Skip to main content

Nature prende posizione contro le “riviste predatorie”

Ogni anno 400 mila articoli che appaiono su riviste “scientifiche” in realtà sono fake news

Mauro Sylos Labini: «Le riviste predatorie ingannano i colleghi inesperti, inquinano la valutazione della ricerca e diffondono informazioni potenzialmente false spacciandole per scientifiche»
 |  Scienza e tecnologie

È sempre più complicato capire se i risultati di una ricerca trovata on-line sono stati pubblicati seguendo le regole della comunità scientifica: si stima infatti che ogni anno circa 400 mila articoli appaiono su riviste che millantano standard accademici, ma che invece pubblicano qualsiasi cosa a pagamento.

Si tratta in questi casi di fake news “scientifiche” che inquinano il dibattito pubblico: per contrastarle la rivista Nature ha per la prima volta pubblicato una definizione di “riviste predatorie”, redatta da un panel di 35 ricercatori provenienti da 10 paesi diversi, e di cui ha fatto parte anche l’economista dell’Università di Pisa Mauro Sylos Labini.

Secondo la definizione pubblicata su Nature, le “riviste predatorie” sono quelle che antepongono i loro interessi economici alla diffusione della ricerca scientifica e, più in concreto, riportano informazione false o ingannevoli, non rispettano le migliori pratiche redazionali ed editoriali, non sono trasparenti e si rivolgono (di solito per email) ai ricercatori in modo aggressivo e indiscriminato per spingerli ad inviare i propri articoli.

«Le riviste predatorie ingannano i colleghi inesperti, inquinano la valutazione della ricerca e diffondono informazioni potenzialmente false spacciandole per scientifiche – spiega Mauro Sylos Labini – Si tratta di pubblicazioni a volte difficili da riconoscere, anche perché le numerose black list disponibili on-line non sono sempre coerenti fra loro, è quindi importante che la comunità accademica trovi un accordo su una definizione e individui le caratteristiche in grado di identificarle».

Redazione Greenreport

Greenreport conta, oltre che su una propria redazione giornalistica formata sulle tematiche ambientali, anche su collaboratori specializzati nei singoli specifici settori (acqua, aria, rifiuti, energia, trasporti e mobilità parchi e aree protette, ecc….), nonché su una rete capillare di fornitori di notizie, ovvero di vere e proprie «antenne» sul territorio.