Greenpeace Brasil: i governatori degli Stati dichiarino subito l’emergenza climatica

Il Brasile dopo la tragedia di Petrópolis: razzismo ambientale e catastrofe climatica

Instituto Pólis: «Non è colpa della pioggia, ma della mancanza di politiche di edilizia popolare»

[18 Febbraio 2022]

Ieri a Petrópolis, “la città imperiale del Brasile”, una località turistica di montagna dello Stato brasiliano di Rio de Janeiro scelta dell’imperatore Pedro II e degli aristocratici nel XIX secolo per il suo clima fresco anche in estrate,  si cercavano ancora 140 vittime dispersi sotto il fango e le macerie delle piogge torrenziali. E i morti ufficiali erano già 105.

Tutti sono convinti che sarà difficile trovare qualcuno ancora c vivo e che le vittime reali potrebbero superare le 250, visto che nella notte di terrore del 15 febbraio sono state colpiti soprattutto insediamenti informali, baraccopoli dove nessuno sa davvero chi ci vive e in quanti ci vivono.   Intanto, le autorità avvertono che c’è un rischio molto alto di nuove frane a causa delle forti piogge previste che sono ricominciate ieri.

Il governatore di Rio de Janeiro, il conservatore Claudio Castro del Partido Liberal, ha definito la situazione a Petrópolis «Un teatro di guerra». Ma è una guerra annunciata e dichiarata alla natura e anche una guerra sociale e di classe persa dai poveri.

Secondo gli esperti, la catastrofe è avvenuta a causa di una combinazione di fattori: forti piogge, la topografia della regione e, soprattutto, la fragilità delle baraccopoli costruite illegalmente in zone scoscese da famiglie che non possono permettersi di vivere altrove. A  Petrópolis sono state registrate più di 300 frane oltre a inondazioni e cadute di alberi. E il cambiamento climatico è un altro fattore importante; il 15 febbraio sulla città è caduta tanta pioggia  – 260 millimetri – quanto ne cade in media nell’intero mese di febbraio e Castro ha detto che «E’ stata la peggiore pioggia dal 1932». Regina dos Santos Alvalá, vicedirettrice del Centro Nacional de Monitoramento e Alertas de Desastres Naturais, São Paulo (CEMADEN) spiega che il Brasile è alle prese con gli effetti inattesamente rapidi del cambiamento climatico: «Nessun modello è in grado di prevedere quell’enorme quantità di pioggia caduta. Non è un limite del Brasile, ma della scienza».

Ma Petrópolis  e altre vicine città vicine avevano subito una tragedia ancora più grande nel 2011, quando, più o meno nello stesso periodo, nel mezzo della stagione delle piogge, morirono più di 900 persone. E molti analisti si chiedono perché non ci sia stato abbastanza tempo per sviluppare un efficace piano di prevenzione tra gli 11 anni che separano una tragedia dall’altra. Nel 2011, una commissione parlamentare d’inchiesta formulò persino  42 raccomandazioni per prevenire ulteriori catastrofi nella regione.

E gli eventi meteorologici estremi stanno diventando sempre più frequenti: a dicembre piogge estreme hanno colpito gli Stati di Bahia, San Paolo e Minas Gerais, il 30 gennaio ci sono state diverse vittime  a causa delle inondazioni e delle frane causate dalle forti piogge a São Paulo.

L’Instituto Pólis ricorda che « Queste morti si ripetono ogni anno in tragedie annunciate che potrebbero essere previste ed evitate, ma vengono dimenticate ancor prima che vengano adottate soluzioni. Mentre il presidente della Repubblica (il neofascista Jair Bolsonaro, ndr) accusa le famiglie di vivere in luoghi emarginati, privi di infrastrutture, la realtà è che le famiglie sono state dilaniate dalle piogge e dalle frane perché non avevano possibilità di avere un alloggio altrove. A causa dell’assenza dello Stato e di adeguate politiche di edilizia popolare, sono stati costretti a vivere esposti al rischio e alla pietà della morte su pendii scoscesi o sulle sponde di torrenti e fiumi che non dovrebbero essere occupati a causa della loro elevata instabilità. Tutto questo mentre, dall’altra parte della città, un metro quadro diventa sempre più costoso per arricchire la tasca di un mercato che fa miliardi grazie alla segregazione e alla disuguaglianza urbana, con conseguente gentrificazione delle aree urbane».

