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Istat, in Italia l’inquinamento atmosferico è tornato in «netto peggioramento»

 |  Editoriale

Nonostante la qualità dell’aria respirata dagli italiani sia migliorata nel corso degli ultimi decenni, i progressi sull’inquinamento atmosferico stanno stagnando quando non invertendo decisamente la rotta.

È quanto segnala l’aggiornamento del rapporto Ambiente urbano (dati 2022) pubblicato nei giorni scorsi dall’Istat, documentando un «netto peggioramento della qualità dell’aria nei comuni capoluogo: aumentano le concentrazioni di polveri sottili e ozono, sempre più critica la situazione del nord».

In particolare, l’Istat registra un incremento delle concentrazioni medie annue di Pm2,5 in 56 dei 93 comuni capoluogo che hanno effettuato il monitoraggio (60%) tramite 171 stazioni fisse di rilevamento. In peggioramento anche l’andamento del Pm10 nei 100 capoluoghi con monitoraggio effettuato da 264 centraline, che registrano incrementi delle concentrazioni nel 75% dei casi.

Considerando che il Pm2,5 è contenuto nel Pm10, l’incremento di quest’ultimo rilevato in un maggior numero di osservazioni, fornisce un’ulteriore conferma della tendenza peggiorativa delle polveri più sottili, altamente nocive per la salute umana, ritenute responsabili di un alto numero di morti premature dall’Oms.

Basti osservare che l’inquinamento atmosferico rappresenta ancora il principale rischio ambientale per la salute in Europa, e che in questo contesto l’Italia vanta il record di decessi prematuri: ogni anno, documenta l’Agenzia europea dell’ambiente, a causa dell’inquinamento atmosferico da polveri sottili (Pm2.5) muoiono 46.800 italiani, 11.300 per il biossido d’azoto (NO2) e 5.100 da ozono (O3).

Le principali fonti di provenienza per le polveri sono riscaldamento degli edifici, allevamenti e trasporti stradali; per il biossido d’azoto, il traffico veicolare; per l’ozono, trasporto su strada, riscaldamento e produzione di energia.

Sappiamo dunque bene da dove provengono gli inquinanti, ma facciamo ancora troppo poco per evitare che ci avvelenino il respiro. Dovremmo incrementare gli sforzi, ma sta avvenendo il contrario.

«Gli andamenti osservati – spiega l’Istat – segnano un’inversione di tendenza rispetto agli anni recenti. L’ultimo peggioramento significativo, infatti, si era verificato nel 2017 (con incrementi dei valori medi in circa metà dei capoluoghi per il Pm2,5 e in quattro su 10 per il Pm10), mentre dal 2018 al 2021 nella maggioranza dei capoluoghi si era osservata una chiara tendenza alla riduzione delle concentrazioni medie annue».

Il risultato è che gli interim target dell’Oms (20 µg/m3 per il Pm10 e 10 µg/m3 per il Pm2,5) sono stati superati in 84 comuni capoluogo su 100 con misurazioni valide per il Pm10 e in 83 comuni su 93 per il Pm2,5 (89,3%). A livello geografico emerge, per entrambi gli inquinanti, una maggiore gravità del problema al nord, dove oltre il 90% dei capoluoghi supera entrambe le soglie. La quota scende intorno all’80% nel centro e nel sud, ed è circa del 60% nelle isole.

Anche i valori medi annui di Pm2,5 superano il limite Oms in tutti i 46 capoluoghi del Nord, con l’unica eccezione di Imperia, che non effettua il monitoraggio. Le concentrazioni medie annue doppiano il limite in 18 capoluoghi settentrionali (Monza,Cremona, Padova, Brescia, Lodi, Vicenza, Rovigo, Bergamo, Piacenza, Ferrara, Como, Asti, Alessandria, Mantova, Treviso e Milano, Venezia e Torino tra quelli metropolitani). Nel bacino padano, si rilevano, inoltre, i valori più alti di Pm2,5, per i quali il nostro Paese è oggetto anche di procedure di infrazione europee.

Ad aggravare la situazione arrivano poi le concentrazioni di biossido d’azoto: tutti i capoluoghi metropolitani, comunque, presentano valori di concentrazione indicati come nocivi dall’Oms, che nelle linee guida del 2021 indica come valore di riferimento da non superare 10 µg/m3 . Rispetto al 2021, i valori medi di biossido d’azoto, monitorati in 100 capoluoghi da 276 stazioni, risultano sostanzialmente stabili con un aumento in una minoranza di casi (38 città, tra cui 7 capoluoghi metropolitani).

Infine, anche per l’ozono – sostanza prodotta in atmosfera tramite reazioni fotochimiche di altri inquinanti – si osserva un incremento dei giorni di superamento dell’obiettivo a lungo termine (120 µg/m3 della media mobile giornaliera di 8 ore) in 64 comuni capoluogo su 89 con monitoraggio effettuato per una media di 39 giorni di mancato rispetto dell’obiettivo (contro i 28 nel 2021).

Per consultare il rapporto completo Istat Ambiente urbano: https://www.istat.it/it/archivio/297395

Luca Aterini

Luca Aterini, toscano, nasce settimino il 1 dicembre 1988. Non ha particolari talenti ma, come Einstein, si dichiara solo appassionatamente curioso: nel suo caso non è una battuta di spirito. Nell’infanzia non disegna, ma scarabocchia su fogli bianchi un’infinità di mappe del tesoro; fonda il Club della Natura, e prosegue il suo impegno studiando Scienze per la pace. Scrive da sempre e dal 2010 per greenreport, di cui è oggi caporedattore.