'Onu è particolarmente preoccupata anche per la situazione nel Sud Kivu, che rimane molto instabile, con segnalazioni credibili secondo cui la M23 sta avanzando rapidamente verso la città di Bukavu. Inoltre, i nostri colleghi della missione di mantenimento della pace segnalano che i movimenti transfrontalieri delle Rwanda Defence Force (RDF, l’esercito rwandese, ndr) si stanno dirigendo verso questa città. Continuano a essere segnalati scontri tra l’M23, le forze armate congolesi e le milizie loro alleate a sud di Minova, nel Sud Kivu».

I caschi blu della MINUSMA si erano ritirati dalla provincia del Sud Kivu nel giugno del 2024 su richiesta del governo di Kinshgasa che non li riteneva più necessari e che li accusava di abusi.

Il coordinatore umanitario Onu nella RDC, Bruno Lemarquis, ha sottolineato che «Dopo diversi giorni di intensi scontri, la città di Goma si trova ora ad affrontare le conseguenze disastrose dei combattimenti, con enormi bisogni umanitari e capacità di risposta gravemente compromesse. L’infrastruttura medica è sopraffatta. La mancanza di medicinali, attrezzature e personale medico mette a repentaglio la cura dei feriti e aumenta il rischio di perdite umane. i servizi di base sono in gran parte paralizzati. Da diversi giorni l'elettricità e l'acqua potabile sono interrotte, costringendo la popolazione ad attingere direttamente all'acqua non trattata del lago Kivu. Questa situazione espone migliaia di persone al rischio immediato di contrarre malattie trasmesse dall'acqua, come il colera. Gli obitori sono sovraffollati e i corpi senza vita abbandonati per le strade della città rappresentano un grave rischio per la salute dei sopravvissuti. Gli operatori umanitari sul campo continuano le loro operazioni nonostante le condizioni estremamente precarie. Condanniamo il saccheggio degli uffici e dei magazzini umanitari. Questi atti sono inaccettabili e costituiscono una violazione del diritto internazionale umanitario. Compromettono direttamente la fornitura di aiuti vitali alle popolazioni più vulnerabili».

Peter Musoko, rappresentante del WFP nella RDC, ha evidenziato che «Il WFP sta monitorando la situazione per distribuire aiuti ove possibile. Per ora, la sicurezza è fondamentale. L'obiettivo è raggiungere 800.000 persone nel Nord Kivu, nel Sud Kivu e nell'Ituri: prima dell'attuale crisi, nelle tre province orientali erano già 5,1 milioni le persone sfollate».
L'United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA) ha affermato che «La violenza e il saccheggio dei magazzini umanitari a Goma hanno influito sulla capacità degli operatori umanitari di rispondere, mettendoli a rischio. A terra, l'aeroporto di Goma rimane chiuso, il che significa che i flussi di merci umanitari e la rotazione del personale umanitario sono stati sospesi. Anche la maggior parte delle strade che collegano Goma al resto del Paese sono chiuse».

La conquista di Goma, una grande città con più di un milione di abitanti, da parte dell'M23 e dei soldati del Rwanda sembra essere stata il punto di svolta dell’infinita guerra per le risorse – mascherata da conflitti etnici - nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo. Se ne rendono conto anche i Paesi che questa “guerra mondiale africana” hanno alimentato per favorire i loro interessi geopolitici e quelli delle multinazionali che sfruttano i minerali insanguinati della RDC. Ora, dopo che Goma è stata ferocemente conquistata con un'offensiva lampo durata alcune settimane e guidata da un Paese alleato e beniamino dell’Occidente, fioccano le richieste di cessazione dei combattimenti e di ritiro delle truppe rwandesi, da parte degli Stati Uniti, dell'Unione Europea, ma anche della Cina e di Paesi come l'Angola che spesso hanno messo gli stivali militari nel fango della guerra congolese.
Ma i dimostranti che a Kinshasa hanno preso d’assalto le ambasciate di diversi Paesi accusati di essere complici dell’offensiva militare di Kigali sanno bene che questa nuova fiammata di una guerra infinita è l’eredità del colonialismo e il presente di un neocolonialismo fatto di sfruttamento brutale di un Paese ricchissimo di risorse la cui popolazione è stata condannata alla povertà, alla fama e all’insicurezza per foraggiare l’economia occidentale e rifornire le fabbriche dei sui gadget elettronici.

L’Onu ricorda che, secondo la Classificazione integrata delle fasi alimentari, prima della recente escalation, circa un quarto dei 25,6 milioni di abitanti del Paese si trovava già in situazioni di "crisi" e "emergenza" per la sicurezza alimentare e prevede che «Nei prossimi cinque mesi 4,5 milioni di bambini sotto i 5 anni e 3,7 milioni di donne incinte e in allattamento soffriranno di malnutrizione acuta in tutta la Repubblica Democratica del Congo».
L’unicef ha ricevuto segnalazioni di un allarmante aumento del numero di bambini separati dalle loro famiglie o non accompagnati, cosa che li esponei a un rischio maggiore di rapimento, reclutamento forzato e violenza sessuale.

In un’intervista a UN news, il portavoce dell'Ufficio regionale dell'UNICEF per l'Africa occidentale e centrale, Jean-Jacques Simon, confermato che «Abbiamo ricevuto avvertimenti e anche segnalazioni che diversi bambini erano stati vittime di gravi violazioni. Quando parliamo di gravi violazioni, purtroppo si tratta della morte di alcuni di loro, si tratta anche di stupro, di rapimento, di utilizzo di bambini in combattimento o per lavoro per alcune parti in conflitto. Si tratta di accuse molto gravi e molto serie, che devono essere verificate. Ma la cosa urgente è ricostruire la catena di informazioni per localizzare questi bambini sfollati e verificare in quali condizioni vivono in questa parte orientale della RDC».

L'allarme dell’Unicef arriva mente i campi profughi nel Nord e Sud Kivu si sono svuotati molto rapidamente perché centinaia di migliaia di persone stanno scappando per sfuggire agli intensissimi combattimenti. Simon ritiene che «Siano molti i bambini che purtroppo sono stati separati dalle loro famiglie o dai loro cari. Si tratta di migliaia e migliaia di civili che hanno bisogni immensi. Nel complesso, l'Unicef stima che nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo ci siano circa 300.000 bambini che necessitano urgentemente di assistenza. Hanno bisogno di acqua pulita, servizi igienici adeguati, medicine, cibo, ma anche di cure per la malnutrizione grave e di servizi di protezione dell'infanzia».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.