Influenza aviaria: come prepararsi alla pandemia umana
Flavio Cargnin Faccin e Daniel Perez del College of veterinary medicine dell’università della Georgia, hanno pubblicato su Human Vaccines & Immunotherapeutics lo studio “Pandemic preparedness through vaccine development for avian influenza viruses” che approfondisce la ricerca esistente sui vaccini contro l'influenza aviaria per gli esseri umani e dal quale emerge che «La vaccinazione rimane la strategia più efficace per la prevenzione e il controllo dell’influenza aviaria negli esseri umani, nonostante la diversa efficacia del vaccino tra i ceppi.
I risultati dello studio sono di stretta attualità visto che il 22 maggio è stato confermato che negli Usa il ceppo di influenza aviaria H5N1 si era diffuso per la seconda volta dal bestiame in America. a un essere umano, suscitando il timore per una successiva infezione da uomo a uomo, con possibili gravi conseguenze.
I primi casi di influenza aviaria nel bestiame statunitense sono stati accertati per la prima volta a marzo e da allora questo ceppo si è diffuso soprattutto da mucca a mucca e sono stati scoperti livelli molto elevati di virus nel latte crudo (il latte pastorizzato è sicuro, poiché ha mostrato RNA virale ma non il virus infettivo). Però, ad oggi due allevatori statunitensi hanno contratto il virus dell'influenza aviaria con sintomni oculari, ma dopo il trattamento si sono ripresi completamente.
Dopo i test sul primo agricoltore contagiato si è visto che il ceppo era mutato per adattarsi meglio alle cellule dei mammiferi, ma finché l'essere umano non lo ha trasmesso a un'altra persona, probabilmente a quel punto la diffusione si è interrotta.
Dopo che è stato accertato il secondo caso i Centers for Disease Control and Prevention statunitensi (CDC) hanno rilasciato una dichiarazione nella quale si afferma che, dopo un attento monitoraggio, soprattutto negli Stati colpiti, «Non c'è stato alcun segno di attività influenzale insolita nelle persone, inclusa la sorveglianza sindromica».
Ora però scienziati e gestori della sanità sono preoccupati perché «Se l’H5N1 continua ad avere l’ambiente in cui mutare (come negli allevamenti di bestiame vicini) – e questo continua abbastanza a lungo – ha il potenziale per trovare una combinazione che si diffonderà facilmente agli esseri umani».
I risultati del nuovo studio di Cargnin Faccin e Perez suggeriscono che «I vaccini rimangono ancora la nostra “difesa primaria” contro la potenziale diffusione dell’influenza aviaria come l’H5N1 e altre valutate».
Cargnin Faccin spiega che «I sottotipi H5N1, H7N9 e H9N2 del virus dell’influenza aviaria rappresentano una duplice minaccia, non solo causando perdite economiche significative per l’industria globale del pollame, ma presentando anche una pressante preoccupazione per la salute pubblica a causa di eventi di spillover documentati e casi umani. Questo studio approfondito del panorama dei vaccini contro l’influenza aviaria per gli esseri umani dimostra che la vaccinazione rimane la difesa primaria contro la diffusione di questi virus».
Il team dell’università della Georgia ha esaminato studi di vaccini testati su topi, furetti, primati non umani e studi clinici di vaccini contro l'influenza aviaria negli esseri umani, e ha valutato sia le piattaforme consolidate che i nuovi e promettenti indirizzi. Questa revisione suggerisce che «I vaccini inattivati sono un’opzione sicura ed economica che attiva principalmente l’immunità umorale, la parte del nostro sistema immunitario che produce anticorpi».
E’ noto che i vaccini antinfluenzali vivi attenuati (LAIV) inducono una risposta immunitaria più ampia rispetto ai vaccini inattivati, attivando non solo la produzione di anticorpi ma anche le difese delle mucose e delle cellule. Gli autori del nuovo studio evidenziano che «Questa risposta più ampia potrebbe offrire una maggiore protezione. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno e sfruttare i suoi potenziali benefici sia per le applicazioni umane che nelle fattorie».
L o studio ha anche esaminato alternative, come i vaccini con particelle simili a virus (VLP) e i vaccini con RNA messaggero (mRNA), emersi più recentemente e sottolindea che «Sebbene i vaccini VLP per l'influenza aviaria dispongano di dati limitati di studi clinici sugli esseri umani, i risultati degli studi sui topi e sui furetti si sono mostrati promettenti. Anche i vaccini mRNA contro i sottotipi di influenza aviaria H5N1 e H7N9 hanno generato una risposta immunitaria rapida e forte nei topi e nei furetti e, sebbene i dati sugli esseri umani siano scarsi, i risultati di uno studio di fase 1 su un vaccino mRNA H7N9 negli esseri umani sani sono stati “incoraggianti”».
Cargnin Faccin e Perez concludono: «Nel complesso, esplorare e utilizzare una vasta gamma di piattaforme vaccinali sarà fondamentale per migliorare la preparazione alla pandemia e mitigare la minaccia dei virus dell’influenza aviaria».