Solo un terzo dei litorali laziali si è salvato dal diluvio di cemento

Goletta Verde, nel Lazio dal 1988 cancellati definitivamente oltre 41 km di costa

Legambiente chiede il vincolo di inedificabilità fino ad 1 km dalla costa

[29 Luglio 2013]

Oggi Goletta Verde ha presentato a San Felice Circeo il dossier Il consumo di suolo nelle aree costiere italiane. La costa laziale, da Minturno a Montalto di Castro: l’aggressione del cemento ed i cambiamenti del paesaggio”, dal quale emerge che «Dal 1988 nel Lazio sono stati cancellati 41 chilometri di costa. Oggi, su un totale di 329 km, da Minturno a Montalto di Castro, ben 208 risultano essere trasformati ad usi urbani e infrastrutturali, ossia oltre il 63%. E il boom del cemento non accenna a diminuire con il rischio di far scomparire per sempre le bellezze naturali della regione».

Di fronte a questo scempio Legambiente ha lanciato la proposta di «Bloccare le espansioni degli strumenti edilizi, fissare un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere dall’edificato di almeno un chilometro dal mare, approvando subito un piano paesaggistico e chiedendo al contempo di procedere con l’abbattimento delle opere abusive, in particolare nei 23 Comuni costieri dove nel 2009 stati commessi complessivamente ben 2.379 manufatti realizzati senza alcuna autorizzazione».

Lo studio di Legambiente ha analizzato la costa laziale dal 1988 al 2011, sovrapponendo le foto satellitari è stato possibile vedere la progressiva occupazione della costa in  23 anni  e gli ambientalisti sottolineano che «Malgrado i vincoli imposti sia legge “Galasso”, sono stati cancellati 41 km di costa, cioè il 20% dell’intera urbanizzazione esistente, in gran parte a favore di nuove seconde case, ville e palazzi, per l’espansione di alcuni agglomerati che si susseguono lungo la costa, e per attività turistiche. Rilevanti sono anche le opere infrastrutturali realizzate, come il nuovo Porto di Ostia e gli ampliamenti realizzati a Civitavecchia, mentre sono diversi i progetti di nuove infrastrutture portuali che riguardano Fiumicino, Anzio, Formia, San Felice Circeo, Gaeta. Nel dettaglio, su un totale di 329 km, da Minturno a Montalto di Castro, ben 208 risultano essere trasformati ad usi urbani e infrastrutturali, ossia oltre il 63%. Più precisamente, 59 km sono occupati da porti, attività industriali, opere infrastrutturali. Mentre la parte occupata dalle costruzioni si può dividere tra 55 km di paesaggio urbano molto denso e 94 km di costa occupata da insediamenti con densità più bassa, per lo più lineari che seguono la linea di costa. Solo 12 km di costa sono ancora paesaggi agricoli, mentre sono ancora “integri” 109 km di paesaggi naturali, di cui 62 km risultano vincolati, perché ricadenti in aree protette».

I tratti di costa dove è avvenuta la maggiore  trasformazione del paesaggio sono quelli che  tra Fondi (Salto Corvino) e Terracina e tra  Anzio a Torvaianica. Anche in altri  tratti, come il Lido di Ostia, le spiagge di Fiumicino, Santa Marinella e Civitavecchia, non solo il paesaggio è stato trasformato in modo irreversibile a favore di alberghi, servizi, prime e seconde case, ma la spiaggia è stata occupata con grandi attrezzature. Di solito l’avanzata del cemento è avvenuta a danno di aree libere come spiagge, dune e aree verdi naturali, ma soprattutto di suoli agricoli.

Secondo Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, «I risultati che questo studio della costa laziale ci consegna sono estremamente preoccupanti. Per I numeri e per la dimensione dell’aggressione nei confronti di una costa di grande bellezza, nella quale sopravvivono ancora paesaggi naturali e ricchi di storia, a rischio se non si interviene immediatamente.  Oggi cambiare non solo è possibile ma è nell’interesse dei cittadini, dell’ambiente e del turismo. Chiediamo alla giunta Zingaretti di avere il coraggio e la lungimiranza di fissare un vincolo di inedificabilità assoluta per tutte le aree costiere ancora libere per almeno un chilometro dal mare, attraverso l’approvazione di un piano paesaggistico che intervenga anche sui piani regolatori vigenti per stralciarne le previsioni edificatorie».

