La Libia a un anno dall’uragano Daniel: detenzioni arbitrarie, torture e impunità
Intervenendo al Dialogo interattivo sulla Libia in occasione della 56a sessione dell’ Human Rights Council, il Commissario per i diritti umani dell’Onu Volker Türk, ha ricordato che «Meno di un anno fa, una tragedia orrenda ha colpito il popolo libico. La tempesta Daniel a Derna ha portato con sé morte e distruzione su scala catastrofica. Rendo omaggio all'enorme resilienza di tutti coloro che stanno ricostruendo le proprie vite dopo quell'evento. Oggi la Libia si trova a un bivio. Afflitto da una profonda insicurezza, il suo popolo continua a sopportare la miseria delle difficoltà economiche unite all'esclusione politica. Un processo politico in stallo, dirottato da attori i cui interessi sono allineati nel preservare lo status quo, sta decimando le speranze dei libici in una società più stabile, aperta e prospera. Speranze che hanno dovuto coltivare per troppo tempo, senza ottenere molto in cambio».
ha presentato il rapporto “Technical assistance and capacity-building to improve human rights in Libya” dell’ffice of the United Nations High Commissioner for Human Rights che fornisce una panoramica della situazione dei diritti umani nei 12 mesi a partire da aprile 2023 e delinea le attività di assistenza tecnica e di rafforzamento delle capacità che l’Onu è sta in grado di fornire e ha evidenziato che «Questo sostegno, ai sensi della risoluzione 52/41 del Consiglio per i diritti umani, è assolutamente fondamentale per migliorare la situazione dei diritti umani nel Paese e attuare le raccomandazioni dell'allora Missione indipendente di accertamento dei fatti sulla Libia. sfortunatamente, la nostra capacità di svolgere queste attività è ostacolata. Abbiamo riscontrato un accesso limitato alle zone meridionali e orientali del Paese a causa della situazione di instabilità della sicurezza; il diniego di accesso ai centri di detenzione e ad altri luoghi specifici in tutto il Paese; la mancanza di cooperazione da parte delle autorità nelle zone orientali e meridionali; insieme alle sfide generali derivanti dalla situazione di stallo politico. L'attuale crisi di liquidità del bilancio ordinario ha rappresentato un'ulteriore sfida alla nostra capacità di svolgere il nostro lavoro. Nonostante ciò, siamo riusciti a identificare le aree chiave in cui le istituzioni libiche e la società civile necessitavano di sostegno in materia di diritti umani e a fornirlo in modo mirato. Questo ha comportato il contributo al primo piano d'azione nazionale per i diritti umani del Paese, un passo importante per l'attuazione di una serie di raccomandazioni della Missione indipendente di accertamento dei fatti. Abbiamo inoltre aiutato le vittime, la società civile e le comunità locali a partecipare alla progettazione di processi e meccanismi di giustizia transitoria, garantendo l'inclusione delle voci delle donne e di altre persone tradizionalmente escluse ed emarginate. Abbiamo inoltre supportato le autorità e gli altri soggetti interessati coinvolti nelle indagini e nel perseguimento delle violazioni dei diritti umani, prestando la dovuta attenzione al difficile, ma cruciale, compito di identificare le persone scomparse o scomparse».
Ma Türk denuncia che il rapporto delinea alcuni sviluppi inquietanti e ne sottolinea tre:
Primo, un'escalation di arresti e detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate e violazioni legate alla detenzione: «Gli attacchi contro gli oppositori politici e le voci dissidenti in tutto il Paese si sono intensificati dopo la conclusione del mandato della Missione indipendente di accertamento dei fatti. Sebbene sia probabile che la cifra sia più alta e che gli arresti continuino, abbiamo verificato almeno 60 casi di detenzione arbitraria di individui che esercitavano pacificamente il loro diritto di esprimere opinioni politiche. In alcuni casi, la detenzione è stata seguita da esecuzioni extragiudiziali. Tale repressione sta infliggendo sofferenze ingenti alle persone coinvolte e alle loro famiglie, alcune delle quali sono state esse stesse sottoposte ad arresti e detenzioni arbitrarie. Si sta inoltre ulteriormente erodendo la libertà di espressione, di associazione e di riunione, in un contesto di deterioramento dello spazio civico e dello stato di diritto in generale. Tutto ciò compromette le prospettive di risanamento del frammentato ambiente sociale e politico della Libia. Soprattutto perché le proteste contro le detenzioni erano al centro della rivolta del 2011. La continua mancanza di assunzione di responsabilità per le violazioni e gli abusi perpetrati 13 anni fa continua a rappresentare uno dei seri ostacoli alla riconciliazione odierna e a fungere da motore del conflitto».
Secondo, diffuse violazioni dei diritti umani nei confronti di migranti, rifugiati e richiedenti asilo: «La disumanizzazione di queste persone che si trovano in una situazione di vulnerabilità continua a verificarsi per mano di attori sia statali che non statali, spesso collusivi. Traffico, tortura, lavoro forzato, estorsione, fame in intollerabili condizioni di detenzione. Espulsioni di massa. Vendita di esseri umani, compresi bambini. Perpetrati su larga scala, nell'impunità. E a marzo di quest'anno è stata scoperta una fossa comune nella Libia sudoccidentale, contenente almeno 65 corpi presumibilmente di migranti. Come se tutto ciò non fosse già abbastanza orribile, stiamo dando seguito alle segnalazioni di un'altra fossa comune scoperta di recente nella zona desertica al confine tra Libia e Tunisia. Esorto le autorità a rispondere rapidamente alle nostre richieste e a indagare a fondo su questi crimini. I cari delle vittime hanno tutto il diritto di sapere la verità. E la responsabilità di indagare su questi crimini ricade interamente sulle autorità libiche. Bisogna riparare, fare giustizia e niente del genere deve mai più accadere. Esorto le autorità libiche ad adottare un quadro giuridico e politico completo sui rifugiati e i migranti, che sia in linea con gli obblighi della Libia in materia di diritti umani e di diritto dei rifugiati».
