Parco dello Stelvio, continua l’agonia: per lo smembramento si deciderà a gennaio
Legambiente: «Una fondazione potrebbe risolvere l'impasse della più grande area protetta alpina»
[12 Dicembre 2014]
Si mangerà il panettone (o la bisciola o lo zelten, secondo le diverse tradizioni) al Parco Nazionale dello Stelvio: la decisione della Commissione ‘dei dodici’ (la commissione paritetica di governo e autonomie speciali di Trento e Bolzano) sul provvedimento che avrebbe dovuto sancirne lo smembramento e, conseguentemente, la fine dell’attributo ‘nazionale’ per il Parco è rinviata a gennaio, dopo la mobilitazione delle associazioni.
Dolci natalizi a parte, non c’è nulla di cui rallegrarsi: il rinvio infatti significa solo, per ora, il prolungamento dell’agonia per un parco che da quattro anni è in balia degli eventi, privo di un organo di governo, di un piano, di una programmazione. «Una situazione grave e un inaccettabile spreco di risorse – dichiara Vittorio Cogliati Dezza presidente nazionale di Legambiente – frutto di comportamenti irresponsabili di tutte le istituzioni coinvolte, dalla Regione Lombardia alle Province Autonome, fino ai governi e alle maggioranze politiche nazionali timorose di inimicarsi i voti del drappello autonomista dell’Alto Adige-Suedtirol».
Legambiente invita tutti a voltare pagina, e a farlo nell’interesse del Parco, ma anche e soprattutto delle comunità locali, che in questa situazione paradossale si vedono private di ogni prospettiva di sviluppo legata alla valorizzazione del Parco Nazionale: «La decisione sullo smembramento è antistorica – continua Cogliati Dezza – e si pone in rotta di collisione sia con la Convenzione delle Alpi che con lo sviluppo della Strategia Macroregionale Alpina, e condanna alla marginalità le comunità che vivono all’interno e ai confini della più grande area protetta delle Alpi Centrali». Le province autonome di Trento e Bolzano hanno messo a disposizione, come contropartita allo smembramento, i trasferimenti economici legati al riequilibrio con i territori confinanti.
«Pensiamo – conclude Cogliati Dezza – ci sia un modo migliore per usare queste risorse, ad esempio per alimentare una Fondazione per il parco nazionale, che abbia come unico scopo quello di attivare progetti di partenariato territoriale tra i comuni di tutti e tre i versanti del parco. E liberando l’Ente parco, che rimarrebbe incernierato nelle norme della legge 394/91, da tutti gli appesantimenti che gli hanno impedito di occuparsi della conservazione della biodiversità gestendo in maniera unitaria la più grande area protetta alpina. Solo in questo modo si potrà superare il grande scoglio che ha impedito al parco di decollare negli 80 anni dalla sua istituzione, ovvero la mancanza di un progetto unitario di conservazione e sviluppo, capace di superare i confini geografici e amministrativi delle quattro province coinvolte».
di Legambiente