I migranti siamo noi: negli ultimi due anni circa 300mila giovani hanno lasciato l’Italia
Dopo il rallentamento nel biennio 2020-2021, l’emigrazione dei giovani italiani (18-34 anni) è ripresa ai più alti ritmi prepandemici, sia nelle uscite sia nel saldo migratorio. Secondo i dati messi in fila dalla Fondazione Nord Est, nel 2022 e nel 2023 quasi 100mila giovani italiani hanno lasciato il Paese, mentre solo poco più di 37mila sono rientrati: ampliando il quadro temporale, il saldo migratorio dei 18-34enni nel 2011-2023 è -377mila ma il dato reale è tre volte più ampio, perché molti mantengono la residenza italiana.
Più in dettaglio nel periodo 2011-23 (tredici anni) il totale delle cancellazioni anagrafiche per l’estero sale a 550mila, contro 172mila iscrizioni (rientri), per un saldo negativo di 377mila persone. Il deflusso assoluto maggiore proviene dal Settentrione che nel 2011-23, con un saldo negativo di quasi 80mila giovani dal Nord-est e 100mila dal Nord-ovest, supera di molto il dato del Mezzogiorno, che registra un saldo di -141mila giovani, anche se per molti meridionali il trasferimento al Nord d’Italia assume i contorni dell’emigrazione estera.
Ponendo in relazione i saldi cumulati alla popolazione residente, la nuova emigrazione erode il 4,4%, il 4,8% e il 4,1% dei giovani rispettivamente del Nord-ovest, del Nordest e del Mezzogiorno. Valori che anche in questo caso andrebbero triplicati, per tener conto della sistematica sottostima e che accentuano la rarefazione di giovani causata dalla glaciazione demografica.
Inoltre la nuova ondata migratoria dei giovani italiani, iniziata nel 2011, si sta sempre più caratterizzando come uscita di laureati. Se fino al 2018 la loro quota era inferiore al 30%, dal 2019 è iniziata a salire fino a superare di slancio il 43% nel 2022 (non sono ancora disponibili i dati 2023, in attesa di validazione all’Istat), con l’emorragia dei giovani laureati è particolarmente intensa dalle regioni settentrionali.
Si tratta di uno spreco enorme per il nostro Paese. Nella media del biennio 2021-22, il valore annuo del capitale umano uscito con i giovani è stato di 8,4 miliardi a prezzi del 2023. Al primo posto la Lombardia, con un deflusso annuale che si colloca a 1,4 miliardi, e al secondo il Veneto, con 0,9 miliardi, poi la Sicilia e la Campania (0,8), il Piemonte (0,7) e l’Emilia-Romagna.
Nei tredici anni 2011-23 il valore del capitale umano che se ne è andato dall’Italia, incorporato nei giovani 18-34 emigrati, è pari a 133,9 miliardi, con la Lombardia a svettare per perdita (22,8 miliardi), seguita dalla Sicilia (14,5) e dal Veneto (12,5). Quarta la Campania (11,7). Il dato del 2023 è stato calcolato distribuendo il saldo migratorio dei giovani usciti dall’Italia in base alla distribuzione media per titoli di studi dei saldi migratori registrata nel biennio 2021-22.
Un aspetto rilevante è che, simmetricamente all’aumento della quota dei laureati sui giovani che emigrano, si è registrato nel biennio 2021-2022 il calo della quota dei laureati sui giovani che rientrano.
Più in generale, in tutta Italia immigra un giovane straniero ogni 8,5 coetanei italiani che espatriano nei principali Paesi avanzati di destinazione (Regno Unito, Germania, Svizzera, Francia, Spagna, Stati Uniti d'America, Paesi Bassi, Belgio, Australia).
Che fare per invertire la rotta? Secondo i dati Bankitalia, a causa del calo demografico l’Italia rischia di perdere il 13% del Pil al 2040: per frenare il trend servono più occupazione femminile e giovanile, smart working, immigrazione e produttività, tutti elementi sui quali però il Governo Meloni sembra non voler investire.