Ungulati, le proposte degli ambientalisti per una gestione efficace

Del Ministro a Rossi: «Una parte del mondo venatorio vuole che ci siano tanti cinghiali»

[12 Agosto 2015]

Maurizio Del Ministro, presidente del circolo Legambiente Valdinievole, ha scritto al presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi per sottolineare che «Il problema dei Cinghiali mi sembra sempre più drammatico e di attualità, tre anni fa alcune associazioni ambientaliste hanno presentato alla Regione, alla Provincia etc un piano ,realizzabile ed efficace, per il contenimento di questi ungulati. Come spesso ci succede siamo rimasti inascoltati anche perché, in realtà, una parte del mondo venatorio vuole che ci siano tanti Cinghiali per fare più “bottino” durante le loro pericolosissime battute di caccia, che oltretutto ,come è ampiamente dimostrato, non servono certamente a ridurre davvero il numero dei Cinghiali».

Nel febbraio 2014, i circoli Legambiente Valdinievole  e Pistoia, Valleriana Viva e Wwf Pistoia inviarono agli assessori regionali e provinciale all’ambiente e alla caccia, ai sindaci dei Comuni della Provincia di Pistoia, alle organizzazioni agricole e venatorie alle organizzazioni dei cittadini un “Documento sulle politiche per una corretta gestione degli ungulati” che Del Ministro ripropone a Rossi:

Le organizzazioni sottoscrittrici di questo documento ritengono:

– che il problema dei danni che la fauna selvatica arreca alle produzioni agricole e alle sistemazioni idraulico-agrarie abbia oggi un impatto preoccupante sulle attività economiche delle aziende agricole, tale da richiedere anche l’adozione di misure straordinarie e specifiche per ricostituire un equilibrio di sostenibilità ecologica ed economica e un quadro di sicurezza;

– che le strategie di controllo finora attuate, sebbene siano state supportate da indicazioni tecniche di buon livello, non abbiano prodotto risultati soddisfacenti, probabilmente anche a causa di condizionamenti politici che hanno favorito l’attività venatoria e il prelievo selettivo come prevalenti modalità di gestione;

– che le politiche sulla caccia, sulla gestione del territorio, in particolare delle aree boscate, e sul contenimento della fauna ungulata adottate fino ad oggi si sono dimostrate inadeguate in generale e non sufficienti per affrontare oggi la situazione di emergenza che lamentano gli imprenditori agricoli ed i cittadini sia per i danni subiti che per la sicurezza collettiva;

– che le azioni riconducibili alla pratica degli indennizzi non possono essere interpretate come concorso alla soluzione del problema, poiché intervengono solo sugli effetti, quando sarebbe indispensabile agire sulle cause, ispirandosi al principio che è meglio prevenire che indennizzare;

– che è quindi assolutamente indispensabile orientare diversamente le politiche di gestione della fauna selvatica, adottando misure organiche, integrate e sistemiche, adattate ad ogni specie e ad ogni contesto territoriale, e tenendo ben distinte le attività di controllo della fauna dall’attività venatoria (come prevede anche la legislazione vigente).

-che la problematica dei danni all’agricoltura deve essere ricondotta ad una gestione tecnicamente corretta e socialmente partecipata della fauna selvatica, evitando di affidarsi esclusivamente all’attività venatoria;

-che il tema della gestione della fauna selvatica deve altresì essere ricondotto alla questione più generale della tutela degli ecosistemi, adottando strategie integrate per la conservazione della biodiversità, per il riequilibrio fra le specie e fra le specie e gli habitat (si pensi alla problematica del rapporto tra fauna e bosco) e  per restituire sicurezza alle attività umane, tenendo conto delle linee guida e dei rapporti degli organi scientifici (Ispra, Università, ecc.).

Tutto ciò premesso, le organizzazioni sottoscrittrici ritengono quindi che una corretta politica di controllo della fauna ungulata e di riduzione dei danni arrecati alle attività agricole debba fondarsi sui seguenti elementi:

1) l’adozione di un piano di azione per una effettiva riduzione della fauna ungulata, valutandone l’eccessiva concentrazione in particolari zone. Il piano deve basarsi su un ventaglio integrato di strumenti: misure di prevenzione, cattura per trappolaggio, attività venatoria. I sistemi di cattura mediante trappolaggio (trappole mobili, chiusini e corral) devono essere privilegiati, in quanto si sono dimostrati, laddove realizzati con programmi efficaci (per esempio nel Parco delle Foreste Casentinesi Monte Falterona Campigna), particolarmente adeguati per ripristinare condizioni di equilibrio ecologico per minimizzare realmente i danni alle attività agricole e alla sicurezza pubblica;

2) i programmi di cattura mediante trappolaggio devono sperimentare strumenti innovativi digovernance partecipativa, coinvolgendo le aziende agricole dei territori e le cooperative di lavoro agricolo-forestale e trasformando la fauna selvatica da problema a risorsa, attraverso la strutturazione di una filiera localizzata della carne derivante dagli abbattimenti, che conti su adeguati controlli sanitari e su un sistema di distribuzione e consumo, incentivato anche per mezzo dell’adozione di un marchio o di denominazioni locali delle carni;

3) il coinvolgimento delle aziende agricole, singole o associate, deve configurarsi come una prestazione di servizi alla Pubblica Amministrazione nella realizzazione di interventi finalizzati anche alla conservazione della biodiversità e prevedere perciò un relativo compenso economico;

4) alla cattura potrà seguire, nel caso di specie di pregio come il cervo, la cessione degli animali ad aree protette dell’Appennino centro-meridionale impegnate in progetti di reintroduzione;

5) incentivazione delle opere di prevenzione: recinzioni e chiudende per proteggere le colture e le aree boschive in fase di rinnovazione; dissuasori chimici e sonori; recupero di aree naturali di foraggiamento attraverso il ripristino di radure e praterie in aree collinari e montane, allo scopo di mantenere in zone più vocate e localizzate la fauna selvatica;

6) la previsione, per le imprese che abbiano subito danni da parte della fauna ungulata per almeno tre degli ultimi cinque anni, di un adeguato contributo pubblico per la realizzazione di opere di prevenzione, con la sola esclusione degli interventi di miglioramento che realizzi incrementi di produttività dei fondi medesimi;

7) risarcimento integrale dei danni provocati dagli animali selvatici, la valutazione  dei quali deve essere determinata alla presenza di un tecnico nominato dall’azienda agricola, il cui costo sia sostenuto con risorse economiche pubbliche;

8) una gestione di tipo partecipativo delle azioni, attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori nella politica sistemica di controllo della fauna selvatica: le Istituzioni (Comuni, Provincia, Regione), il personale tecnico, gli agricoltori e gli allevatori, i cacciatori, gli ambientalisti, gli istituti scientifici di riferimento.