
Superbatteri, studiare i surfisti per valutare la resistenza agli antibiotici in mare

L'aumento di superbatteri, i batteri resistenti agli antibiotici è sconsiderata una delle più grandi minacce per la salute umana: mentre i microbi diventano sempre più immuni agli antibiotici esistenti, la nostra capacità di trattare le infezioni comuni sta rapidamente diminuendo, tanto che un recentemente il governo britannico ha invitato l'industria farmaceutica globale a creare un fondo da 1,3 miliardi di sterline per innovare la ricerca di nuovi antibiotici. Ora gli scienziati dell’università britannica di Exeter sembrano ver trovato nuovi alleati pronti a fare da cavie: stanno per iniziare uno studio innovativo che farà luce su come i surfisti e i siano esposti all’inquinamento da liquami in mare e quanto possono essere influenzati dai superbatteri resistenti agli antibiotici. Il team dell’European Centre for Environment and Human Health di Exeter ha infatti stretto un accordo con i Surfer Against Seawage, una Ong di surfistgi che si batte contro ed insieme hanno invitato i surfisti della Gran Bretagna a fornire campioni raccolti da tamponi rettali. Il primo progetto di questo tipo, lo studio Beach Bums, punta a coinvolgere 150 surfisti e bodyboarders che fanno attività sportiva almeno tre volte al mese. Con un nuovo approccio per la raccolta dei dati, il team sta anche chiedendo ad ogni partecipante di convincere a fornire campioni rettali anche qualcuno che non fa surf. I tamponi forniranno ai ricercatori una panoramica dei microbi che stanno colonizzando le viscere dei partecipanti e gli scienziati di Exeter sperano che confrontando campioni di chi fa regolarmente serf con chi non lo fa saranno in grado di ricostruire un quadro più chiaro di come resistenza ambientale agli antibiotici possa avere effetti sulle persone. Anne Leonard , una delle principali ricercatrici coinvolte nello studio, spiega: «Sappiamo che i surfers ingoiano regolarmente molta più acqua di mare delle altre persone che frequentano le spiagge: circa 170 ml per sessione, che è più di 10 volte superiore a quello di chi nuota in mare. Abbiamo già dimostrato che questa acqua può contenere batteri resistenti agli antibiotici, ma non abbiamo idea di come questo potrebbe influenzare i microbi che vivono nelle nostre viscere, o come potrebbe avere un impatto sulla salute. Quindi stiamo chiedendo agli adulti sani che fanno surf o bodyboard almeno 3 volte al mese di partecipare ad uno studio che farà la chiarezza tanto necessaria sugli effetti dell'inquinamento marino». Per partecipare, i volontari dovranno registrarsi sul sito di Surfers Aganist Sewage e specificare se vivono in Inghilterra, Galles o Irlanda del Nord, poi saranno dotati di un kit Beach Bums per raccogliere i campioni e saranno anche invitati a compilare un breve questionario. Tutti i dati raccolti saranno trattati con la massima riservatezza. Andy Cummins, direttore delle campagne Director di Surfers Against Sewage, conclude: «Anche se la qualità dell'acqua è migliorata drasticamente negli ultimi 20 anni, le acque costiere possono ancora essere contaminate dai reflui provenienti sia dagli animali che dagli esseri umani, con l'introduzione di miliardi di batteri potenzialmente nocivi nell'ambiente marino. Vogliamo costruire un quadro più chiaro dei rischi che la gente ha di fronte quando entra in acqua, in modo che possiamo garantire che i nostri mari sono sicuri per tutti. L’8 giugno si celebra il World Oceans Day e oggi lanciamo lo studio Beach Bumsi, perché siamo convinti che oceani sani possono portare ad un pianeta sano».