E qui Türk lancia una proposta che riguarda direttamente il governo italiano che ha confermato l’accordo con il governo ufficiale libico di Tripoli e quello non riconosciuto di Bengasi sui migranti, sull’en ergia e sulla Libia pilastgro del Piano Mattei meloniano. Infatti ha invitato la comunità internazionale a «Riesaminare e, se necessario, sospendere la cooperazione in materia di asilo e migrazione con le autorità coinvolte in violazioni dei diritti umani. Nel periodo preso in esame, più di 2.400 persone sono morte o sono scomparse nel tentativo di attraversare il Mar Mediterraneo centrale: una perdita di vite umane insopportabile. Di queste persone, più di 1.300 sono partite dalla Libia. E’ inaccettabile che persone in cerca di sicurezza e dignità soffrano e muoiano in circostanze così indicibili. Ricordo a tutti gli Stati la responsabilità collettiva, prevista dal diritto internazionale, di salvare vite umane e prevenire le morti in mare. E chiedo a ciascuno di noi di riflettere su questa continua e tragica perdita di vite umane, nonché sulla morte di così tanti migranti e rifugiati lungo le pericolose rotte attraverso il deserto del Sahara verso la costa, come evidenziato in un rapporto pubblicato la scorsa settimana dall'UNHCR, dall'OIM e dal Mixed Migration Centre».
Terzo, i continui ritardi nel processo di giustizia transitoria e di riconciliazione: «Riconosco quanto siano delicati e, per loro natura, lunghi questi processi, nonché gli sforzi compiuti finora. Sono tuttavia preoccupato per i persistenti insuccessi nell'adozione di una legge e di una tabella di marcia per la riconciliazione, negando a innumerevoli vittime il diritto alla verità, alla giustizia e alla riparazione. E’ profondamente preoccupante anche la continua emarginazione di donne, giovani, vittime e altri soggetti da questi importanti processi che daranno forma al futuro del Paese. La loro partecipazione significativa è essenziale affinché questi processi possano davvero garantire pace e prosperità a tutti i libici».
Un quadro completamente diverso dal “porto sicuro” di Salvini e delle sorridenti strette di mano della Meloni (e dei suoi predecessori) ai capi politici degli aguzzini che tengono in ostaggio la Libia e i migranti. Türk rivela infatti che i trafficanti di uomini e donne ai quali aveva promesso di dare la caccia in tutto il globo terracqueo in realtà ce li aveva di fronte durante le sue visite di cortesia e affari petroliferi un Libia.
Türk ha concluso ribadendo che «Gli elementi fondamentali per garantire una pace duratura in Libia sono chiari. Un processo di giustizia transitoria e riconciliazione basato sui diritti e incentrato sulle persone. Una soluzione politica sostenibile che rifletta i diritti e le aspirazioni di tutti i libici. Il ripristino dello stato di diritto, compresa l'assunzione di responsabilità per le violazioni dei diritti umani. E l'emergere di istituzioni unificate e legittime. A tal fine, esorto le autorità libiche ad attuare le raccomandazioni contenute nel nostro rapporto. E sottolineo un passaggio decisivo: l'adozione di un quadro legislativo a tutela del diritto alla libertà di riunione e di associazione. Questo avrebbe un effetto trasformativo in Libia. La repressione delle organizzazioni della società civile, degli attivisti politici, dei giornalisti e di molti altri sta alimentando un clima di paura. Sta inoltre minando le fondamenta stesse necessarie alla transizione democratica della Libia, incoraggiando i delinquenti e consentendo alle milizie armate e agli eserciti di perpetrare impunemente violazioni dei diritti umani. Uno spazio civico fiorente, i<nel quale i libici possano impegnarsi in un dibattito e in un dialogo aperti e sicuri, è essenziale per alimentare la comprensione reciproca e promuovere la coesione sociale. E’ fondamentale per i processi politici, elettorali e di riconciliazione nazionale. Ogni cittadino libico deve avere la certezza di poter partecipare alla vita pubblica senza timore di rappresaglie. Il mio ufficio è pronto a continuare a fornire assistenza al popolo e alle autorità libiche. Con un nuovo mandato, i nostri sforzi possono contribuire a superare gli ostacoli al processo di riconciliazione e sostenere l'attuazione del piano d'azione nazionale per i diritti umani. La nostra capacità di farcela, però, dipenderà da una maggiore cooperazione da parte delle autorità libiche (…) La pace e la stabilità in Libia vanno di pari passo con i diritti umani. Un mandato rinnovato di assistenza tecnica e di rafforzamento delle capacità ci consentirà di collaborare con le autorità libiche per individuare soluzioni alle numerose sfide in materia di diritti umani che il Paese si trova ad affrontare. Concentrandosi sull'interesse collettivo, i leader libici possono adottare le misure necessarie per ripristinare la speranza in Libia per una vita più pacifica, giusta e sicura per tutti».