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Libia: il massacro impunito di Tarhuna

Rapporto Onu: l'assunzione di responsabilità per anni di violazioni dei diritti umani a Tarhuna
 |  Approfondimenti

Il  rapporto “Tarhuna - Mass Graves and Related Human Rights Violations and Abuses in Libya” pubblicato dall’United Nations Support Mission in Libya (UNSMIL) e dall’Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights (OHCHR) ha denunciato ancora una volta che «La continua mancanza di responsabilità e gli anni di impunità di cui godono coloro che sono dietro le violazioni dei diritti umani e gli abusi commessi nella città libica di Tarhuna tra il 2013 e il 2022 rischiano di alimentare maggiore instabilità e ulteriore divisione nel Paese».

Il rapporto integra e si basa sulle conclusioni del 2022 della Missione indipendente di accertamento dei fatti sulla Libia sulle atrocità commesse a Tarhuna, tra cui la scoperta di fosse comuni contenenti centinaia di resti umani, la maggior parte dei quali ammanettati, bendati e con segni di tortura, e sulla possibilità che potrebbero esserci fino a 100 altri siti di questo tipo.

UNSIMIL e OHCHR descrivono come la milizia di Al-Kaniyat, un gruppo armato islamista/tribale emerso nel 2011 nella guerra contro Gheddafi sostenuta dalla NATO, abbia poi esercitato un controllo brutale su Tarhuna, una città di circa 150.000 abitanti situata 90 km a sud-est di Tripoli, e descrive dettagliatamente «Omicidi, sparizioni, violenze sessuali, rapimenti, torture, maltrattamenti, spostamenti forzati e altre gravi violazioni e abusi dei diritti umani, nonché gravi violazioni del diritto internazionale umanitario commesse da Al-Kaniyat tra il 2013 e il 2022».

Presentando il rapporto, l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk. Ha ricordato che «Sono passati anni da quando sono state commesse queste terribili violazioni, ma i responsabili non sono ancora stati processati, né verità, giustizia o riparazioni sono state consegnate alle vittime e alle loro famiglie. L'impunità deve finire: deve esserci una responsabilità in conformità con gli standard internazionali del giusto processo e del giusto processo».

Secondo il rapporto, «L'incapacità di far giustizia ha portato, in alcuni casi, a nuove violenze e ripetute violazioni, fomentando ulteriori proteste a Tarhuna e nelle aree circostanti».

il capo ad interim dell’UNSIMIL e vice rappresentante speciale del Segretario generale dell’Onu per gli affari politici, Stephanie Koury, ha aggiunto che «Tralasciare le cause profonde e i fattori scatenanti del conflitto non farà altro che alimentare cicli tossici di violenza e vendetta tra le comunità».

La terribile storia di Tarhuna è l’esemplificazione del doppio standard utilizzato dalla comunità internazionale e dell’ipocrisia della politica italiana – Piano Mattei compreso – in Libia.  

Nel novembre 2022, il Procuratore della Corte penale internazionale ha annunciato che sarebbero state presentate ulteriori richieste di mandato di arresto in relazione alla situazione in Libia. Il rapporto raccomanda «Un processo completo di giustizia di transizione e riconciliazione, con misure significative di ricerca della verità e riparazioni efficaci per le vittime, tra cui assistenza legale e supporto per la salute mentale e garanzie di non ripetizione, progettate in consultazione con i diretti interessati. Richiede inoltre misure di responsabilità robuste, attraverso indagini e procedimenti giudiziari contro i presunti autori in linea con gli standard internazionali».

E il nuovo rapporto avverte che «L'integrazione di Al-Kaniyat nell'ex Governo di Accordo Nazionale (GNA) e in seguito nell'Esercito Nazionale Libico (LNA) ha rappresentato un ostacolo significativo alla responsabilità e alla giustizia. Di conseguenza, alcuni residenti sono stati esitanti a essere coinvolti nelle indagini e a denunciare i crimini per paura di rappresaglie».

E’ a questi tagliagole che l’Italia ha affidato la gestione dei migranti e la difesa degli interessi petroliferi di ENI in Libia, c’erano probabilmente criminali come questi a vigilare sulla sicurezza delle recenti visite di Giorgia Meloni ai due governi libici di Tripoli e Bengasi. E’ con assassini come questi che facciamo accordi e stringiamo mani insanguinate.  

Infatti, UNSIMIL e OHCHR evidenziano che «Le violazioni e gli abusi documentati in questo rapporto dimostrano i rischi e le responsabilità associati alla continua impunità e al dare legittimità e sostegno a elementi armati che sono noti autori di violazioni e abusi. La situazione in Libia, dove in molti casi elementi armati sono stati legittimati e operano sotto una parvenza di legalità, ma perpetrano gravi violazioni e abusi dei diritti umani e violazioni del diritto umanitario internazionale con impunità, evidenzia la necessità critica di una riforma del settore della sicurezza che crei istituzioni in cui tutto il personale sia responsabile delle proprie azioni, operi entro i parametri della legge e protegga i diritti umani. Dare giustizia alle vittime di tali violazioni e abusi e possibili crimini ai sensi del diritto internazionale, commessi a Tarhuna è un dovere morale e legale per garantire che non accadano di nuovo e per facilitare la transizione verso una Libia più pacifica, stabile e democratica».

Umberto Mazzantini

Scrive per greenreport.it, dove si occupa soprattutto di biodiversità e politica internazionale, e collabora con La Nuova Ecologia ed ElbaReport. Considerato uno dei maggiori esperti dell’ambiente dell’Arcipelago Toscano, è un punto di riferimento per i media per quanto riguarda la natura e le vicende delle isole toscane. E’ responsabile nazionale Isole Minori di Legambiente e responsabile Mare di Legambiente Toscana. Ex sommozzatore professionista ed ex boscaiolo, ha più volte ricoperto la carica di consigliere e componente della giunta esecutiva del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.