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Legambiente contro il «ricatto occupazionale» degli imprenditori del marmo di Carrara

Il sistema lapideo dimentica che i propri utili sono garantiti da un bene pubblico, le cave
 |  Toscana

Rieccoli, sono tornati. Sono quelli del ricatto occupazionale. Sono gli imprenditori che nei convegni si sciacquano bocche e coscienze con proclami sulla sostenibilità, sulla responsabilità sociale, sull’Esg (in una parola: tentano poco credibili operazioni di greenwashing) e il giorno dopo minacciano neanche troppo velatamente il bagno di sangue dei licenziamenti.

Interprete di queste mirabolanti capriole non un imprenditore qualsiasi ma il presidente del gruppo lapideo di Confindustria, Fabrizio Santucci. Munito di carta e penna ha fatto i suoi calcoli e preconizza scenari da tregenda. Parla a nome proprio o dell’intero sistema confindustriale?

Dice sul serio quando afferma che “su un bilancio di un’impresa quello che pesa di più è il costo del lavoro”? In rapporto a cosa? Alla sola voce dei costi o al fatturato, perché è su questo valore che occorrerebbe stimare l’incidenza. Ora, a parte il recente studio della Cciaa che fissa (anno 2022) un costo medio del personale in ragione dell’11% del valore della produzione, basta consultare i Bilanci di alcune aziende – obbligate a renderli pubblici – per vedere ben altri numeri. Ad esempio, nel consolidato di Fum a fonte di ricavi per circa 74 milioni di euro e utili per circa 13 milioni il costo del personale è pari a circa 4 milioni e centomila.

A questo punto dal cappello del prestigiatore spunta il coniglio dei “piccoli”, delle cave con marmo di minor valore: minore, non basso. Ma chi sono, quanti sono? E soprattutto, perché il sistema lapideo apuano continua a veleggiare su vecchi modelli di impresa? Perché si dimentica che quegli utili sono garantiti da un bene pubblico, le cave, e non fa un passo verso la modernizzazione del distretto, ad esempio, con una transizione ecologica come hanno fatto altri distretti (ad esempio il tessile a Prato).

Insomma, le ultime uscite pubbliche degli imprenditori, forse innervositi dalle ripetute pronunce dei giudici amministrativi a favore di una gestione davvero sostenibile delle cave, confermano che alle nostre latitudini la “cultura” dominante degli industriali lapidei continua ad essere quella dell’economia di rapina e dei “padroni delle ferriere”. Magari confortati da dichiarazioni come quelle del presidente della Regione, Giani, che continua a pensare che le Apuane, invece di un inestimabile patrimonio di biodiversità e bellezza, altro non siano che “un enorme giacimento di marmo”.

di Legambiente Carrara

Redazione Greenreport

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