Endometriosi: fattori ambientali tra le possibili cause di una malattia invalidante
L’endometriosi è una malattia cronica invalidante che impatta notevolmente sulla qualità di vita delle donne che ne sono affette, generando dolore cronico, problemi psicologici e sociali, e in alcuni casi sub-fertilità o infertilità. Si manifesta con la presenza anomala di tessuto endometriale all’esterno dell’utero, interessando il peritoneo e gli organi pelvici, ma in rari casi anche fegato, diaframma e polmoni.
Il workshop del 2 dicembre all’Istituto superiore di sanità (Iss) ha presentato i risultati di progetti finanziati dal Ministero della salute, con l’obiettivo di migliorare la comprensione della malattia e favorire interventi di diagnosi precoce e trattamento. Un focus particolare è stato dedicato alle aree ad alta incidenza e agli studi ambientali, per aprire nuove strade nella ricerca sulle cause e nella prevenzione dell’endometriosi.
Tra le ipotesi emergenti vi è infatti una possibile correlazione tra la malattia e l’esposizione a inquinanti ambientali. Studi preliminari suggeriscono che sostanze come diossine, policlorobifenili (PCB), cadmio e piombo, presenti in aree contaminate, possano contribuire all’insorgenza della patologia. L’Iss, in collaborazione con il Dipartimento di ambiente e salute, sta conducendo analisi per identificare aree ad alta incidenza e valutare eventuali correlazioni tra fattori ambientali ed endometriosi.
Nonostante le evidenze epidemiologiche, la diagnosi di endometriosi resta complessa, con tempi medi che variano tra i 7 e i 10 anni dalla comparsa dei sintomi. Le difficoltà derivano dall’aspecificità dei segnali clinici e dalla necessità di interventi ospedalieri solo nei casi più gravi, fattore che contribuisce a una sottostima della diffusione reale della malattia.
Tra il 2011 e il 2020 oltre 134.000 donne italiane di età compresa tra 15 e 50 anni sono state ricoverate almeno una volta per endometriosi. Tuttavia, si stima che nel decennio la patologia abbia interessato quasi 1,9 milioni di donne.
Le aree più colpite includono Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna, con il picco di incidenza tra i 31 e i 35 anni.