Il riscaldamento globale sta togliendo ossigeno dagli oceani, un punto di non ritorno
Quest’estate la laguna di Orbetello è stata vittima, per l’ennesima volta, di un’ondata di anossia: la scarsità d’ossigeno presente ha portato a un’enorme moria di pesci, veicolata sia dagli inquinanti agricoli riversati in laguna (che hanno favorito la crescita smodata di alghe) sia dal cambiamento climatico in corso, per un motivo fisico di cruda semplicità. All’aumentare della temperatura cala l’ossigeno disciolto in acqua, portando così la vita animale a morire d’asfissia.
Con le dovute proporzioni, questo è un fenomeno in corso non solo in bacini piccoli e semichiusi come la laguna, ma anche in tutti gli oceani del mondo, surriscaldati dall’aumento delle temperature globali indotto dall’immissione di gas serra in atmosfera.
In un nuovo articolo pubblicato su Nature, frutto della collaborazione tra l’Ocean Networks Canada della University of Victoria (Canada) e il dipartimento di Scienze della Terra dell’Università degli Studi di Milano, gli studiosi hanno stimato per la prima volta che durante una fase di riscaldamento estremo del Cretacico Inferiore, l’innalzamento delle concentrazioni di CO2 di circa 5 a 6 volte rispetto alla fase pre-evento ha portato ad una diffusa e persistente deossigenazione degli oceani. Il recupero da questa condizione estrema è stato prolungato, pari a circa 1 milione di anni, e la riossigenazione degli oceani ha avuto luogo solo quando le concentrazioni di CO2 si sono abbassate a valori due volte superiori a quelle pre-evento.
«Le previsioni climatiche per i prossimi secoli – spiegano dall’Ateneo meneghino – suggeriscono che si andrà incontro ad un significativo e progressivo riscaldamento associato all'aumento delle emissioni di CO2 antropogeniche. Uno degli effetti, già attualmente visibile, del riscaldamento in un contesto di clima ad effetto serra è la deossigenazione diffusa degli oceani. Questo fenomeno potrebbe essere destinato ad intensificarsi in assenza di soluzioni per mitigare i cambiamenti climatici. Il dato non chiaro è quello relativo al valore soglia oltre il quale andremmo ad oltrepassare un “punto di non ritorno”».
Il nuovo studio ha iniziato a fare chiarezza sul tema: è stato condotto su campioni di rocce provenienti da un carotaggio eseguito nella zona di Feltre (Belluno), mentre la successione sedimentarie studiata risale ad un periodo compreso tra 115 e 130 milioni di anni fa (Cretacico Inferiore) e originariamente si è depositata nell’antico Oceano della Tetide.
«Il lavoro pubblicato – spiega Elisabetta Erba, micropaleontologa della Statale e coordinatrice dello studio – dimostra che l’intensificazione delle emissioni vulcaniche hanno portato, in circa 36mila anni, ad un aumento delle concentrazioni di CO2 atmosferica di circa 5 a 6 volte rispetto ai 1000 ppm (parti per milione) stimati nella fase pre-evento già interessata da valori mediamente superiori rispetto alle condizioni di stabilità (circa 500 ppm). Tale aumento di CO2 ha provocato una diffusa deossigenazione degli oceani che è perdurata per circa 1 milione di anni».
Utilizzando i parametri orbitali di eccentricità dell’orbita riconosciuti nella successione analizzata, gli studiosi hanno inoltre stimato che, una volta innescata la anossia degli oceani, il sistema climatico terrestre è rimasto in uno stato di riscaldamento per un altro milione di anni alternando, in cicli di 100 mila anni, fasi di ossigenazione con pulsi di intensa alterazione meteorica e disossia.
Il team di ricerca ha osservato che il processo naturale di riossigenazione degli antichi oceani richiese oltre un milione di anni e si verificò solo quando le concentrazioni di CO2 furono ridotte al di sotto di questa soglia critica, grazie a un feedback climatico naturale: l’alterazione meteorica delle rocce che è un importante processo del Sistema Terra per stabilizzare il clima nel lungo periodo. Infatti, l’alterazione meteorica delle rocce silicatiche, abbattendo i livelli di CO2 atmosferica, è una componente chiave del ciclo del carbonio a lungo termine. Questo meccanismo naturale ha ridotto i livelli di CO2 atmosferica al di sotto del punto critico, determinando una rapida riossigenazione degli oceani dopo il prolungato periodo di riscaldamento e deossigenazione.
Sebbene le concentrazioni di CO2 atmosferica di oggi siano inferiori rispetto a quelle del Cretacico Inferiore, le emissioni antropogeniche di CO2 vengono rilasciate nell'atmosfera a una velocità molto più elevata rispetto a tutte le eruzioni vulcaniche catastrofiche degli ultimi 500 milioni di anni della storia della Terra.
«Se le attuali emissioni di CO2 dovessero portare il sistema climatico a raggiungere e superare la soglia per la deossigenazione degli oceani – conferma Cinzia Bottini, micropaleontologa della Statale – potremmo aspettarci enormi implicazioni per la biosfera e gli ecosistemi marini oltre che per la salute umana».