Istat, i cittadini italiani sono sempre più preoccupati dalla crisi climatica
L’Istituto nazionale di statistica (Istat) ha pubblicato il nuovo rapporto sulla percezione dei cittadini italiani rispetto alle tematiche ambientali, aggiornando al 2023 la serie storica iniziata nel 1998.
Ne esce fuori una panoramica del Paese eterogenea per area geografica, età e genere degli intervistati, anche se attraversata da dinamiche comuni lungo lo Stivale.
Su tutte la preoccupazione per i cambiamenti climatici, nel 2023 al primo posto – con ampio distacco – tra i problemi ambientali ritenuti più preoccupanti: esprime quest’attenzione il 58,8% della popolazione (+2,2% sul 2022 e +22,8% sul 1998), seguita da quella per inquinamento dell’aria (49,9%, stabile da vent’anni) e da produzione e smaltimento rifiuti (38,9%, al minimo storico).
In coda alla classifica nazionale spiccano invece l’inquinamento elettromagnetico (10,2%), l’inquinamento acustico (11,5%) e la rovina del paesaggio (12,3%).
L’attenzione al dissesto idrogeologico, sebbene sia scesa molto – e in modo non giustificato – nell’arco temporale in esame (dal 34,3% nel 1998 al 26,5% della popolazione di 14 anni e più nel 2023), registra un aumento di oltre 4 punti percentuali sul 2022.
«Le conseguenze delle alluvioni nelle Marche e in Toscana del maggio 2023 potrebbero aver innescato – spiega l’Istat – un aumento del livello di preoccupazione espresso dai cittadini nei confronti del dissesto idrogeologico; a conferma di ciò nelle Marche si riscontra un aumento sul 2022 pari a 11 punti percentuali mentre in Toscana, Umbria ed Emilia Romagna la crescita è di circa 6 punti».
Approfondendo il dettaglio territoriale, l’Istat mostra come nel 2023 si confermi la polarizzazione tra Nord e Mezzogiorno rispetto alle preoccupazioni per le tematiche ambientali.
Ad esempio, si rileva una differenza di circa 10 punti percentuali rispetto al tema dei cambiamenti climatici, che preoccupa il 61,2% degli abitanti del Nord rispetto al 51,9% di quelli del Mezzogiorno. Anche l’inquinamento delle acque rientra tra i temi particolarmente sentiti dagli abitanti delle regioni settentrionali (40,9%) e molto meno da quelli delle regioni meridionali (34,0%)
All’opposto, richiamano l’attenzione soprattutto dei residenti del Centro e del Mezzogiorno le tematiche legate alla produzione e allo smaltimento dei rifiuti (41,3% nel Mezzogiorno, 43,5% nel Centro e 35,2% nel Nord) e all’inquinamento del suolo (22,8% nel Mezzogiorno, 22,4% al Centro e 20,1% nel Nord).
Guardando invece alle differenze di genere, le donne si dichiarano mediamente più attente a mantenere comportamenti ecocompatibili (come non sprecare acqua o energia). Anche l’età rappresenta una variabile importante: i giovani fino a 24 anni sono più sensibili per quanto riguarda perdita di biodiversità, distruzione delle foreste ed esaurimento delle risorse naturali; gli over50 si confermano invece più preoccupati dei giovani per dissesto idrogeologico e inquinamento del suolo.
Resta un dato politico di fondo. Come mai, se crescono le preoccupazioni per le tematiche ambientali a partire dalla crisi climatica, dall’appuntamento con le elezioni escono fuori sempre più spesso maggioranze di governo inazioniste se non espressamente negazioniste? Perché si moltiplicano le sindromi Nimby e Nimto che bloccano la realizzazione degli impianti – da quelli per la produzione di energia rinnovabile a quelli per la gestione rifiuti – necessari a portare avanti la transizione ecologica?
«C’è da completare la rivoluzione culturale – spiega a greenreport Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Bisogna essere coerenti: quello che si chiede per il futuro delle prossime generazioni si deve anche concretizzare in una scelta consapevole di chi ci rappresenta».