Dalla geotermia nuove possibilità per l’estrazione di materie prime critiche in Toscana
A Firenze si è acceso un nuovo faro sulla possibilità di sfruttare le risorse minerarie toscane ancora presenti nel sottosuolo, grazie all’atteso workshop organizzato nel capoluogo dalla Fondazione dei Geologi della Toscana in collaborazione con l’Ambasciata del Kazakhstan e il Consolato del Kazakhstan per la Toscana, con l’obiettivo di condividere informazioni e contribuire al dibattito sul futuro del minerario in Europa.
«La Toscana, grazie alla sua complessa storia geologica, è un luogo da indagare – ha detto in apertura il coordinatore della commissione risorse dell’Ordine dei Geologi della Toscana, Alessandro Cortopassi – Nonostante la chiusura degli ultimi 40 anni, è grazie ai colleghi coinvolti nella ricerca, in Toscana e in Italia, tuttora conserviamo la conoscenza tecnica e scientifica per stare al passo con la transizione energetica».
Lo sfondo normativo è quello delineato in primavera con l’approvazione europea del Critical raw materials act, recentemente acquisito nella normativa italiana da uno specifico decreto legge. Il testo finale della legge europea individua due elenchi di materiali (34 critici e 17 strategici), stabilendo tre parametri di riferimento per il consumo annuale di materie prime critiche nell’Ue: almeno il 10% dovrà arrivare da estrazione locale; il 40% verrà lavorato nell’Ue e il 25% proverrà da materiali riciclati.
Dalle materie prime critiche passa il 32% del Pil italiano, e si stima che l’Italia possa ricavarne fino un terzo dal riciclo, anche se nella declinazione data dal decreto del Governo Meloni quest’aspetto rimane purtroppo marginale. Il resto dovrà in ogni caso essere composto da materiali vergini, con nuove miniere e siti estrattivi.
Nel merito, Fiorenzo Fumanti di Ispra ha specificato che è impensabile una ricerca mineraria senza le regioni e che il rapporto con esse è fondamentale anche per la mappatura dei rifiuti estrattivi, dai quali è possibile estrarre nuove risorse minerarie.
Un contesto strategico quanto complesso, nel quale però la Toscana ha un jolly da poter giocare: quello della geotermia, sul quale si è concentrato l’intervento di Giampaolo Vecchieschi (Enel Green Power Italia); Vecchieschi ha illustrato i differenti usi della risorsa geotermica, spiegando che si tratta di un asset fondamentale per lo sviluppo rinnovabile. Una risorsa in uso in Toscana da 120 anni (cioè dal 1904) che oggi conta 37 unità di generazione elettrica e copre circa il 30% dei consumi della Toscana ed oltre il 75% di produzione di energia rinnovabile. E dalla quale potrebbero arrivare anche nuove materie prime critiche, a partire dal litio.
Come recentemente emerso dal ricercatore del Cnr Andrea Dini, sempre nell’ambito di un approfondimento organizzato dai geologi toscani, «molti dei siti minerari toscani non hanno più un potenziale per la ripresa delle attività ma alcuni target (magnesio, antimonio) dovrebbero essere indagati in maggiore dettaglio nell’ottica del Critical raw materials act. Altri target come i graniti mio-pliocenici e i fluidi geotermici dovrebbero essere studiati dal punto di vista scientifico per valutarne il potenziale per litio (quelli già condotti dal Cnr sono piuttosto promettenti, ndr). In ogni caso tutti i giacimenti toscani sono dei laboratori naturali dove sviluppare nuova conoscenza da trasferire poi in modelli concettuali e protocolli di indagine da applicare in contesti geologici simili dell’area mediterranea».