I 24 Comuni costieri del Lazio in molti casi sono vere e proprie cittadine che spesso triplicano, quintuplicano, decuplicano gli abitanti a luglio ed agosto, il dossier mette in guardia su un altro fenomeno: «Altri gli ambiti costieri rischiano di divenire periferie delle città, con un pericoloso rischio di una divisione tra città dormitorio e città turistica. La sfida è ridisegnare il litorale, bisogna aumentare la qualità degli spazi pubblici e privati, ricomporre paesaggisticamente i luoghi, ricostruire i water front, intervenire sulle situazioni di mono-funzionalità residenziale, allo stesso tempo non concentrandosi solo sulla funzione turistica».

Roberto Scacchi, direttore di Legambiente Lazio, è convinto che «Serve un grande sforzo progettuale, di innovazione, di modernità, di sperimentazione e per questo va subito approvato il Piano Paesaggistico Regionale fermando definitivamente gli appetiti cementificatori dei Comuni costieri. Anche perché  questi ultimi, hanno presentato centinaia di osservazioni “ammazza paesaggio” al Ptpr adottato, per trasformazioni urbanistiche in aree vincolate paesaggisticamente, che coinvolgono 465,5 ettari tra le province di Roma e Viterbo e altri 3.500 ettari nella provincia di Latina. Osservazioni respinte per la gran parte dagli uffici regionali in sede di controdeduzioni, ma da tenere ancora sotto attenta osservazione. E’ necessario procedere con urgenza e ricomporre paesaggisticamente i luoghi, ricostruire i water front, intervenire sulle situazioni di mono-funzionalità residenziale non concentrandosi solo sulla funzione turistica».

Solo parchi e riserve naturali hanno fermato la pressione edilizia, a partire dal Parco Nazionale del Circeo e dalla Riserva naturale Statale Litorale romano e poi con un articolato sistema di aree di diversa dimensione (dal Parco regionale riviera di Ulisse, alla riserva naturale statale Salina di Tarquinia, fino alla riserva naturale regionale Tor Caldara). «Tutto ciò però non basta – dice Marco Omizzolo, coordinatore provinciale di Latina di Legambiente – La linea di costa del Parco nazionale del Circeo va difesa senza tentennamenti, rigettiamo qualsiasi ipotesi di esclusione dal Parco di territorio e qualsiasi proposta tesa ad aumentare il consumo di suolo in un’area già pesantemente colpita da fenomeni di abusivismo edilizio. Inoltre riteniamo di fondamentale importanza l’istituzione di un’area marina protetta e quindi l’allargamento a mare del Parco, in un’ottica più ambiziosa e coraggiosa rispetto a quella contenute nel Piano. Infine, affinché la tutela possa essere realmente efficace è necessaria l’organizzazione di un sistema di reti ecologiche in grado di collegare l’area protetta con quelle già presenti nella provincia pontina, come il Parco regionale dei Monti Ausoni, Riviera d’Ulisse e l’auspicabile Parco regionale dei Monti Lepini».

Ma non preoccupa solo  l’avanzare del cemento “legale”. Secondo i dati elaborati m nel dossier, «Nei 23 Comuni costieri della regione Lazio (escluso il Municipio 13 della Capitale) sono stati commessi complessivamente ben 2.379 abusi edilizi nel 2009 (ultimo dato pubblicato), il 15,4% rispetto al numero totale dei 15.426 abusi regionali, pari a ben 6,5 illeciti al giorno. Soprattutto se raffrontato con il dato delle demolizioni degli abusi sui territori: solamente nel 2,9% dei casi nel corso del 2009 la parola è passata alle ruspe. Un dato decisamente serio e preoccupante, in sostanza stabile rispetto al 2004 quando gli abusi registrati erano 1.803».

C’è poi l’erosione costiera, ancora da valutare attentamente: nel Lazio sono in forte erosione 63 Km  di costa, il 23% del totale (isole escluse), un fenomeno che secondo gli ambientalisti è dovuto soprattutto «Alla realizzazione di invasi artificiali lungo i corsi d’acqua che diventano vere e proprie trappole sedimentarie, all’estrazione di inerti ed alla realizzazione di sbarramenti in alveo. Un problema serio, sul quale intervenire fermando l’avanzata di altre inutili opere a mare, fermando il diluvio di cemento dei nuovi porti, migliaia di nuovi posti barca, sovradimensionati, calcolati rispetto al picco estivo sul quale si dimensiona la domanda e si consuma suolo, mentre si potrebbe lavorare sulla realizzazione di pontili mobili e boe galleggianti».