Cielo lattiginoso? Colpa della polvere sahariana: il caso Sardegna spiegato dal Snpa
La causa del cielo lattiginoso che abbiamo apprezzato in Sardegna nelle recenti settimane è da attribuire al deserto del Sahara e alla polvere sahariana, che comunemente viene chiamata in modo improprio “sabbia sahariana”.
Infatti, secondo la tabella delle classi granulometriche di Udden-Wentworth, il termine sabbia si può utilizzare per particelle comprese tra 0,063 mm – 2 mm di diametro, mentre le particelle in sospensione che hanno reso i nostri cieli lattiginosi hanno diametri dell’ordine 0,01 mm – 0,05 mm; pertanto, il termine corretto è polvere. Inoltre, la minore dimensione permette di restare in sospensione più a lungo e percorrere grandi distanze.
Le condizioni necessarie affinché la polvere sahariana venga trasportata fino alle nostre latitudini
Occorre che sull’area sahariana sia presente instabilità atmosferica, con venti piuttosto forti e raffiche superiori a 50-60 km/h che, unitamente ai moti convettivi, sono tali da sollevare ingenti quantità di polvere desertica fino alla media troposfera.
Una volta che la polvere desertica è in sospensione, il suo trasporto sarà guidato dalla corrente a getto subtropicale, la quale può avere matrice sia ciclonica che anticiclonica. Pertanto, come anche altre specie di aerosol, le particelle di polvere interagiscono in modo diretto con la radiazione solare, diffondendola e assorbendola, creando l’effetto di “cielo lattiginoso”.
La cessazione dell’effetto del “cielo lattiginoso”
Il ritorno dei cieli sereni, o comunque sgombri dal carattere lattiginoso, può avvenire per avvezione di massa d’aria non di origine sahariana oppure per deposizione, secca o umida. Nel primo caso, ovvero per avvezione di massa d’aria non di origine sahariana, si intende che una massa d’aria con zona di origine diversa da quella desertica spazzi via la preesistente, ripulendo così i cieli dalla presenza delle particelle sahariane.
Per deposizione secca si intendono tutti quei processi di varia natura che, senza coinvolgere l’acqua presente in troposfera, determinano un flusso della polvere verso il basso (ad esempio i moti discensionali). Per deposizione umida si intendono tutti quei processi di impoverimento attraverso l’interazione con acqua liquida o solida presenti nella troposfera. In questo caso, i due fenomeni principali sono: il “rainout”, ovvero polvere direttamente catturata dalle nuvole, oppure il “washout”, ovvero attraverso precipitazione, come ad esempio pioggia o neve.
L’impatto della polvere sahariana sul clima
Un recente studio dell’Università della California-Los Angeles (UCLA), intitolato Increased atmospheric dust is masking greenhouse gases’ warming effect, ha rilevato che la quantità di polvere del deserto è aumentata di circa il 55% dalla metà del XIX secolo d.C. ad oggi. Relativamente al clima, lo studio ha calcolato che la polvere in sospensione ha effetti sia di riscaldamento che di raffreddamento, sebbene la risultante sia complessivamente un effetto di raffreddamento. Si può quindi affermare che il maggiore apporto di polvere sahariana, seppur in piccola parte, ha determinato una mitigazione del riscaldamento globale.