Secondo la coordinatrice di Pólis, Danielle Klintowitz. «La mancanza di pianificazione urbanistica interferisce ancora di più nella vita dei gruppi sociali svantaggiati. Poiché non abbiamo una politica abitativa adeguata, alla popolazione più povera non resta altro che andare nelle zone non valorizzate dal mercato, che presentano fragilità ambientali, solitamente irregolari, e che finiscono per soffrire quando si verificano questi eventi climatici. Non è colpa delle piogge, quello che stiamo vedendo è un “razzismo ambientale” verso le persone più vulnerabili, perlopiù nere, destinate a luoghi con debolezze ambientali, soggette a disastri climatici. Non sono il caso o gli eventi della natura che ogni anno causano queste morti, è il potere pubblico con la mancanza di politiche abitative che promuovano alloggi adeguati per le famiglie che si trovano in zone a rischio. Quel che chiamano fatalità, infatti, può essere letto come razzismo ambientale. Ciò significa che le persone stigmatizzate per la razza sono anche quelle che muoiono di più a causa della crisi climatica. La pioggia non è responsabile di situazioni come quelle a cui assistiamo. L’eccesso di precipitazioni è una conseguenza del cambiamento climatico aggravato dallo sfruttamento delle risorse, con la connivenza di tutte le sfere del potere pubblico, che colpisce in modo sproporzionato chi vi contribuisce meno e chi ha meno risorse finanziarie o tecnologiche per adattarsi al cambiamento climatico e alle catastrofi ambientali».

La Klintowitz aggiunge: «Purtroppo, per quanto insistiamo nell’umanizzare le nostre città, questo sarà possibile solo quando metteremo fine a questo sistema che sacrifica volontariamente le persone che non possono permettersi di pagare un alloggio adeguato, cosa che avrebbe dovuto essere garantita dal diritto e non solo sanata da una politica come quella degli aiuti d’emergenza, di importo irrisorio, che costringe ancora una volta queste famiglie a rioccupare aree con queste caratteristiche, senza risolvere efficacemente il problema.

E l’Instituto Pólis  denuncia che  a São Paulo «Intanto non è stato investito dal Municipio un miliardo di real nel Fundo de Desenvolvimento Urbano (Fundurb), contrariamente a quanto previsto nel Plano Diretor Estratégico.
Per l’Instituto Pólis, un’istituzione che da più 30 anni si batte per il diritto alla città, «E’ davvero triste vedere come la commozione per queste vite, che abitano in alloggi precari e irregolari, esista solo dopo la morte. Siamo costernati per questa situazione e siamo dispiaciuti per tutte le persone che hanno perso i loro cari. Ci auguriamo che in futuro questo possa essere diverso e che la morte di nessuno venga definita in base alla razza o alla classe sociale di appartenenza. Continuiamo nella lotta per città più giuste!»

E Greenpeace Brasil rilancia proprio su giustizia climatica e adattamento: «Il Brasile è stato gravemente colpito dagli eventi estremi sempre più frequenti, come le intense piogge e la siccità che hanno colpito alcuni Stati brasiliani dallo scorso anno, con conseguenze che continueranno ad avere un impatto sulla vita delle persone e sulla biodiversità nel 2022. In questo momento chi soffre maggiormente delle grandi catastrofi sono le popolazioni a basso reddito, che vivono in una situazione di vulnerabilità a causa delle precarie condizioni abitative e dell’accesso ai diritti fondamentali. Basta con il disprezzo politico per la crisi climatica! Sebbene la responsabilità delle tre sfere pubbliche sia urgente e necessaria, misure di adattamento agli eventi estremi devono essere pensate  secondo le dinamiche della realtà di ogni territorio. Ecco perché invitiamo i governatori a dichiarare un’emergenza climatica e ad attuare piani di adattamento».

Greenperace Brasil invita a firmare la sua petizione e  a rivolgersi direttamente a uno dei governatori  dei 10 Stati brasiliani più colpiti da eventi meteorologici estremi nell’ultimo periodo: Bahia, Minas Gerais, Pará, Goiás, Maranhão, Rio de Janeiro, Tocantins, Piauí, São Paulo e Rio Grande do Sul per chiedere che dichiarino l’emergenza climatica.

Alcuni stati, come Minas Gerais, Rio de Janeiro, San Paolo, Tocantins, Rio Grande do Sul e Goiás, hanno già presentato piani di adattamento ai cambiamenti climatici, ma per Greenpeace Brasil «In realtà, sono solo sulla carta».