Dai ricercatori del Cnr un catalizzatore più efficiente per l’idrogeno verde, grazie al grafene
Nel mondo, vengono ogni anno prodotte circa 60 milioni di tonnellate di idrogeno: di queste solo l’1% – ovvero 600.000 t – sono ottenute scindendo l’acqua per via elettrolitica su elettrodi in cui il materiale catalitico è il nickel, un metallo abbondante e a basso costo. Quando l’elettricità impiegata nel processo è derivata da fonti rinnovabili come il sole, l’acqua e il vento, si ottiene l’idrogeno “verde”, che poi riconvertito in acqua nelle celle a combustibile idrogeno rende disponibile l’energia accumulata in modo programmabile.
Per questo, l’elettrolisi a basso costo è considerata una delle tecnologie chiave della transizione energetica. Per abbassarne il costo, occorre fra l’altro sviluppare nuovi materiali catalitici più efficienti e durevoli. Ed è proprio questo il solco nel quale si muove la nuova ricerca pubblicata su Cell Reports Physical Science da ricercatori dell’Istituto di cristallografia del Cnr di Bari (Cnr-Ic), dell’Istituto dei composti organometallici del Cnr di Firenze (Cnr-Iccom), e dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati del Cnr di Palermo (Cnr-Ismn).
Il team ha progettato un dispositivo completamente innovativo che incapsula una struttura di ossido di grafene all’interno (e non alla superficie) del reticolo cristallino di nanoparticelle a base di nickel: «In questo modo la speciale struttura planare del grafene interagisce in modo vantaggioso con il reticolo cristallino di nanoparticelle a base di nickel, determinando un aumento di efficienza e stabilità del catalizzatore per effetto cooperativo tra le due fasi cristalline», spiega Rocco Caliandro (Cnr-Ic), primo autore dello studio con Enrico Berretti (Cnr-Iccom).
Il gruppo di ricerca, guidato da Cinzia Giannini (Cnr-In), era composto anche dai ricercatori Alessandro Lavacchi (Cnr-Iccom) e Mario Pagliaro (Cnr-Ismn). Gli studi sono stati finanziati dal Pnrr nell’ambito della progettualità delle ricerche sull’idrogeno.
«Questo risultato, reso possibile dalla collaborazione fra diversi Istituti del Cnr – concludono gli autori – dimostra ancora una volta come siano i grandi progetti nazionali a poter dare alla ricerca italiana la massa critica necessaria a realizzare grandi progressi scientifici, e non semplice ricerca incrementale».